Caro
Premier Giuseppe Conte e caro Ministro Luigi Di Maio,
vorrei che leggeste questa lettera, userò le parole di Andrea Camilleri
per spiegare perché “l’autonomia differenziata” con le 23 deleghe
chieste dal Veneto, dalla Lombardia e dall’Emilia Romagna, diventa un
pericoloso tentativo di secessione a discapito delle regioni del Sud.
Vi chiamerò Giuseppe e Luigi,
Dunque, volevo dirvi che noi insegnanti, educatori, genitori, studenti,
assistenti amministrativi, tecnici, collaboratori scolastici, che
amiamo la scuola pubblica statale, siamo indignati. Lo so che, proprio
in questi ultimi tempi, è un termine inflazionato ma non ne trovo uno
migliore per manifestarvi il nostro sdegno per quello che state per
approvare.
Lo sapete vero che gli studenti del Sud non sono figli di un dio minore?
Giuseppe e Luigi, volete che partiamo da lontano?
E allora, mi permetto di ricordarvi che nell’anno 1100, mentre al nord
si brancolava nel buio del Medioevo, al sud c’era il primo Parlamento
della storia, il primo parlamento d’Europa.
Facciamo un bel salto e arriviamo al 1861.
In quegli anni -esattamente nel 1856- in occasione dell’Esposizione
Internazionale di Parigi, Il Regno delle Due Sicilie ricevette il
Premio come terzo Paese più industrializzato del mondo, dopo
Inghilterra e Francia.
Il Meridione possedeva una flotta mercantile pari ai 4/5 del naviglio
italiano, una flotta che era la quarta del mondo. Il Sud era il primo
produttore in Italia di materia prima e semi-lavorati per l’industria.
Avevamo circa 100 industrie metal meccaniche che lavoravano a pieno
regime (era attiva la più grande industria metalmeccanica d’Italia).
Avevamo industrie tessili, manifatturiere, estrattive.
Avevamo distillerie, cartiere. Avevamo la prima industria siderurgica
d’Italia. Il primo mezzo navale a vapore del Mediterraneo (una goletta)
fu costruito nelle Due Sicilie e fu anche il primo al mondo a navigare
per mare. La prima nave italiana che arrivò nel 1854, dopo 26 giorni di
navigazione, a New York, era meridionale, e si chiamava -guarda un
po’!- “Sicilia”. La bilancia commerciale con gli Stati Uniti era
fortemente in attivo e il volume degli scambi era quasi il quintuplo
del Piemonte.
Il cantiere di Castellammare di Stabia, con 1.800 operai, era il primo
d’Italia per grandezza e importanza.
Ancora: il tasso di sconto praticato dalle banche era pari al 3%, il
più basso della Penisola; una “fede di credito” rilasciata dal Banco di
Napoli era valutata sui mercati internazionali fino a quattro volte il
valore nominale. Il Regno Napoletano, fra tutti gli Stati italiani,
vantava il sistema fiscale con il minor numero di tasse: ve ne erano
soltanto cinque.
Giuseppe e Luigi potreste dirmi: “acqua passata”. Potreste chiedermi
come ci siamo ridotti così, oggi…
Bene… vi spiego: fin dal primo anno di unificazione, il neonato Stato
italiano introdusse ben 36 nuove imposte ed elevò quelle già esistenti.
In appena quattro anni, la pressione fiscale aumentò dell’87%, ed il
costo della vita ebbe un incremento del 40% rispetto al 1860, i salari
persero il 15% del potere d’acquisto.
Dopo l’unificazione d’Italia, l’industria meridionale e persino
l’agricoltura furono letteralmente abbandonate e penalizzate con una
politica economica che favorì il Nord a danno del Sud, come risulta da
un’inchiesta sulla ripartizione territoriale delle entrate e delle
spese dello Stato voluta da Francesco Saverio Nitti (non l’abbiamo
pagato noi… giuro).
Per diversi decenni si verificò un continuo drenaggio di capitali dal
meridione al Nord dovuto proprio ad una scelta di politica economica
dello Stato, mentre sul piano delle imposte il Mezzogiorno e la Sicilia
contribuivano in maniera di gran lunga superiore alle regioni del Nord.
Non andò meglio per i lavori pubblici, in quanto gran parte delle spese
furono fatte nell’Italia Settentrionale e Centrale.
In sostanza il bottino dei Savoia fu veramente enorme, se si considera
che il danaro trafugato dalle casse del “Regno delle Due Sicilie”
ammontava a 443 milioni di lire oro, vale a dire due volte superiore a
quello di tutti (dico tutti) gli Stati preunitari della penisola messi
insieme; lo Stato savoiardo ne possedeva solo 20 milioni.
Questa è storia cari Giuseppe e Luigi, dunque non è colpa nostra se una
politica assassina ci ha ridotto come siamo adesso.
La cultura del Sud non è da meno rispetto a quella dell’ormai “vostra”
regionalizzazione di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna (questa
regione non ha chiesto la delega sull’istruzione).
Anzi… a giudicare dal numero e dall’importanza dei cervelli che
mandiamo a lavorare dalle vostre parti, potrei osare di più, ma non mi
va.
Quando consegnerete 23 deleghe alle regioni del Nord, aprendo di fatto
alla secessione, ricordatevi soprattutto tu Giuseppe e tu Luigi dove
siete nati.
Prima di votare la regionalizzazione fatevi un giro, magari anche nella
città che vi ha visto bimbo meridionale. Scoprirete cose nuove,
scoprirete che le persone al sud non sono affatto rassegnati, sono
incazzati neri!
E’ diverso.
Scoprirete che “le persone per bene” che pensano che il Sud sia solo
violento-imprevedibile-inaffidabile-sprecone-confusionario-corrotto-mafioso-camorristico,
in realtà non sono persone per bene: sono degli idioti. Oppure dei
delinquenti.
E mi dispiace se fra loro dovessero esserci amici vostri: sempre idioti
restano o delinquenti che hanno interesse ad affossarci ancora di più.
Perché -vedete- se qui in Calabria, qui in Campania, qui in Puglia, qui
in Sicilia i mafiosi portano ancora la coppola, mentre al Nord portano
la cravatta e magari hanno l’auto blu e la scorta, per noi non fa molta
differenza.
E, quindi, “aiutare il Sud potrebbe risultare pericoloso, fortemente
pericoloso”, non basta il reddito di cittadinanza, bisogna partire dal
"rispetto", rispettare tutta l’Italia e non dividere il Paese, tra
regioni ricche e regioni povere.
Noi conserviamo la cultura dei nostri padri.
Noi conserviamo le tradizioni di questi luoghi.
Non siamo rassegnati, siamo orgogliosi (oltre che incazzati).
E se i nostri Gattopardi sono stati sbranati dalle iene e dagli
sciacalli, come aveva previsto il Principe di Lampedusa in tempi non
sospetti beh… verrà il momento del riscatto.
Noi ci crediamo, dobbiamo crederci. Noi vogliamo solo difendere i
nostri diritti vogliamo solo il nostro, quello che ci spetta come parte
dell'Italia, di una nazione unita e non divisa!
Siamo noi che abbiamo pietà, pietà per gli oppressi, per i vinti, pietà
per chiunque soffra, per quelle povere anime abbandonate su un barcone.
E siamo ancora noi che abbiamo, legittimamente, dei pregiudizi.
Dal momento che aprirete all'autonomia differenziata" delle regioni
ricche, nutriremo pregiudizi anche nei vostri confronti e nei confronti
di tutto il Governo 5Stelle-Lega.
E se non riuscirete a farvene una ragione, se non riuscirete a pensare
di dovere chiedere scusa allora davvero sarete gli autori del più
grande danno creato al Paese e soprattutto al Sud, rinnegando la
storia, le vostre origini, le vostre radici.
Ciao “Giuseppe”, ciao “Luigi”.
Paolo Latella