di Roberto Marchesini -
Bussola Quotidiana
Non ho
fatto in tempo a
mettermi alla tastiera per un commento sulla morte del ventunenne
lombardo
ucciso a Mikonos da una bottigliata in discoteca che mi raggiunge la
notizia di
una ventenne precipitata dal balcone dell'albergo a Maiorca. La memoria
va alla
ventunenne uccisa l'anno scorso a Lloret de Mar, o al ventiseienne
morto per un
“tuffo dal balcone” a Ibiza, sempre l'anno scorso. Tutti giovanissimi,
tutti
morti nei “paradisi dello sballo” dove abbondano musica, alcol e droga.
I media parlano di
“trasgressione”. Io non sono d'accordo. Secondo me questi giovani sono
assolutamente obbedienti. Obbediscono all'educazione che noi adulti
stiamo
impartendo loro. Non siamo forse noi che li esponiamo a dosi massicce
di
erotismo e sessualità “ricreativa”, disimpegnata, facile (“Basta che
non prendi
brutte malattie...”)? Non siamo noi che li intratteniamo ogni
pomeriggio con
programmi nei quali non bisogna avere talenti particolari per avere
l'attenzione della telecamera (e quindi diventare popolare)? Che
proponiamo
loro come modelli persone dedite al narcisismo e al divertimento
(“di-vertimento” da cosa, visto che non lavorano)? Non siamo noi che
abbiamo
abbassato gli standard scolastici, in modo che le aule siano “luoghi di
socializzazione”? Non siamo noi che facciamo di tutti perché i
“ragazzi” non
debbano fare la benché minima fatica (“Che al resto ci pensiamo noi”)?
Chi gli dà i soldi – stiamo
parlando di ventenni - per piercing, tatuaggi e vacanze con gli amici
all'estero (mai, però, che so, a Czestokowa, a Medjugorje, a
Lourdes...)? Non è
forse questa la generazione del “Mio figlio deve avere quello che non
ho avuto
io”? No, questi poveri giovani non sono vittime della trasgressione, ma
dell'obbedienza. Abbiamo cresciuto questa generazione in provetta: sono
vittime
di noi adulti.
Se davvero fossero
trasgressivi, questi giovani getterebbero il televisore dal balcone,
anziché se
stessi; si ribellerebbero al consumismo a credito, all'ecologismo senza
fondamento scientifico, al politicamente corretto; chiederebbero
“Perchè?” come
facevano da bambini, tenterebbero di “unire i puntini”, facendo
connessioni e
traendo conclusioni; sarebbero contemplativi, ma in azione (con le
mani).
Frugherebbero nei bauli per riscoprire autori dimenticati da decenni,
esigerebbero una istruzione seria, riscoprirebbero le virtù. E magari
la
preghiera. Ma questi ragazzi non sono trasgressivi, sono “bravi
ragazzi”, come
si dice sempre dopo la loro morte. È questa la loro condanna.