Ieri mattina ho
ricevuto da una mamma che conosco da tempo questa lettera. Ho scelto di
non commentarla, ma vorrei tanto che a farlo fossero la coscienza
di ciascuno dei soggetti coinvolti. Noi continueremo a dare voce a chi
non ha voce come Elena e sua figlia ma la buona politica e la pubblica
amministrazione dovrebbero fare la loro parte fino in fondo provando a
rispondere alla dignitosa denuncia di una cittadina italiana.
Toni Nocchetti - Ilfattoquotidiano.it
Caro Toni, mia figlia Monica è una ragazza di 19 anni nata con la
sindrome di down che frequenta il quarto anno dell’istituto alberghiero
a Casoria (Na). Monica è una ragazza piena di vita e tanta voglia di
fare se solo ne avesse la possibilità. Mi chiede spesso di avere una
vita normale come gli altri e sembra avere idee molto chiare su ciò che
vuole. Desidera finire gli studi, lavorare ed il suo sogno è
quello di sposarsi ed avere dei figli per vederli crescere
accompagnandoli a scuola. Io faccio la mamma a tempo pieno
incoraggiandola e dicendole di avere fiducia in tutto ciò che lei crede
senza nasconderle anche che tante cose potrà fare e forse altrettante
no.
Come ti scrivevo, mia figlia frequenta il quarto anno dell’istituto
alberghiero nel settore “sala bar” e lo scorso anno la sua classe ha
partecipato ad uno stage presso alcune strutture di ristorazione sul
territorio ad esclusione di Monica senza motivazioni. Tuttavia in
questa stagione la scuola mi comunicò che ci sarebbe stata
un’organizzazione migliore che avrebbe permesso l’inserimento di mia
figlia, fatto che non è accaduto ad eccezione di una iniziativa finale
all’interno della scuola. Quest’anno scolastico appena concluso mi ha
visto attendere invano questa famosa organizzazione degli stage che si
sarebbero dovuti svolgere. Invece non ho saputo niente nonostante le
mie richieste di informazioni.
Ho invece scoperto degli stage di quest’anno non dai docenti, ma per
vie traverse, proprio dai compagni di classe convocati con i genitori
per lo svolgimento degli stage in giro per l’Italia. Stanca di
aspettare, a maggio ho chiesto un colloquio con il docente che
organizzava questi stage ed in quel colloquio mi fu detto che chi
non andava fuori Napoli avrebbe fatto qualcosa sul territorio a
iniziare dal 9 giugno. Il 9 giugno passa però senza che nulla accada.
Sempre grazie ad altri studenti apprendo che la scuola stava
organizzando qualcosa con un catena di ristoranti denominati “Rosso
pomodoro”. Ho chiesto ai docenti incaricati quale fosse il criterio di
selezione utilizzato per gli studenti e mi hanno detto che Monica
avendo un Pei (piano educativo individuale) non era obbligata a
parteciparvi anche perché avrebbe avuto bisogno di qualcuno che la
accompagnasse; ovviamente ho dato immediatamente la mia disponibilità,
ma mi hanno risposto che forse a settembre mi avrebbero chiesto una
mano per qualche altro impegno.
Stamattina il referente che si occupa degli stage mi ha detto che
Monica verrà impegnata a settembre in banchetti vari a scuola insieme
agli altri diversamente abili e qualche altro ragazzo. Faccio allora
notare al referente che questa avrebbe rappresentato una vera
discriminazione, ma mi viene risposto che io stessa volevo discriminare
gli altri diversamente abili ed avere un trattamento di favore per
Monica (!). A me questo modo di fare, inventando scuse e pretesti vari,
mi sembra solo un modo per non far partecipare gli studenti
diversamente abili alle attività che si svolgono fuori della scuola
limitandone le attività solo a quelle interne e non tutte. Io mi rendo
conto delle difficoltà che si incontrano in un’organizzazione del
genere ma forse un piccolo sforzo per i nostri ragazzi si potrebbe fare
tranquillamente. Oggi sono molto delusa, puoi aiutarmi tu e
l’associazione Tutti a scuola?
Elena Grosso, la madre di Monica