Ieri era il giorno
della terza prova dell’esame
di stato. Con molte probabilità sarà una delle ultime secondo questa
tipologia,
perché verrà presto sostituita dalla Prova Invalsi. Molte sono le
ragioni per
toglierla di mezzo, e la prima e principale è che non c’entra nulla con
un
esame che dovrebbe verificare le capacità critiche degli studenti.
Tuttavia, la
prova ha resistito e ogni anno si ripresenta con il peso delle sue
contraddizioni. Ma non è di questo che possiamo ormai occuparci.
Terminati gli
scritti con la terza prova, si apre un momento apparentemente di stacco
prima
del colloquio, che rappresenta la fase finale dell’esame. Per gli
insegnanti è momento di correzione degli
elaborati scritti, per gli studenti tutte le energie vanno a preparare
il
colloquio. Ormai è
d’uso che gli insegnanti che si trovano
impegnati a correggere gli elaborati scritti si muniscano di griglie
per questo
lavoro di correzione, il tutto farcito dell’illusione di poter essere
oggettivi
applicando meccanicamente dei numeratori. Invece correggere degli
elaborati
scritti ed esprimere una valutazione numerica non è solo applicare dei
criteri,
ma è ancor di più esprimere un giudizio sintetico. Ogni insegnante
dovrà
mettere in campo le sue capacità di giudizio per poter cogliere il
positivo di
ogni studente e valorizzarlo. Le griglie di valutazione quindi sono
solo uno
strumento, che non risparmia ad ogni insegnante la responsabilità di
capire che
cosa ha fatto uno studente e di valutarlo sinteticamente. Mentre gli
insegnanti
sono impegnati nelle correzioni degli scritti, per gli studenti sono
gli ultimi
giorni di studio per la preparazione al colloquio. Sono tre gli aspetti
che
ogni studente deve tener presente per prepararvisi efficacemente. Il primo
è la “tesina”, l’argomento con cui ogni
studente inizierà il colloquio. La “tesina” - usiamo questo termine
perché
ormai è diventato di dominio comune, ma è per indicare il lavoro spesso
pluridisciplinare con cui ogni studente si presenta all’esame e da cui
inizia
il colloquio - è la carta d’identità di ogni studente. Con la tesina
può
mettere in campo la sua genialità, le sue capacità critiche, i suoi
interessi.
Ormai tutti gli studenti l’hanno già preparata, devono decidere come
presentarla. Importante è far emergere da dove sia scaturito
l’interesse per
l’argomento che si vuole proporre e come abbia fatto crescere la
propria
persona. Presentare
la “tesina” non può essere far scorrere
meccanicamente degli argomenti come su una catena di montaggio, ma
comunicare
come la propria umanità sia stata coinvolta in un processo di
conoscenza. Ed è
da questo, preparando bene la tesina, che si va all’attacco del
colloquio. Il
secondo aspetto da tener presente riguarda la preparazione
dei programmi di tutte le discipline su cui gli insegnanti possono
rivolgere
delle domande, una volta terminata la presentazione della tesina.
Prepararsi
sul programma di un anno è un’impresa, e non può riuscire se lo si fa
analiticamente, solo un approccio sintetico può essere utile ed
efficace. Ed è
l’unico modo ragionevole con cui riguardare il percorso di ogni
disciplina,
andare a fissare gli snodi fondamentali di ogni argomento, cogliere i
fattori
decisivi di ogni contenuto. In questo senso è un momento importante del
lavoro
di preparazione che ogni studente ha fatto, è un’occasione irripetibile
di
impegnarsi in un lavoro sintetico, di maturare un approccio critico. Il
terzo
aspetto riguarda gli scritti. Ogni studente sa che a conclusione del
colloquio
vi è la correzione degli scritti, per cui è ragionevole che vada a
vedere gli
errori che ha fatto per poterli correggere. In questi
giorni, gli ultimi di studio prima del colloquio gli studenti sono
impegnati a
raccogliere sinteticamente il lavoro fatto - assurdo pensare di farne
di nuovo!
- così da presentarsi davanti alla commissione d’esame con un bagaglio
consolidato di conoscenze e di giudizi, ben sapendo che la questione
seria del
colloquio è parlare di sé! Il colloquio rappresenta un momento
decisivo,
in cui ogni studente può prendere in mano l’esame, e c’è da augurarsi
che gli
insegnanti facciano un passo indietro e glielo lascino fare. Il
colloquio
infatti è una grossa possibilità per ogni studente di comunicare
l’impronta
personale che ha dato all’avventura della conoscenza. L’augurio da fare
ad ogni
studente è che al colloquio d’esame si trovi davanti insegnanti che
vogliono
imparare qualcosa di nuovo. Solo insegnanti curiosi possono rendere
l’esame quello
che deve essere, uno spazio di incontro, e non di depressione
dell’umano.
Gianni
Mereghetti da
www.ilsussidiario.net