Geometria descrittiva: dal disegno disegnato al disegno elaborato
“All’inizio degli anni Novanta si è cominciato a parlare di “crescita basata sulla conoscenza” e di “economia della conoscenza” in cui il lavoro è sempre meno lavoro materiale (uso della forza muscolare per trasformare fisicamente la materia prima in prodotto finito), e sempre più lavoro mentale (cognitivo) nel senso che usa le conoscenze di cui si dispone per produrre altre conoscenze, portatrici di utilità”
“In questi anni la società ha subito una rivoluzione copernicana che ha trovato la scuola completamente impreparata. Non è dalla quantità di computer all’interno di ogni aula che si misura il grado di modernità. E’ quel che insegni, come lo insegni.”
“. . . ma mi dici in parole povere cosa sono quelle costruzioni geometriche che sembrano opere d’arte nel tuo sito? . . .”
Ho attraversato, come insegnante, un lungo arco temporale a partire dal 1976, insegnando nelle scuole ad indirizzo artistico in ambiti territoriali, culturali ed economici diversi. La materia d’insegnamento è stata sempre la medesima: “A018, Discipline geometriche, architettoniche, ecc.” con le diverse e differenti sfaccettature a seconda che venisse insegnata nei Licei Artistici o negli Istituti d’Arte.
Memore del mio pregresso come studente di Liceo artistico degli anni ’60, iniziai la mia carriera riproponendo come metodologia didattica quella che, provenendo dal mondo della bottega, asseriva che “si impara a disegnare disegnando”.
Mi resi conto subito che il metodo “riproduttivo” desunto dall’esperienza della bottega non era più né adatto né idoneo per far acquisire allo studente l’aspetto “descrittivo” della rappresentazione geometrica, tanto che in diverse occasioni, a conclusione del processo grafico, molti studenti mi chiedevano che spiegassi loro cosa avevano “disegnato” facendomi capire che quanto riprodotto non era stato assolutamente interiorizzato.
Maturai, allora, la convinzione che essendo il disegno un linguaggio cioè un “Sistema di segni per mezzo dei quali gli uomini comunicano fra di loro” , esso andava trattato come tale.
Poiché si riesce a disegnare solo ciò che si è capaci di pensare e di immaginare sulla base delle proprie conoscenze e si riesce a leggere un’immagine solo se si è in grado di decodificarne gli elementi componenti e la sintassi grafica, è implicito che se il disegno assume la veste di un pensiero descrittivo, la didattica deve adeguarsi a questa funzione e quindi, dal punto di vista metodologico, è fondamentale che anche l’insegnante di disegno (in modo particolare se trattasi di disegno tecnico) prima di insegnare a fare educhi a pensare.
Da questo assunto prese avvio la ricerca didattica che si è sostanziata, nello svolgimento e nel suo affinarsi, nel definire gli elementi necessari per il passaggio da un “disegno disegnato” ad un “disegno elaborato” intendendo con il termine disegno la “Rappresentazione con linee e segni di figure immaginate o di oggetti reali” .
Un particolare impulso alla ricerca si verificò negli anni novanta, quando cominciarono a diffondersi, in modo considerevole, i personal computer con i relativi programmi grafici che trasformavano sempre più il “disegno disegnato” inteso come prodotto grafico ottenuto direttamente tracciando segni su una superficie (foglio da disegno) ad un “disegno elaborato” inteso come prodotto iconico mediato dallo strumento elettronico che elaborando dati inseriti mediante tastiera, penna ottica, mouse, od altro, restituisce (sullo schermo) un’immagine grafica “elaborata”.
Poiché lo studio sviluppato tende alla ricerca e definizione di algoritmi grafici necessari alla risoluzione di problemi descrittivi, anche la dizione dei prodotti cartacei, propedeutici (didatticamente) a quelli digitali, cambia nomenclatura e gli studenti più che “fare tavole” sviluppano “elaborati grafici”; i migliori dei quali sono stati raccolti, fotografati e riversati sul seguente sito personale http://www.webalice.it/eliofragassi. Qui possono essere visitati attivando il collegamento alla “galleria degli elaborati grafici” posto in fondo all’home page.
La “Geometria descrittiva” diventa quindi “Geometria descrittiva dinamica” perché la rappresentazione grafica che si ottiene come prodotto didattico non è una copia più o meno precisa, più o meno simile al disegno assegnato ma il prodotto dell’elaborazione mentale delle conoscenze teoriche e concettuali relative agli elementi geometrici fondamentali, delle leggi che regolano la formazione e la lettura dell’immagine e delle eventuali operazioni geometriche necessarie a chiarire ed esplicitare parti e/o fasi del processo creativo-rappresentatico-descrittivo.
Le immagini prodotte applicando le regole della doppia proiezione ortogonale di Monge assumono, quindi, l’aspetto di temi o problemi descrittivi che si impostano, si sviluppano e si risolvono applicando precisi e definiti passaggi che costituiscono gli algoritmi grafici della rappresentazione. Lo sviluppo appropriato di questi passaggi presuppone, come prerequisito, la conoscenza della grammatica grafica della geometria e della relativa sintassi per poter passare, agevolmente, dal “disegno disegnato” al “disegno elaborato”.
“Si comincia a lavorare [così facendo] non per ripetere operazioni già note, ma per innovare . . .” e per sviluppare questa innovazione è necessario pensare alle forme geometriche ed alle figurazioni non come elementi finiti e definiti ma come insiemi dinamici costituiti dagli elementi fondamentali, che muovendosi e combinandosi nello spazio possono assumere forme varie e diverse in relazione alla sensibilità del singolo studente; per cui, ad esempio, tre punti nello spazio individuano un triangolo punteggiato (vertici), così come un triangolo rigato è immaginato come delimitato da tre rette incidenti variamente collocate nello spazio secondo la necessità del problema o la sensibilità del singolo studente a convalida e conferma di quanto asserito nel Documento finale citato che recita come di seguito: “La percezione umana appare immersa nella dinamica dell’azione, per cui esiste un nesso assai stretto tra percezione, azione e progetto”.
Per questo motivo al collega che mi chiedeva, come riferito all’inizio, spiegazioni circa le immagini riportate sul sito ho risposto che: “Quelle “costruzioni geometriche” sono semplici “costruzioni geometriche” prodotte dagli alunni delle diverse classi e delle diverse scuole a partire dal 1989 (quelle di prima le ho perse). Esse sono state sviluppate dagli alunni a supporto e verifica di quella ricerca didattica che ho condotto fin dall’inizio della mia carriera d’insegnante. Il lavoro di ricerca, didatticamente riscontrato in questi anni, con il contributo degli studenti, ha cercato di fornire uno spunto formativo diverso e innovativo unitamente ad un codice, di codifica e decodifica, grafico sorretto dalla logica ricercando una correlazione interdisciplinare tra le materie grafiche e quelle scientifiche.
Quelle elaborazioni geometriche non sono altro che trasposizioni in forma grafica di temi assegnati in forma scritta, l’equivalente, cioè, alla risoluzione di un problema, allo sviluppo di un tema o alla composizione di un brano musicale sostituendo ai numeri, alle parole o alle note, forme geometriche elementari.”
Considerando il disegno come un linguaggio si è cercato di far diventare l’allievo attore del proprio processo di apprendimento fornendogli le basi teoriche e culturali per renderlo capace di leggere, capire, immaginare, creare e rappresentare figure piane e/o solide e quindi oggetti e forme comunque poste nello spazio del reale tridimensionale secondo le proprie inclinazioni e sensibilità. La rappresentazione descrittiva non è presentata, quindi, solo ed esclusivamente come un fatto grafico ma, in particolare, come la trasposizione in forma iconica di un’idea, di un pensiero che contempla sia conoscenze umanistiche sia scientifiche per quell’unicità della cultura in cui le diverse discipline costituiscono le sfaccettature di un sistema a rete con moltissimi nodi di interconnessione e plurimi nodi di scambio tra le differenti materie.
Con questa ricerca e per questa disciplina, le cui esercitazioni e le relative applicazioni vengono assegnate in forma scritta, (per alcuni esempi si può far riferimento al collegamento “Testi delle esercitazioni grafiche e relativi elaborati” presente sul sommario del sito personale) per essere trasposte in forma grafica, si è già verificato quanto asserito dal citato documento Ministeriale del 03.03.’08 dal titolo “Persone, tecnologia e professionalità” che recita: “Dalla manodopera si deve passare alle “menti d’opera”, perché in tutte le professioni si richiedono competenze tecniche, capacità relazionali creatività”.
Per quanto attiene la disciplina di mia competenza il passaggio di cui sopra è stato avviato da tempo con la trasformazione della rappresentazione geometrica da “disegno disegnato” in “disegno elaborato”.
E per concludere mi piace riportare un’affermazione relativa a noi insegnanti: “Non possiamo sottrarci al rischio dell’educazione” , espressa da un collega e tratta dal libro di Marco Imarisio: Mal di scuola.
Ed io non mi sono sottratto, anzi.
ELIO FRAGASSI
“All’inizio degli anni Novanta si è cominciato a parlare di “crescita basata sulla conoscenza” e di “economia della conoscenza” in cui il lavoro è sempre meno lavoro materiale (uso della forza muscolare per trasformare fisicamente la materia prima in prodotto finito), e sempre più lavoro mentale (cognitivo) nel senso che usa le conoscenze di cui si dispone per produrre altre conoscenze, portatrici di utilità”
“In questi anni la società ha subito una rivoluzione copernicana che ha trovato la scuola completamente impreparata. Non è dalla quantità di computer all’interno di ogni aula che si misura il grado di modernità. E’ quel che insegni, come lo insegni.”
“. . . ma mi dici in parole povere cosa sono quelle costruzioni geometriche che sembrano opere d’arte nel tuo sito? . . .”
Ho attraversato, come insegnante, un lungo arco temporale a partire dal 1976, insegnando nelle scuole ad indirizzo artistico in ambiti territoriali, culturali ed economici diversi. La materia d’insegnamento è stata sempre la medesima: “A018, Discipline geometriche, architettoniche, ecc.” con le diverse e differenti sfaccettature a seconda che venisse insegnata nei Licei Artistici o negli Istituti d’Arte.
Memore del mio pregresso come studente di Liceo artistico degli anni ’60, iniziai la mia carriera riproponendo come metodologia didattica quella che, provenendo dal mondo della bottega, asseriva che “si impara a disegnare disegnando”.
Mi resi conto subito che il metodo “riproduttivo” desunto dall’esperienza della bottega non era più né adatto né idoneo per far acquisire allo studente l’aspetto “descrittivo” della rappresentazione geometrica, tanto che in diverse occasioni, a conclusione del processo grafico, molti studenti mi chiedevano che spiegassi loro cosa avevano “disegnato” facendomi capire che quanto riprodotto non era stato assolutamente interiorizzato.
Maturai, allora, la convinzione che essendo il disegno un linguaggio cioè un “Sistema di segni per mezzo dei quali gli uomini comunicano fra di loro” , esso andava trattato come tale.
Poiché si riesce a disegnare solo ciò che si è capaci di pensare e di immaginare sulla base delle proprie conoscenze e si riesce a leggere un’immagine solo se si è in grado di decodificarne gli elementi componenti e la sintassi grafica, è implicito che se il disegno assume la veste di un pensiero descrittivo, la didattica deve adeguarsi a questa funzione e quindi, dal punto di vista metodologico, è fondamentale che anche l’insegnante di disegno (in modo particolare se trattasi di disegno tecnico) prima di insegnare a fare educhi a pensare.
Da questo assunto prese avvio la ricerca didattica che si è sostanziata, nello svolgimento e nel suo affinarsi, nel definire gli elementi necessari per il passaggio da un “disegno disegnato” ad un “disegno elaborato” intendendo con il termine disegno la “Rappresentazione con linee e segni di figure immaginate o di oggetti reali” .
Un particolare impulso alla ricerca si verificò negli anni novanta, quando cominciarono a diffondersi, in modo considerevole, i personal computer con i relativi programmi grafici che trasformavano sempre più il “disegno disegnato” inteso come prodotto grafico ottenuto direttamente tracciando segni su una superficie (foglio da disegno) ad un “disegno elaborato” inteso come prodotto iconico mediato dallo strumento elettronico che elaborando dati inseriti mediante tastiera, penna ottica, mouse, od altro, restituisce (sullo schermo) un’immagine grafica “elaborata”.
Poiché lo studio sviluppato tende alla ricerca e definizione di algoritmi grafici necessari alla risoluzione di problemi descrittivi, anche la dizione dei prodotti cartacei, propedeutici (didatticamente) a quelli digitali, cambia nomenclatura e gli studenti più che “fare tavole” sviluppano “elaborati grafici”; i migliori dei quali sono stati raccolti, fotografati e riversati sul seguente sito personale http://www.webalice.it/eliofragassi. Qui possono essere visitati attivando il collegamento alla “galleria degli elaborati grafici” posto in fondo all’home page.
La “Geometria descrittiva” diventa quindi “Geometria descrittiva dinamica” perché la rappresentazione grafica che si ottiene come prodotto didattico non è una copia più o meno precisa, più o meno simile al disegno assegnato ma il prodotto dell’elaborazione mentale delle conoscenze teoriche e concettuali relative agli elementi geometrici fondamentali, delle leggi che regolano la formazione e la lettura dell’immagine e delle eventuali operazioni geometriche necessarie a chiarire ed esplicitare parti e/o fasi del processo creativo-rappresentatico-descrittivo.
Le immagini prodotte applicando le regole della doppia proiezione ortogonale di Monge assumono, quindi, l’aspetto di temi o problemi descrittivi che si impostano, si sviluppano e si risolvono applicando precisi e definiti passaggi che costituiscono gli algoritmi grafici della rappresentazione. Lo sviluppo appropriato di questi passaggi presuppone, come prerequisito, la conoscenza della grammatica grafica della geometria e della relativa sintassi per poter passare, agevolmente, dal “disegno disegnato” al “disegno elaborato”.
“Si comincia a lavorare [così facendo] non per ripetere operazioni già note, ma per innovare . . .” e per sviluppare questa innovazione è necessario pensare alle forme geometriche ed alle figurazioni non come elementi finiti e definiti ma come insiemi dinamici costituiti dagli elementi fondamentali, che muovendosi e combinandosi nello spazio possono assumere forme varie e diverse in relazione alla sensibilità del singolo studente; per cui, ad esempio, tre punti nello spazio individuano un triangolo punteggiato (vertici), così come un triangolo rigato è immaginato come delimitato da tre rette incidenti variamente collocate nello spazio secondo la necessità del problema o la sensibilità del singolo studente a convalida e conferma di quanto asserito nel Documento finale citato che recita come di seguito: “La percezione umana appare immersa nella dinamica dell’azione, per cui esiste un nesso assai stretto tra percezione, azione e progetto”.
Per questo motivo al collega che mi chiedeva, come riferito all’inizio, spiegazioni circa le immagini riportate sul sito ho risposto che: “Quelle “costruzioni geometriche” sono semplici “costruzioni geometriche” prodotte dagli alunni delle diverse classi e delle diverse scuole a partire dal 1989 (quelle di prima le ho perse). Esse sono state sviluppate dagli alunni a supporto e verifica di quella ricerca didattica che ho condotto fin dall’inizio della mia carriera d’insegnante. Il lavoro di ricerca, didatticamente riscontrato in questi anni, con il contributo degli studenti, ha cercato di fornire uno spunto formativo diverso e innovativo unitamente ad un codice, di codifica e decodifica, grafico sorretto dalla logica ricercando una correlazione interdisciplinare tra le materie grafiche e quelle scientifiche.
Quelle elaborazioni geometriche non sono altro che trasposizioni in forma grafica di temi assegnati in forma scritta, l’equivalente, cioè, alla risoluzione di un problema, allo sviluppo di un tema o alla composizione di un brano musicale sostituendo ai numeri, alle parole o alle note, forme geometriche elementari.”
Considerando il disegno come un linguaggio si è cercato di far diventare l’allievo attore del proprio processo di apprendimento fornendogli le basi teoriche e culturali per renderlo capace di leggere, capire, immaginare, creare e rappresentare figure piane e/o solide e quindi oggetti e forme comunque poste nello spazio del reale tridimensionale secondo le proprie inclinazioni e sensibilità. La rappresentazione descrittiva non è presentata, quindi, solo ed esclusivamente come un fatto grafico ma, in particolare, come la trasposizione in forma iconica di un’idea, di un pensiero che contempla sia conoscenze umanistiche sia scientifiche per quell’unicità della cultura in cui le diverse discipline costituiscono le sfaccettature di un sistema a rete con moltissimi nodi di interconnessione e plurimi nodi di scambio tra le differenti materie.
Con questa ricerca e per questa disciplina, le cui esercitazioni e le relative applicazioni vengono assegnate in forma scritta, (per alcuni esempi si può far riferimento al collegamento “Testi delle esercitazioni grafiche e relativi elaborati” presente sul sommario del sito personale) per essere trasposte in forma grafica, si è già verificato quanto asserito dal citato documento Ministeriale del 03.03.’08 dal titolo “Persone, tecnologia e professionalità” che recita: “Dalla manodopera si deve passare alle “menti d’opera”, perché in tutte le professioni si richiedono competenze tecniche, capacità relazionali creatività”.
Per quanto attiene la disciplina di mia competenza il passaggio di cui sopra è stato avviato da tempo con la trasformazione della rappresentazione geometrica da “disegno disegnato” in “disegno elaborato”.
E per concludere mi piace riportare un’affermazione relativa a noi insegnanti: “Non possiamo sottrarci al rischio dell’educazione” , espressa da un collega e tratta dal libro di Marco Imarisio: Mal di scuola.
Ed io non mi sono sottratto, anzi.
ELIO FRAGASSI