Ironia amara
e preoccupata, quella che inevitabilmente scaturisce dopo la
definizione dei "criteri" per la nomina da parte dei Dirigenti
scolastici dei docenti, assunti dagli ambiti in base al Ptof delle
scuole. Già ripudiamo un sistema scolastico incapace di assicurare
continuità ad alunni e docenti, continuità da sempre ritenuta un
parametro imprescindibile in ambito scolastico, data la comprovata
incidenza positiva sul sistema, nonché sulla formazione, l'istruzione e
l'educazione dei giovani. A questo, aggiungiamo che contestiamo,
sbalorditi, i criteri con cui il reclutamento sarà fatto, come ha
dichiarato Faraone, già dal prossimo anno scolastico. Sbalorditi per
modo di dire, perché già da anni siano in prima linea a denunciare la
deriva discrezionale che nell'ambito del reclutamento hanno segnato i
governi che si sono succeduti negli ultimi sette anni. Uno dietro
l'altro, millantando azioni dirompenti e riforme, hanno portato avanti
un progetto che oltre ad essere contrario al buon senso, ha favorito
logiche estranee alla qualità e al merito, come pure alla
valorizzazione dell'esperienza.
La vicenda che ha caratterizzato negli ultimi sette anni i precari
delle Graduatorie d'istituto è stato il preludio di questa deriva, dove
evidente è stata la volontà di favorire la vendita dei titoli, vendita
all'asta, dove a vincere sono state solo le agenzie formative,
Università in cima. Abbiamo denunciato in ogni sede l'arroganza
dimostrata da quanti, nel mondo accademico, hanno contrastato i PAS,
osteggiati in ogni modo, perché non permettevano di controllare gli
accessi, cosa ormai consolidata nelle Università, da quando è stato
introdotto il numero chiuso, tomba del diritto costituzionale allo
studio ed alla formazione. Ma alla fine le università che hanno
guadagnato miliardi sulla pelle dei precari storici hanno vinto
comunque, ottenendo una supervalutazione dei titoli contingentati,
grande bluff per chi li ha frequentati, perché comunque è rimasto fuori
dai piani di reclutamento.
Oggi, con una destrezza senza precedenti, sempre d'estate, come
tradizione vuole, quando cala l'attenzione del mondo della scuola, ecco
che salta fuori la geniale definizione dei criteri con cui i DS
dovranno scegliere i docenti. Avanti, quindi, con la raccolta "punti",
non quelli dati dalla formazione iniziale, non derivanti dalla somma di
questa con l'esperienza ma quelli definiti dai fattori nuovi,
"innovativi" direi. Altro spunto per fare cassa, da parte di chi vedrà
in questa nuova formula una opportunità di speculare, sulla pelle dei
precari, sulla pelle di donne ed uomini che hanno speso una vita per
inseguire criteri sempre nuovi e fantasie politiche deliranti.
Lo avevamo detto, non si possono cambiare le carte in tavola in corsa,
non si può cambiare continuamente, fate attenzione colleghi! Mi chi si
sentiva immune da questa carneficina ha fatto orecchie da mercante ed
ha preferito seguire il pifferaio magico, invece di capire le ragioni
di chi, pur nella legittimità, chiedeva un riconoscimento professionale
oggi negato a tutti. Chissà che questa manovra non faccia ricordare che
la formazione è un diritto costituzionale, che dovrebbe essere, anche
secondo il contratto nazionale che firmiamo un elemento da fornire o
favorire dovere da parte del datore di lavoro, in questo caso il MIUR,
non una pretesa, ottenuta con risorse personali. Perché il bonus
di formazione è stato erogato ai docenti di ruolo, non ai precari, che
non hanno potuto beneficiare di questo obolo, elettorale.
Che dire, vedremo... intanto, noi precari storici, ci stiamo preparando
ad affrontare le nuove insidie, alle quali risponderemo con la stessa
moneta usata dal Governo: useremo le schede, non di raccolta punti,
quelle elettorali!
Valeria Bruccola, Coordinatrice
Nazionale Adida
adida.associazione@gmail.com