Siamo circa
a metà del periodo di svolgimento delle prove scritte del Concorso 2016
e ci si presenta su un piatto d'argento la possibilità di effettuare un
primo bilancio sull'andamento di una delle più gravi ingiustizie subite
dai docenti della scuola italiana. Di per sé, il concorso, sarebbe uno
strumento adeguato per effettuare la verifica di idoneità per
esercitare una professione ma, non possiamo evitare di ricordarlo, non
certo per chi già la esercita una professione a pieno titolo alle
dipendenze dello Stato, con tanto di titolo qualificante,
l'abilitazione che, a livello anche squisitamente linguistico, è
l'elemento che formalizza una abilità professionale. È così in tutte le
professioni, in cui l'abilitazione è il riconoscimento acquisito a
mezzo esame, esattamente quello sostenuto da tutti i docenti
destinatari del concorso.
A chi obietterà che essere abilitati non comporta l'automatismo
dell'assunzione, rispondiamo prontamente che i docenti che stanno
effettuando il concorso, nella maggior parte dei casi sono già assunti,
sono già stati assunti, a pieno titolo, da precari, da anni e su posti
vacanti, quelli per i quali stanno concorrendo.
Ma entriamo in medias res, per capire se è possibile riscattare
qualcosa di questa insensata situazione. L'unica, è quella di elaborare
ideologicamente la partecipazione al concorso, sottolineando
all'opinione pubblica che i docenti precari italiani, sebbene
discriminati e vessati, si sono dignitosamente sottoposti a qualcosa di
illogico, specie se si pensa a quanti tra questi hanno affrontato da
poco tempo i loro esami abilitanti, solo per sfatare l'accusa di essere
indisponibili alla valutazione. Solo chi vive al di fuori delle mura
scolastiche può credere a questa idiozia, perché, anche da
precari, la valutazione è un elemento costante e quotidiano, a
partire dai Dirigenti scolastici, che non solo controllano ma hanno il
potere di sanzionare la condotta dei docenti, potere amplificato dalla
legge in vigore.
Ribaltando la questione, invece, siamo noi docenti che possiamo, a metà
percorso, valutare quanto da noi affrontato, a partire dalla mancanza
di criteri di valutazione delle prove codificati e resi noti, cosa che
invece ci viene puntualmente chiesta nel nostro lavoro. Le griglie di
valutazione, infatti devono essere palesate in ogni documento, e devono
rispettare criteri di oggettività e trasparenza, cosa tutt'altro che
garantita in questo concorso in cui, a tutt'oggi, non esistono griglie
e, in molte sessioni d'esame, nemmeno i Commissari. Insomma, chi ci
valuta non sa rispettare nemmeno i criteri che ci impone.
Non esistono verbali, se non quelli redatti a fine prova. Non esistono
adeguate informazioni scritte sul funzionamento della piattaforma
informatica utilizzata e le poche indicazioni utili al suo coretto
utilizzo, sono verbalmente fornite dal comitato di sorveglianza e sono
il frutto degli intoppi e delle penalizzazioni subite da chi ha fatto
da cavia nei primi giorni che, malcapitato, ha anche perso
irrimediabilmente parte della sua prova. Per non parlare delle domande
oggetto delle prove in cui sono stati riscontrano riferimenti a
strumenti superati dalle norme e dalle prassi, come Unità didattica in
luogo di unità di apprendimento. Sembra una inutile polemica, a un
occhio inesperto, ma non lo è, dal momento che l'approccio ideologico
tra l'una e l'altra formula è completamente diverso ma evidentemente
gli "esperti" ingaggiati dal Miur non lo sanno.
Inoltre, nelle domande, sono richiesti riferimenti ad argomenti al di
fuori dei programmi o impossibili da attuare nella programmazione
reale, perché lontani dagli standard minimi che la scuola stessa
impone. Quale serietà valutativa poi, può essere prevista per
risposte che lasciano il tempo che trovano, nella migliore delle
ipotesi nozionistiche, nella peggiore una pallida evocazione di modelli
burocratici che comprimono,appiattiscono e non potranno mai
pallidamente riassumere un progetto educativo di ampio respiro come
quello che si attua nella prassi scolastica. Quale insegnante serio,
infatti, sarebbe in grado di produrre un insegnante in venti minuti, il
tempo medio stimato per risposta, quale ricerca, quale spessore,
potrebbe garantire? Per non parlare poi delle sigle, una tra tutte
"BES", utilizzata in modo stereotipato e vuoto, a dimostrazione che chi
ha costruito i quesiti non si è posto nemmeno il problema di capire di
cosa stesse parlando.
Le segnalazioni di ogni tipo, ormai ,sono all'ordine del giorno e non
sono stati nemmeno rispettati i più elementari criteri di buon senso,
compreso quello di trattare i candidati in modo adeguato al loro
profilo professionale, altamente qualificato e rispondente a criteri
fissati dal proprio datore di lavoro, il Miur.
Durante il concorso, invece, il Miur e tutti i suoi rappresentanti "in
campo" sembrano esserselo dimenticato, fino a sfiorare il ridicolo... è
capitato a Roma dove ai docenti è stato impedito persino di utilizzare
il bagno riservato ai colleghi della sede del concorso, obbligando ad
utilizzare quello degli studenti. E alla segnalazione dell'assenza di
carta igienica nei bagni degli alunni, la Dirigente scolastica si è
prodigata a farla recapitare, per colmare questa che è una carenza
cronica delle nostre scuole, quella della carta igienica utilizzata
come argomento in Parlamento dall'On. Malpezzi per coprire di ridicolo
le richieste e le proteste dei docenti contro la "Buona scuola".
Ovviamente nessun altro argomento è alla portata di chi sta difendendo,
con superficialità inaudita, uno strumento inadeguato come quello
scelto per "selezionare" i docenti, fatto di domandine volutamente
retoriche alle quali rispondere retoricamente. Questa è la qualità
tanto ostentata dal Miur e dal Governo, questo lo specchietto per le
allodole, docenti compresi, molti dei quali aderiscono alla "fuffa"
oggetto dei discorsi demagogici del Primo Ministro e della sua squadra.
Il Ministero forse sta aggiustando il tiro in corso d'opera, a partire
dall'elemosina destinata ai commissari come compenso e dalla
progressiva nomina in tempo utile dei commissari d'esame, assenti nelle
prime prove, ma quanto è finora capitato sta progressivamente emergendo
e sarà oggetto di precise denunce che, dopo le opportune verifiche,
potrebbero mettere in luce un quadro inquietante in cui valore e
merito, quello ostentato dal Governo nel vendere il Concorso, non sono
i termini adatti a qualificare chi il concorso si è ostinato a metterlo
in piedi, a dispetto di tutto ciò che lo sconsigliava, comprese
opportunità e buon senso.
Valeria Bruccola, Coordinatrice
nazionale Adida