In queste
settimane, il coronavirus sta spaventando un
po’ tutti, anche se razionalmente possiamo comprendere che, ad oggi, la
situazione è sotto controllo.
La chiusura delle scuole, la limitazione d’incontri e
convegni, le dettagliate e rigorose indicazioni emanate dal Governo e
dalla
Protezione civile, stanno creando un clima di forte tensione emotiva
dettata
dalla paura, da una psicosi d’incertezza e di mutamento delle
tradizionali
forme di relazione sociale e civile.
Il saluto, la stretta di mano e l’abbraccio e poi
ancora le poltroncine distanziate, le condoglianze ai funerali, l’acqua
benedetta in chiesa, la comunione nella mano, le messe in TV, ed infine
le
lezioni a distanza sono tutti segni d’innovazione, volti a mutare lo
stile di
relazione tra le persone.
Questo
momento di emergenza, che sollecita unità e
convergenza da parte di tutte le forze politiche e di tutti i cittadini
con un
forte senso di responsabilità, come ha sollecitato il Presidente della
Repubblica,
impegna gli educatori ed i genitori a compiere specifiche azioni e
finalizzati
interventi.
Spiegare e far comprendere anche ai piccoli le
motivazioni della chiusura delle scuole, significa dare informazioni
corrette
sul coronavirus, che fa parte della famiglia di virus respiratori,
associati a
un focolaio di casi di polmonite com’è avvenuto prima in Cina, poi in
Germania
e in Italia ed ora in quasi tutti i Paesi del mondo.
Rispondere alle domande dei bambini e dei ragazzi e
dare corrette spiegazioni contribuisce a suscitare una significativa
motivazione
a compiere determinati gesti di prevenzione e di tutela.
Non è facile comprendere il fenomeno in questo momento
e il modo in cui vengono comunicate le notizie circa il numero dei
decessi, e dei
pazienti che risultano positivi ai tamponi, inevitabilmente acuisce il
clima di
tensione. La paura che si diffonde non è proporzionale alla reale
pericolosità
dell’evento e le generalizzate adozioni di norme preventive alterano la
capacità di valutare il rischio.
Esorcizzare la paura nel rispettare le distanze, nel cantare
mentre ci si lava le mani, nel salutarsi con i piedi, sono tutte
manifestazioni
che con un pizzico di umorismo rendono allegre e divertenti i nuovi
stili di comportamento
che segnano l’inizio del secondo ventennio del Duemila.
Con il
Coronavirus siamo di fronte a qualcosa di nuovo, che stiamo imparando a
conoscere e che non si comprende ancora pienamente. Si tratta di un
virus
invisibile che ha la capacità di diffondersi in maniera molto veloce ed
è
qualcosa di non controllabile e, anche se il numero dei decessi non è
allarmante, ci porta a fare i conti con una delle paure più forti
dell’essere
umano: la paura del contagio e della morte.
E’ la prima epidemia che corre sui social ed il
bombardamento d’informazioni allarmistiche, insieme alle fake news che
arrivano,
sono controproducenti, al punto di suscitare il rifiuto e di non voler
sentire
notiziari e telegiornali.
E’ importante monitorare le notizie e filtrarle; molte
informazioni, infatti, se non adeguate all’età dei bambini, rischiano
di essere
fraintese.
L’attento
genitore ed il bravo
educatore cercano di dare ai ragazzi informazioni chiare e semplici su
cosa sta
succedendo, evitando che essi si diano spiegazioni in maniera autonoma,
facendo
collegamenti scorretti ed elaborando idee sbagliate che rischiano di
amplificare le loro preoccupazioni.
Rispondere in
maniera semplice e chiara alle loro domande, dunque, diventa importante
ed
essenziale per un’educazione efficace, capace di far loro vincere la
paura.
Ascoltare e accogliere le paure dei bambini, parlarne
insieme e legittimare l’emozione è molto importante, come pure è
significativo
dare il buon esempio ed essere modello
funzionale di gestione delle emozioni
Non si può pretendere che i bimbi siano tranquilli di
fronte all’ascolto delle notizie se gli adulti sono i primi ad
allarmarsi e a
creare ansia e tensione emotiva.
Le notizie che il Covid 19 ha avuto origine in Cina hanno
destato atteggiamenti irrazionali di discriminazione e di sospetto
verso i
coetanei cinesi e i negozi dei cinesi. I bambini assorbono come spugne
i
comportamenti di chi sta intorno a loro e il rischio è che prendano ad
esempio
questi modelli.
Adesso il fenomeno ha assunto altre dimensioni e forse
cambierà ancora nei prossimi giorni, facendo percepire un disagio che
si
estende sempre più e sollecita prevenzione e attenzione.
Le norme del buon galateo: il lavarsi le mani spesso e
con attenzione, il modo corretto come starnutire ed asciugarsi, il
disinfettare
gli ambienti ed avere aule e scuole pulite, sono regole di sempre, che
adesso
vengono meglio apprese e praticate, con l’auspicio che permangano anche
ad
emergenza conclusa.
“La vita
è ciò che ti accade mentre sei impegnato a fare altri progetti”.
Questa
espressione di John Lennon aiuta a comprendere la fragilità degli
imprevisti
che possono accadere ed il coronavirus
ha provocato rinvii d’iniziative e convegni, di attività
programmate, di gemellaggi, viaggi e uscite didattiche. Si vive quasi
in una
realtà surreale.
La sospensione delle attività didattiche e la chiusura
delle scuole, apparente gioia per i primi giorni, si è rivelata
negativa per lo
sconvolgimento della vita familiare dei genitori lavoratori e, anche se
in
alcune realtà la scuola ha avviato una procedura di lezioni on line, da
casa a
casa, per via telematica, si constata come in questa didattica
innovativa venga
a mancare l’afflato pedagogico, il contatto e la relazione educativa
tra
docente e studente e la dimensione socializzante del gruppo classe.
“Chi
afferma che siano
meglio di quelle frontali dice frottole»,
afferma Alessandro Barbero, storico e docente all’Università
del Piemonte Orientale. “L’insegnamento
online, soluzione per un’emergenza, è molto più scadente di quello in
presenza:
il contatto diretto è insostituibile. Nella cultura di oggi c’è la
tendenza a
infatuarci della tecnologia e dell’innovazione del giorno. C’è anche un
altro
rischio: che qualcuno promuova questa didattica con l’idea di
risparmiare sul
numero dei docenti”.
Il
sottosegretario all’Istruzione Peppe De Cristofaro ha
evidenziato che “bisogna distinguere tra
didattica a distanza, da utilizzare come solo strumento di estrema
straordinarietà, e didattica digitale, come positiva metodologia che i
docenti
possono utilizzare per innovare metodi e pratiche.
Insegnare
a distanza può
essere utile, ma solo in una situazione eccezionale come quella che
viviamo in
queste ore. L’insegnamento è, infatti, relazione, socialità e sviluppo
del
senso critico e non si può che farlo insieme docenti, studenti e
famiglie”.
Registrare
tra gli studenti la “nostalgia della scuola” è un segno
di alta qualità e consente di
apprezzare e riconoscere alla scuola la significativa valenza sociale
di
crescita e di sviluppo armonico e integrale della persona umana, dello
studente
che si prepara ad essere cittadino.
Giuseppe Adernò