Via i
docenti contrastivi e polemici.
La scuola sta pericolosamente cambiando, non la riconosco più, sempre
più lontana da quel luogo dove si dovrebbe respirare cultura, dove si
aiutano gli studenti ad acquisire il sapere critico, dove si respira
libertà e democrazia. La fiducia è un sentimento di sicurezza che
deriva dal confidare in qualcuno o in qualcosa. E’ una convinzione
personale di correttezza e verità e non può essere forzata. Se si
ottiene la fiducia di qualcuno si è stabilita una relazione
interpersonale sulla comunicazione e sulla condivisione di valori ed
esperienze. La fiducia dipende sempre dalla reciprocità. Il rapporto
che si crea tra studente ed insegnante è fondamentale e si basa sulla
fiducia, sulla correttezza, sulla verità. Il comportamento del docente
diventa spesso un modello educativo da seguire per gli studenti.
Vietare l’utilizzo di Facebook a scuola e il dialogo sul Web tra
genitori alunni e prof è assolutamente sbagliato.
La formazione, la conoscenza, il sapere, l’interesse, la curiosità per
le materie deve essere condivisa il più possibile. Smettiamola con
l’inquisizione e la caccia alle streghe e stregoni (i prof...) del
terzo millennio.
Io come tanti colleghi continueremo a pubblicare le lezioni sul Web e
condividerli sui social networks. I genitori e gli alunni sono liberi
di contattarci sul Web.
Inizialmente ero contrario e l’ho scritto spesso ma il problema non
sono i mezzi di comunicazione ma il cattivo utilizzo e in quale
contesto e momento si fa.
Il progresso non si può fermare. Oggi i giovani fanno più cose
contemporaneamente e la sollecitazione mentale è continua. Hanno un
sistema di acquisizione diverso, più elastico del nostro.
La nostra generazione (ho 55 anni ) ha la capacità di distribuzione
dell'attenzione carente. Noi non siamo "nativi digitali" anche se
utilizziamo le tecnologie per diverse ore al giorno e facciamo fatica a
fare più cose contemporaneamente.
Alcuni dicono che le donne hanno una predisposizione innata, dalla
notte dei tempi, a fare più cose contemporaneamente perchè basano
l'attenzione sul concetto "emozionale" degli eventi. Oggi le donne sono
sempre più costrette a destreggiarsi tra lavoro e famiglia, sanno fare
più cose insieme, gli uomini no.
Sfatiamo anche questa leggenda: Non è vero, come dimostra un recente
studio svedese che le donne sono più multi-tasking gli uomini. Guidare
e parlare al telefono (vietato), dare il biberon e controllare
l'agenda: a casa o in ufficio, prima ancora che nei centri di ricerca,
la guerra dei sessi sulla capacità di svolgere contemporaneamente più
attività va avanti ormai quasi da quando Giulio Cesare dettava, si
dice, tre testi contemporaneamente.
Il mutitasking riferito agli esseri umani vuol dire “multi-attività” o
“multi-compito”. Quindi il “multitasker” è colui che fa multitasking.
Cercare di fare multi-attività può essere fastidioso quando siamo alle
prese con compiti complessi, ma l'abitudine ad altri tipi di
multitasking può essere piacevole, o addirittura assai gratificante. La
ragione di questa irresistibile tendenza alla distrazione, ancora una
volta, è legata alla struttura del nostro cervello.
Nella nostra evoluzione di esseri umani, comunicare e ottenere
informazioni sull'ambiente che ci circonda, cioè sul mondo, è stato
fondamentale per la nostra sopravvivenza.
La strategia che la natura ha usato per spingerci a svolgere queste
attività è stata quella di “programmare” geneticamente il nostro
cervello in modo tale che esso ci fornisca gratificazione (attraverso
il rilascio di alcuni neurotrasmettitori, come la dopamina) quando
comunichiamo o assimiliamo informazioni sugli altri e sul mondo. Per
questo motivo ci piace ricevere un messaggio o individuare una notizia
interessante (e non solo attraverso il pc), in quanto sono attività
riconducibili a propensioni umane ben radicate nella nostra evoluzione
e nel momento in cui il multitasking avviene coinvolgendo attività di
questo tipo può risultare perfino piacevole.
Mentre scriviamo un articolo, studiamo, facciamo i compiti, che è
un'attività faticosa per il nostro cervello, siamo spinti ad a
prenderci delle pause gratificanti, dato che lo strumento attraverso
cui stiamo lavorando, cioè il pc o il tablet, in pochi istanti può
trasformarsi in modo camaleontico da attrezzo di lavoro a passatempo
appagante. Bastano pochi clic. (Pasquinelli 2012).
Il multitasking viene svolto con successo soprattutto da chi è
cresciuto immerso nell'ambiente digitale, per esempio i bambini di
oggi, che per questo sono chiamati “nativi digitali”.
L'idea di usare un'aula, un laboratorio come unico spazio per la
didattica è ormai superato.
Il luogo deve essere secondario rispetto alla lezione, la corretta
comunicazione, la vera informazione, sono questi gli elementi
prioritari di “fare didattica”.
Non ci devono essere limiti nei modi e nei processi formativi-educativi.
Durante le mie lezioni frontali vieto l’utilizzo del cellulare ma solo
nel momento della spiegazione, per il resto gli studenti utilizzano
l’iPad con i libri digitali e producono app (software) non solo con il
classico pc e tastiera ma tramite tablet e smartphone.
Permetto agli studenti di registrare e riprendere le mie lezioni. I
tempi e i modi di studio sono cambiati, continuo a ribadirlo.
Ovviamente molti colleghi non sono d'accordo. A me non interessa, non
ho nulla da nascondere anzi sono contento se i miei studenti
acquisiscono la conoscenza con questi nuovi sistemi.
Lo studio deve essere un piacere, non un obbligo!
Invece la scuola sta diventando sempre di più un luogo dove si
determinano scenari quasi inquetanti, uno stato di polizia che deve
controllare cosa fa un insegnante e soprattutto che rapporti ha
instaurato con i genitori e gli studenti.
Marco Rusconi, presidente dell'Ass. nazionali presidi del Lazio (come
scrive la giornalista Flavia Amabile della Stampa) chiede
l’introduzione di «un codice deontologico» a livello nazionale che
delinei «i parametri organizzativi della governance» e «le direttrici
etico-professionali» che si intende seguire nella scuola unite
all’adozione di un «trasparente sistema di valutazione del contesto
scolastico».
La ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli ha avvertito che «chi viene
giudicato colpevole, dopo il procedimento disciplinare, sarà comunque
licenziato». Una norma in questo senso potrebbe essere inserita nel
nuovo contratto per la scuola.
Ovviamente non tutti i dirigenti scolastici sono d'accordo con questo
sistema e mi auguro che facciano sentire la propria voce al Miur.
Questo modo di limitare la libertà di comunicazione è tremendamente
reazionario e fascista!
Pensate il mostro normativo che produrrà il prossimo contratto. Mi
auguro che non venga firmato dai sindacati.
La performance, le punizioni, i controlli saranno elementi fondamentali
mentre ci inviano a fare i corsi per diventare animatori digitali.
Come dire... cari docenti impegnatevi a diventare al più presto esperti
di nuove tecnologie ma attenzione usatele solo a scuola, se gli
studenti vi contattano di pomeriggio tramite il social network non
rispondete, potreste essere licenziati oltre a diventare ciechi e
sordi...
Paolo Latella
Insegnante e giornalista
Unicobas Scuola & Università
prof. Paolo Latella
Docente di ruolo c/o l'ITE A. Bassi di Lodi
Iscritto:
Albo dei Periti e degli Esperti della CCIAA di Lodi
Albo dei Consulenti Tecnici del Giudice del Tribunale di Lodi (Italia)
in sistemi informatici per la gestione aziendale.
Ordine Nazionale dei Giornalisti di Roma - elenco pubblicisti della
Lombardia
Ass. Nazionale Carabinieri
Attualmente è membro dell'Esecutivo Nazionale del Sindacato Unicobas
Scuola e segretario della Lombardia
Cell: 3386389450
sito dello studio: http://www.studiosip.eu
blog didattico: http://www.profpaololatella.it
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Chi è Paolo Latella:
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