Sarò breve,
anche perché sono stanca, stanca di dirlo e ripeterlo.
Sono due concetti importanti che nessuno, in Italia almeno, vuol
sentirsi dire.
1. la cultura è la nostra principale ricchezza. La cultura è l’unica
via d’uscita dalla crisi e comunque rende la vita degna d’essere
vissuta;
2. la cultura inizia, si consolida, si forma, fruttifica nella scuola.
Ci siamo fin qui?
La scuola lo dicono tutti in Italia è trascurata, vilipesa, affamata.
La politica non se ne occupa se non per tagliare costi o per fare bei
proclami senza riforme sostanziali. Le famiglie pensano che la scuola
sia una perdita di tempo. I ragazzi non hanno voglia di studiare, tanto
a che serve? E i docenti? I docenti non ce la fanno più.
Ci sono le eccezioni, ci sono commoventi, fantastiche eccezioni, sono
quelle che tengono su non solo la scuola, ma l’Italia intera. Perché la
scuola, l’educazione, l’istruzione sono il fondamento di una società.
Certo se il fondamento diventa la finanza, diventano i soldi allora …
Nella scuola, aldilà delle eccezioni, c’è la routine.
Ora vi parlerò dei docenti. Di me.
Io sono stata brava, davvero, ho ex alunni che ancora dopo tanti anni
mi cercano, mi scrivono, mi presentano i figli, i mariti, le mogli.
Poi sono scoppiata.
Non ce la facevo a entrare in classe: attacchi di panico, insonnia,
problemi allo stomaco, alla testa. Uh che mal di testa terribili avevo!
E poi ero arrivata a fuggire i ragazzi, se uno aveva un problema io mi
sentivo male. Non volevo ascoltarlo.
Aveva senso continuare così?
Ho ottenuto l’inidoneità all’insegnamento per motivi di salute. Si
chiama burn out, la scuola ne è piena in tutto il mondo, gente, in
tutto il mondo.
Ho trovato faticosamente un mio spazio.
Curo biblioteche, organizzo eventi culturali per la mia zona insieme ai
ragazzi e ai colleghi, ho persino iniziato, nel mio istituto, un sito
di didattica online: www.campustralenuvole.it.
Credete che basti?
No. Da anni i governi che si succedono, in particolare quelli di destra
(ma con le larghe intese chi li distingue più?), si occupa di
noi, circa 3000 docenti inidonei, per cercare di eliminarci. O
trasferirci in altri luoghi di lavoro (dove non ci vogliono), o nelle
segreterie scolastiche, o chissà…
Forse buttarci dalla rupe
Tarpea perché siamo fragili? Venuti male? Malati?
Ora, col nuovo decreto del governo Letta, mi faranno rifare la visita,
potrò chiedere di rientrare in classe, ma io non ce la faccio, o
diventare ATA, ma perché devo portare via il posto a qualcun altro che
è preparato più di me? O mi mettono in mobilità intercompartimentale,
per fare che cosa? Dove?
Tutto “volontario”, incerto, nebuloso. Intanto io resto malata anzi mi
aggravo.
Ecco il circolo vizioso.
Ci sono due cose che mi sentirei di suggerire:
1. dire a chiare lettere che insegnare può far ammalare (cfr. quanto da
tempo in Italia, unica voce, dice il medico legale dottor Vittorio
Lodolo d’Oria, questo è il suo blog
http://www.orizzontescuola.it/news/vittorio-lodolo-doria )
2. istituire un ruolo, una posizione intermedia per i docenti che si
ammalano, c’è bisogno di cultura in Italia e si può fare scuola anche
senza entrare in classe.
E comunque se si pensasse di più alla salute dei docenti, alle
difficoltà del loro lavoro, alla loro professionalità i problemi con
gli inidonei, dove metterli, come eliminarli senza troppo rumore,
sarebbe inesistente.
Ps Non ditemi la miniera, gli operai… pensa a loro. Basta! La crisi è
diventata un modo per rendere la vita ai lavoratoti insopportabile.
Invece di polemizzare uniamoci, abbiamo diritto tutti a una vita degna,
non solo chi ci comanda…
Maria Di Gregorio