Nel
passaggio dal retributivo al contributivo, anche per via della “quota
cento”, c’è chi parla di decurtazioni. Tuttavia non esiste nessuna
decurtazione ma uno spiacevolissimo inghippo. Prendiamo il caso di un
docente che vada in pensione con 43 anni di contributi, ovvero con la
legge Fornero, ad esempio un docente che a 62 anni abbia tale
anzianità, maturata nella primaria. La sua pensione sarà inferiore a
parità di contributi versati, a quella di un collega sempre della
primaria che vada in pensione a 65 anni con uguale numero di anni
lavorativi. Perché?
Semplice, perché i sindacati confederali quando hanno promosso negli
anni ’90 la legge Dini e le successive modifiche con tanto di due
referendum per il personale della scuola, hanno omesso allora una parte
della verità. Ovvero, la pensione è calcolata in base ai contributi
versati e su questo siamo tutti d’accordo, ma l’importo mensile viene
varia in base all’aspettativa di vita.
Succede così che due persone, come nell’esempio sopra riportato,
nell’identica condizione e con un identico valore di contributi versati
ricevano due pensioni differenti.
Come sindacato ci sorge spontaneo chiederci se tale criterio, ovvero
quello di pensioni differenti a fronte di uguali contributi versati, a
tutto danno di chi ha iniziato precocemente a lavorare, sia
costituzionale, in ogni caso resta evidente che a fronte di una tale
palese ingiustizia si debba necessariamente pretendere una revisione di
tale parte del quadro legislativo pensionistico. È evidente che aver
precocemente iniziato a lavorare dovrebbe essere un merito riconosciuto
dalla Repubblica Italiana e non un’occasione per essere arbitrariamente
vessati.
Come SISA iniziamo quindi una campagna informativa e al contempo è
nostra intenzione agire a tutti i livelli perché la revisione
legislativa possa essere la più celere possibile e possa sanare
situazioni già in essere.
Il coordinamento nazionale SISA