Il
presente, che è
l’unica cosa che ci è dato vivere in spirito e carne, è in realtà il
luogo in
cui si realizza ciò che ci rappresentiamo come futuro. Se il futuro
sparisce,
evapora anche il presente. Un bambino senza l’abbraccio e la cura dei
genitori
non interiorizza mai il futuro come promessa: il mondo per lui sarà una
selva
oscura senza uscita, il tempo un sicario pronto a eliminarti. Lo stesso
accade
con i ragazzi, con i quali sto in classe, e in generale con i giovani.
Solo se
percepiscono lo sguardo promettente di qualcuno che, appartenendo alla
generazione precedente, fa da mediatore tra il futuro e il presente
fragile in
cui si trovano, sono disposti a mettere in gioco la loro libertà sulle
rotte
della vita e navigare lontano dai porti sicuri delle mura casalinghe,
affrontando la tempesta e la bonaccia, alla ricerca di quel porto
segnalato
sulle carte geografiche del desiderio: l’immagine di futuro
interiorizzata. Ma
se il futuro non ha immagine, se sparisce lo spazio ideale in cui i
sogni si
possono realizzare, svanisce l’aspetto sognante della realtà,
necessario ad
affrontare fatiche e ombre del presente quotidiano.
Non
sto parlando
delle illusioni in cui ci rifugiamo per vincere la frustrazione dei
nostri
limiti e sconfitte, ma di quella reale possibilità di sognare, cioè di
sperare
nel futuro, per il semplice fatto che ognuno di noi c’è ed è il sogno
di
qualcun altro. La libertà è rendersi consapevoli del fatto che ogni
uomo è
creato per essere un nuovo inizio. Di cosa? Lo si scopre solo strada
facendo.
Viviamo nella storia e solo il presente, passo dopo passo, ci dirà
quale è
stato il nuovo inizio a cui abbiamo dato corso. Solo se so che sono già
adesso
il nuovo inizio di qualcosa che avverrà domani, tirerò fuori le risorse
che
solo il futuro sa evocare e provocare al presente. Altrimenti mi
accontenterò
di una vita in difesa, in cerca di sicurezze individualistiche, a costo
di
calpestare altri disillusi.
I
ragazzi
manifestano, alla ricerca del futuro perduto e lo cercano anche quelli
che non
manifestano. I ragazzi rispondono a Saviano come ad un salvatore
(“Siamo
ragazzi normali, senza un futuro, pieni di rabbia”, “Daccela tu
l’alternativa,
scendi in politica e dimostraci che il miracolo di cambiare davvero
questo
Paese è possibile”). I ragazzi ringraziano il mite Napolitano che li
ascolta nel
suo studio (“è l’unico che parla con noi”). I ragazzi cercano ciò che
la
generazione che li precede non offre: la mediazione di un padre. Così
emergono
padri incerti e provvisori, prometei simbolici più o meno pittoreschi
che
rubano il fuoco del futuro agli dei: da Assange a Mourinho, e quel che
sta in
mezzo.
Il
futuro non
esiste più perché i padri si soni nascosti. Il padre è il mediatore del
futuro,
colui che è capace di provocare la nostalgia di futuro di cui ogni
giovane ha
bisogno per affrontare il presente. Padri sono i padri di famiglia,
spesso
assenti; padri sono i maestri a scuola e all’università, spesso
padrini; padri
sono i politici, spesso padroni; padri sono gli uomini delle agenzie
educative
(dalla chiesa alla tv), spesso patrigni. Padri sono tutti coloro a cui
sono
affidate le vite di altri, che padri diventano se si pongono al
servizio di
quella vita che non è loro, ma è loro affidata e di cui dovranno
rendere conto
alla storia. Se i padri non servono le vite dei figli, ma le divorano
come Cronos,
cioè le controllano o ignorano, i figli diventano burattini o orfani.
Che
futuro ha un burattino? I fili. Un orfano? La fuga.
Quando
mio padre mi
lanciava in aria da bambino, mia madre, impaurita, gli chiedeva di
mettermi
giù. Lui la rassicurava e continuava. La madre ha il compito di tenere
ancorato
il figlio alla terra, il padre invece lo lancia verso le stelle, verso
l’ignoto, verso la paura di cadere, ma le sue braccia lo aspettano per
ricordargli che il futuro è un’incognita, ma si cade tra braccia
sicure, e la
paura della vertigine si muta in risata. Ma se il padre sparisce, il
duro suolo
fermerà la caduta dei figli e non resterà che il pianto inconsolabile
di un
inizio fallito. I ragazzi manifestano perchè i padri si manifestino e
liberino
il futuro e i sogni che contiene. Ogni ragazzo può sognare perché è
sognato.
Ogni uomo può sperare perché è atteso.
Ho
la fortuna di
avere un padre: mio padre. Ho avuto la fortuna di avere grandi padri:
Mario
Franchina, professore di lettere, Padre Pino Puglisi, professore di
religione
del mio liceo, Paolo Borsellino, vicino di quartiere. Da loro ho
ricevuto il
futuro e quindi il presente.
Abbiamo
bisogno di
padri che facciano più strada di quanta possiamo farne noi per
raggiungerli.
Padri tornate, noi non smetteremo di cercarvi e di darci da fare per
essere un
nuovo inizio. Alessandro
D'Avenia