Il 27
settembre è il giorno scelto dal movimento “Fridays for future” in
Italia per partecipare alla mobilitazione mondiale “Climate Action
Week” con uno sciopero a livello nazionale, il terzo “Global Strike for
Future”. Per questa stessa data i Cobas della Scuola e del Lavoro
privato (ad esclusione dei Trasporti) hanno indetto lo sciopero
generale di tutti i dipendenti, rispondendo ad un preciso appello
rivolto dai giovani del movimento, ma allo stesso tempo esprimendo una
chiara e autonoma presa di posizione sul tema in oggetto.
Risulta del tutto evidente, al netto del negazionismo sempre più debole
persino nell’ambito del potere politico e industriale, che il micidiale
cambiamento climatico in atto - ma più in generale tutta la tematica
ambientale di cui tale mutamento, con le sue drammatiche conseguenze, è
un aspetto cruciale - rappresenta una questione fondamentale da
affrontare con la massima urgenza.
Cambiamenti climatici, enormi quantità di rifiuti, produzione
energetica attraverso i combustibili fossili, Grandi opere costose,
inutili e dannose, saccheggio dei territori, scriteriate attività
estrattive, produzioni dannose ed inquinanti, iperconsumi: sono tutti
elementi interconnessi di un sistema insostenibile che sta portando
l’intera società umana verso il collasso e che coinvolge non solo i
poteri “forti” politici ed economici - che hanno voluto o sostenuto la
logica del profitto capitalistico come elemento-guida
dell’organizzazione sociale - ma anche centinaia di milioni (miliardi?)
di cittadini dei paesi più ricchi che hanno introiettato e praticato
sistemi di vita e di consumo, ritenuti più comodi ma sempre più
disastrosi per l’intera umanità.
La modifica di tali sistemi di vita, profonda ed urgente, è il vero
tema posto con forza e da noi raccolto con l'intento di dare un
contributo alla costruzione di un grande movimento che coinvolga anche
il mondo del lavoro dipendente e del piccolo lavoro autonomo e che
sappia connettersi anche con gli altri movimenti che confliggono con
l’attuale sistema economico e politico, nella consapevolezza che tutte
le principali contraddizioni presenti nell’attuale modello di sviluppo
ed organizzazione sociale sono tra di loro collegate e che esse devono
trovare espressione in un movimento inclusivo, paritario, non
gerarchico (né nell’organizzazione né nei contenuti), profondamente
democratico e non elitario.
La sete del profitto ad ogni costo e con ogni mezzo, la mercificazione
di tutto l’esistente, l’esclusione di intere popolazioni dai processi
decisionali - con il conseguente corollario di guerre, di un crescente
divario tra ricchi e poveri, di carestie, malattie endemiche che
falcidiano intere popolazioni, di povertà estrema e profonde
ingiustizie sociali - sono le forze motrici dei processi che stanno
distruggendo l’ambiente e che, tra l’altro, stanno provocando, o
ingigantendo, le imponenti ondate migratorie a cui stiamo assistendo.
La scuola, in particolare, può e deve svolgere un ruolo fondamentale
nell’aumentare la consapevolezza nei confronti di queste problematiche.
Dobbiamo dimostrare l’assurdità del mito della crescita continua in un
sistema finito, ponendo all’ordine del giorno i grandi temi legati alla
lotta per la salvaguardia dell’ambiente quali la messa in discussione
delle produzioni industriali, il superamento dei combustibili fossili
che sono la principale causa di emissioni di CO_2 , l’abbandono della
perversa logica delle “grandi opere”, la lotta al consumismo che porta
a produrre montagne di rifiuti e bruciare risorse non rinnovabili,
oltre a fomentare la guerra dei penultimi contro gli ultimi nella scala
sociale e provocare rabbia, odio e infelicità diffusa
nell’impossibilità di stare al passo del consumismo enfatizzato dai
mass media e dai poteri economici.
Risulta evidente che l’attuale sistema economico è insostenibile ed
ineluttabilmente destinato, se non fermato in tempo e invertito, alla
catastrofe; eppure ancora non è visibile alcun significativo cambio di
rotta da parte della /governance/ politica ed economica mondiale, né,
per quel che ci riguarda direttamente, di quella italiana. E a questo
proposito, avendo letto i proclami sul tema del nuovo governo, sarà il
caso di sottolineare che la soluzione del problema non è certo la
sostituzione del capitalismo “nero” (centrato sul petrolio e affini)
con il capitalismo “verde”, o produrre sempre più macchine ma
elettriche invece che a benzina o sostituire la soia, il tofu e il
seitan alla carne: non sarà insomma la cosiddetta /green economy/, per
come viene declinata, a salvarci, risultando nella migliore delle
ipotesi un debolissimo palliativo ma, ben più realisticamente, una
strategia per piegare a logiche di mercato (il capitalismo non ha
colore, e se il “verde” funziona meglio del “nero” per fare profitto
non ha difficoltà a cambiare cavallo) le iniziative in difesa
dell’ambiente trasformandole in ulteriori fonti di profitto.
Per questi motivi scenderemo in piazza il 27 settembre e continueremo
le lotte anche in seguito, consapevoli che non siano pensabili
strategie di salvaguardia ambientale che non prevedano anche la
giustizia sociale, che non sia possibile una transizione verso un
modello di sviluppo sostenibile senza una profonda trasformazione in
senso anticapitalista, dove la difesa dei Beni comuni prevalga contro
la logica del profitto.
Piero Bernocchi
portavoce nazionale COBAS