«Non c'è
parola ppi putiri diri di li
biddizzi tò, terra d'amuri./ Sulu vinennu cca si pò capiri/ quanti
cchiù granni
sù li tò tisori». Ciò che scrive Attilio Tomaselli, nel suo libretto
"Jorna Pirduti", è il pensiero comune a tutti quei catanesi che
amavano e continuano ad amare Catania. Catania è la «Milano del Sud». È
vero. È
una città caotica, è molto estesa, ci vivono tantissime persone di
nazionalità
diverse, è la città dell'arte e dell'amore (forse), e, sebbene abbia
alcuni
aspetti negativi, che la impoveriscono e la deformano, essenzialmente
ci si
sente sempre legati, anche se andiamo a vivere in una «moderna» città
del Nord.
È strano il legame che può esistere, non solo con Catania, ma con tutta
la
Sicilia. Anche chi non abita a Catania, si «affeziona» (se così si può
dire) a
quegli ambienti tipicamente siciliani/catanesi. E possiamo disprezzarla
quanto
vogliamo, pensando all'esistenza della mafia, all'ingiustizia, alla
gente che
ti sorpassa per strada a destra, e a tanti altri motivi, ma la
«sicilianità»
rimane sempre in noi. Come non rimanere affascinati alla vista del
Duomo di
Catania, che si erge imponente sull'omonima piazza, con il tipico
«Liotru»
catanese? Penso che vederlo e ascoltare la storia di quel monumento
rapisca
l'attenzione di chiunque voglia conoscere Catania come
anche capire la festa della Patrona, a cui i
fedeli sono sentitamente legati (alcuni forse un po’ troppo). Entrando
nella chiesa
la maestosità è ciò che colpisce l'occhio, scrutatore di particolari
che non
possono essere tutti colti, perché sono infiniti. Una sosta è d'obbligo
presso
la modesta ma incantevole tomba di Vincenzo Bellini, originalmente
decorata con
le prime battute dello spartito dell'aria de "La sonnambula". «Ah!
non credea mirarti / Sì presto estinto, o fiore » sono le parole
iniziali
dell'opera così sublime che il Bellini compose e che rimangono impresse
nella
memoria di chi adora questo genere di musica. Ma Catania non è soltanto
barocca,
poiché la Sicilia da sempre è stata terra di conquista e, sebbene oggi
non sia
valorizzata come si dovrebbe, le bellezze naturali e architettoniche
sono il
frutto dolce (ma con un sottofondo di amaro) di anni trascorsi sotto
dominazioni di origine diversa. È per questo che se un giorno volessimo
trascorrere una giornata in giro per la città, potremmo passare con
facilità
dalle imponenti chiese che si stagliano in via dei Crociferi, al Teatro
Greco-Romano,
su cui si innalzano erroneamente costruzioni di stampo moderno. E
proprio
facendo visita alla casa Liberti, sopra il teatro, capiamo come
vivevano le
famiglie dell'Ottocento e la presenza di tutti quegli affreschi così
sontuosi e
deliziosi ha bloccato la demolizione della casa, che come tutte le
altre doveva
essere rimossa. Lo spettacolo dal balcone di questa casa è alquanto
singolare,
poiché si nota che la cavea è quasi inglobata dentro la rete fittissima
della città
e i palazzi sembrano circondarla e appartenere ad essa. Poteva
contenere moltissimi
spettatori e lo spettacolo doveva essere sicuramente proiettato su una
scena
più naturale e non ricoperta di edifici, come si presenta oggi.
Cercando su internet,
in uno dei tanti siti che parlano di questo teatro a Catania, mi ha
colpito il
fatto che viene scritto: «Il teatro si trova non in buone condizioni di
conservazione ed è contornato da costruzioni che ne riducono la
fruibilità». Il
problema degli edifici è ovviamente giustificabile, visto che il Comune
non può
distruggere tutte le case circostanti, poiché in passato si è commesso
l'errore
di non preservare il teatro, ma la definizione «non in buone
condizioni»
purtroppo è veritiera. Visitando il teatro non si notano cartelli
esplicativi e,
per come è mantenuto, sembra quasi abbandonato. Ovviamente tutto ciò
non
svaluta la bellezza di quest'opera greco-romana, ma svaluta un po’ la
città. È
riconosciuto ovviamente l'impegno, ma si può sempre migliorare.
Continuando
la passeggiata, e
continuando con il periodo greco-romano, si potrebbe visitare
l'anfiteatro
romano, su cui incombe una leggenda che da sempre incanta chi
l'ascolta. Una
scolaresca si perdette negli scavi e non ne uscì mai più fuori. Sarà
vero o
sarà falso, intanto l'anfiteatro rimane lo stesso una meta per coloro
che amano
rivedere pezzi di storia immersi nella modernità attuale. Infatti il
“nostro Colosseo”
è immerso in piazza Stesicoro e ogni mattina tantissime persone passano
senza
accorgersene, ormai per abitudine, accanto a ciò che doveva essere una
struttura con pianta ellittica, circondata una volta dalla lava, ma non
distrutta, e portata alla luce grazie alle insistenze del principe di
Biscari.
Infine,
sebbene ci siano molti altri
luoghi interessanti da visitare, in questi mesi nella città è stata
allestita
una mostra d'arte sulla vita e sulle opere del grande Modigliani. Ad un
prezzo
molto accessibile, dentro il Castello Ursino si trovano alcune opere
del
Maestro, tra cui un disegno inedito di Sant'Agata. La mostra presenta
anche opere
di artisti come Picasso. La vita dell'artista rapisce già l'attenzione
del
visitatore e conferma la grande teoria che i più grandi artisti sono
coloro che
si allontanano dalla realtà, presentando all'osservatore il mondo
secondo il
loro occhi. I suoi ritratti possono all'apparenza sembrare un po’
irreali, ma
con attenta analisi essi rispecchiano il «ritratto dell'anima» (questo
è il
titolo della mostra). Gli occhi e le loro sfumature trasmettono quel
mondo che
egli vedeva ed è per questo che le sue opere possono definirsi
particolari. La
mostra è ben organizzata e consiglierei a chiunque di visitarla. Eventi
di
questo genere dovrebbero essere organizzati più spesso, perché
valorizzano
molto la città.
Infine
ritengo che per questi, ma anche
per molti altri motivi, non si debba considerare Catania negativamente,
perché
con le sue tradizioni, con la sua vitalità, con il suo buon cibo, con
il suo
sole, con l'Etna e con il mare, è perfetta così com'è (o quasi).
Cristina
Magrì
II
classico del Liceo Salesiano “Don Bosco” di Catania