Il 20 Marzo, è stata celebrata la Giornata Internazionale della Felicità, istituita dall'Assemblea Generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu) il 28 giugno 2012 affermando che: “L'Assemblea generale [...] consapevole che la ricerca della felicità è uno scopo fondamentale dell'umanità, [...] riconoscendo inoltre un approccio più inclusivo, equo ed equilibrato alla crescita economica che promuova lo sviluppo sostenibile, l'eradicazione della povertà, la felicità e il benessere di tutte le persone …
In un recente convegno, svoltosi alla LUISS, promosso dalla Fondazione Guido Carli, è stata avanzata la proposta di introdurre, nell’articolo 3 della Costituzione della Repubblica Italiana, un comma finale che ponga il diritto alla felicità, sulla scorta di quanto affermato nella Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America, ove si afferma: “Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità; che per garantire questi diritti sono istituiti tra gli uomini governi che derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati“.
La dichiarazione dei Padri Fondatori, che sancisce che tutti gli uomini sono creati eguali e dotati del Creatore di diritti inalienabili quali la Vita e la Libertà, che consentono il perseguimento della felicità, è condivisibile totalmente, specie nella prospettiva dei valori cristiani su cui si sono basati i Costituenti statunitensi.
La felicità, però, non è equiparabile al solo benessere economico, all’ottenimento dei piaceri, al possesso di denaro, di beni, di oggetti … Tutto ciò non dà la felicità.
Purtroppo la superficialità consumistica dei nostri tempi tende a farlo credere, ma la felicità, non si compra!
Il concetto di felicità è complesso e ad esso hanno dedicato profonde ricerche e riflessioni filosofi e poeti e come paradossalmente dice Giacomo Leopardi. “Gli uomini sarebbero felici se non avessero cercato e non cercassero di esserlo”.
La felicità è uno stato di sereno equilibrio con se stessi e con il prossimo, in una visione di umanesimo e di un’ecologia integrale.
Occorre attivare un processo di “educazione felicitogenetica”, come afferma Roberto Leoni, presidente della Fondazione “Sorella Natura” e a tale scopo è significativa l’espressione di Immanuel Kant, gigante del pensiero umano, che alla felicità ha dedicato profonde riflessioni: “Nessuno mi può costringere ad essere felice a suo modo (come cioè egli s’immagina il benessere degli altri uomini), ma ognuno può ricercare la sua felicità per la via che a lui sembra buona, purché non rechi pregiudizio alla libertà degli altri di tendere allo stesso scopo, in guisa che la sua libertà possa coesistere con la libertà di ogni altro secondo una possibile legge universale”.
La legge universale di cui parla di filosofo del filosofo di Konisberg, coincide con l’amore del prossimo.
L’autoritarismo e il permissivismo dovrebbero fondarsi sulla “sintesi a priori” dell’accettazione di ciascuno come Persona, autentico fondamento dell’Ecologia Integrale e dello sviluppo sostenibile.
SI PUÒ ESSERE FELICI IN TEMPO DI COVID?
Il Coordinamento Nazionale dei Docenti della Disciplina dei Diritti Umani in occasione della Giornata Mondiale della Felicità ha focalizzato l’attenzione sulla domanda “si può essere felici in tempo di Covid?”
Come si legge nell’articolo di Edoardo Palma su “Newsicilia” si registra una certa difficoltà in quanto la pandemia e le restrizioni non aiutano a dare stabilità allo spirito e agli stati d’animo.
Viviamo in un periodo storico caratterizzato da attese e ricerche. L’attesa di un ritorno alla normalità ogni giorno sempre più vicino e allo stesso tempo sempre più lontano, rinchiusi in casa, alla ricerca di un colpevole tra complottismi e notizie false.
Forse, però, la quarantena e le misure di contenimento hanno solo fatto sì che le persone si siano dedicate più a loro stesse, alla casa, a stare insieme alla propria famiglia. Dall’altro lato e in altre situazioni, la pandemia ha invece acuito sentimenti di nostalgia, di ansia e di tristezza.
Ecco il parere di due psicologhe: la dottoressa Roberta Patanè ha dichiarato che “Lo stato di emergenza in cui ci troviamo ha sicuramente cambiato la nostra quotidianità. Dover seguire tutte le restrizioni comporta sicuramente un vero e proprio disagio psicologico che si ripercuote sulla nostra salute mentale. Spesso ci sentiamo tristi, frustrati, arrabbiati, ansiosi. Le abbiamo sperimentate tutti queste emozioni nell’ultimo anno. Chi più chi meno. Alcuni si sono lentamente abbandonati alla sorte rifugiandosi e chiudendosi letteralmente nelle loro case rendendo ‘la distanza fisica’ una vera e propria ‘distanza sociale‘. Ma noi esseri umani siamo ‘animali sociali’, come affermava il filosofo Aristotele, e in quanto tali avvertiamo la necessità di aggregarci con gli altri esseri umani. Abbiamo bisogno di uscire con gli amici, di goderci un caffè insieme ai colleghi, di abbracciare le persone che amiamo. Abbiamo bisogno di socialità“,
La psicologa e psicoterapeuta, Valentina La Rosa, ha detto che: alla luce del periodo particolare che stiamo vivendo a causa dell’emergenza sanitaria che purtroppo continua a condizionare e limitare le nostre vite, facendo riferimento a Sigmund Freud, padre della psicoanalisi, ha ricordato come l’uomo tende costantemente alla felicità, non vuole altro che diventare e rimanere felice. L’uomo passa, dunque, l’intera vita a evitare la sofferenza e il dolore e a ricercare il piacere. La pandemia ci ha messo di fronte a scenari di sofferenza e dolore che mai avremmo potuto immaginare.
“Soprattutto in un periodo difficile come quello attuale, il segreto per provare a essere felici è quello di coltivare le relazioni affettive significative della nostra vita, anche sfruttando i mezzi che le nuove tecnologie ci mettono a disposizione, e soprattutto di individuare e perseguire obiettivi di crescita personale che permettano di dare un senso alla nostra esistenza“.
La vita sociale, l’azione educativa della scuola, palestra di socialità, di scambi e di cooperazione, precorre questo sentiero, irto di ostacoli e di difficoltà nel concreto ricercare il vero “benessere” . “Star bene con se stessi, con gli altri, con le istituzioni”, guida pedagogica del Progetto Giovani e del Progetto Ragazzi 2000 ha sempre guidato la comunità scolastica nella ricerca del “bene comune”.
È questa la vera politica e allora ben venga una “giornata” di riflessione sul tema, senza banalizzazioni concettuali della tematica, rischiando di far perdere efficacia alle molteplici “Giornate Mondiali” dell’ONU, spesso limitate a spazio di retorica e di superficiale comunicazione giornalistica.
Giuseppe Adernò
In un recente convegno, svoltosi alla LUISS, promosso dalla Fondazione Guido Carli, è stata avanzata la proposta di introdurre, nell’articolo 3 della Costituzione della Repubblica Italiana, un comma finale che ponga il diritto alla felicità, sulla scorta di quanto affermato nella Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America, ove si afferma: “Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità; che per garantire questi diritti sono istituiti tra gli uomini governi che derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati“.
La dichiarazione dei Padri Fondatori, che sancisce che tutti gli uomini sono creati eguali e dotati del Creatore di diritti inalienabili quali la Vita e la Libertà, che consentono il perseguimento della felicità, è condivisibile totalmente, specie nella prospettiva dei valori cristiani su cui si sono basati i Costituenti statunitensi.
La felicità, però, non è equiparabile al solo benessere economico, all’ottenimento dei piaceri, al possesso di denaro, di beni, di oggetti … Tutto ciò non dà la felicità.
Purtroppo la superficialità consumistica dei nostri tempi tende a farlo credere, ma la felicità, non si compra!
Il concetto di felicità è complesso e ad esso hanno dedicato profonde ricerche e riflessioni filosofi e poeti e come paradossalmente dice Giacomo Leopardi. “Gli uomini sarebbero felici se non avessero cercato e non cercassero di esserlo”.
La felicità è uno stato di sereno equilibrio con se stessi e con il prossimo, in una visione di umanesimo e di un’ecologia integrale.
Occorre attivare un processo di “educazione felicitogenetica”, come afferma Roberto Leoni, presidente della Fondazione “Sorella Natura” e a tale scopo è significativa l’espressione di Immanuel Kant, gigante del pensiero umano, che alla felicità ha dedicato profonde riflessioni: “Nessuno mi può costringere ad essere felice a suo modo (come cioè egli s’immagina il benessere degli altri uomini), ma ognuno può ricercare la sua felicità per la via che a lui sembra buona, purché non rechi pregiudizio alla libertà degli altri di tendere allo stesso scopo, in guisa che la sua libertà possa coesistere con la libertà di ogni altro secondo una possibile legge universale”.
La legge universale di cui parla di filosofo del filosofo di Konisberg, coincide con l’amore del prossimo.
L’autoritarismo e il permissivismo dovrebbero fondarsi sulla “sintesi a priori” dell’accettazione di ciascuno come Persona, autentico fondamento dell’Ecologia Integrale e dello sviluppo sostenibile.
SI PUÒ ESSERE FELICI IN TEMPO DI COVID?
Il Coordinamento Nazionale dei Docenti della Disciplina dei Diritti Umani in occasione della Giornata Mondiale della Felicità ha focalizzato l’attenzione sulla domanda “si può essere felici in tempo di Covid?”
Come si legge nell’articolo di Edoardo Palma su “Newsicilia” si registra una certa difficoltà in quanto la pandemia e le restrizioni non aiutano a dare stabilità allo spirito e agli stati d’animo.
Viviamo in un periodo storico caratterizzato da attese e ricerche. L’attesa di un ritorno alla normalità ogni giorno sempre più vicino e allo stesso tempo sempre più lontano, rinchiusi in casa, alla ricerca di un colpevole tra complottismi e notizie false.
Forse, però, la quarantena e le misure di contenimento hanno solo fatto sì che le persone si siano dedicate più a loro stesse, alla casa, a stare insieme alla propria famiglia. Dall’altro lato e in altre situazioni, la pandemia ha invece acuito sentimenti di nostalgia, di ansia e di tristezza.
Ecco il parere di due psicologhe: la dottoressa Roberta Patanè ha dichiarato che “Lo stato di emergenza in cui ci troviamo ha sicuramente cambiato la nostra quotidianità. Dover seguire tutte le restrizioni comporta sicuramente un vero e proprio disagio psicologico che si ripercuote sulla nostra salute mentale. Spesso ci sentiamo tristi, frustrati, arrabbiati, ansiosi. Le abbiamo sperimentate tutti queste emozioni nell’ultimo anno. Chi più chi meno. Alcuni si sono lentamente abbandonati alla sorte rifugiandosi e chiudendosi letteralmente nelle loro case rendendo ‘la distanza fisica’ una vera e propria ‘distanza sociale‘. Ma noi esseri umani siamo ‘animali sociali’, come affermava il filosofo Aristotele, e in quanto tali avvertiamo la necessità di aggregarci con gli altri esseri umani. Abbiamo bisogno di uscire con gli amici, di goderci un caffè insieme ai colleghi, di abbracciare le persone che amiamo. Abbiamo bisogno di socialità“,
La psicologa e psicoterapeuta, Valentina La Rosa, ha detto che: alla luce del periodo particolare che stiamo vivendo a causa dell’emergenza sanitaria che purtroppo continua a condizionare e limitare le nostre vite, facendo riferimento a Sigmund Freud, padre della psicoanalisi, ha ricordato come l’uomo tende costantemente alla felicità, non vuole altro che diventare e rimanere felice. L’uomo passa, dunque, l’intera vita a evitare la sofferenza e il dolore e a ricercare il piacere. La pandemia ci ha messo di fronte a scenari di sofferenza e dolore che mai avremmo potuto immaginare.
“Soprattutto in un periodo difficile come quello attuale, il segreto per provare a essere felici è quello di coltivare le relazioni affettive significative della nostra vita, anche sfruttando i mezzi che le nuove tecnologie ci mettono a disposizione, e soprattutto di individuare e perseguire obiettivi di crescita personale che permettano di dare un senso alla nostra esistenza“.
La vita sociale, l’azione educativa della scuola, palestra di socialità, di scambi e di cooperazione, precorre questo sentiero, irto di ostacoli e di difficoltà nel concreto ricercare il vero “benessere” . “Star bene con se stessi, con gli altri, con le istituzioni”, guida pedagogica del Progetto Giovani e del Progetto Ragazzi 2000 ha sempre guidato la comunità scolastica nella ricerca del “bene comune”.
È questa la vera politica e allora ben venga una “giornata” di riflessione sul tema, senza banalizzazioni concettuali della tematica, rischiando di far perdere efficacia alle molteplici “Giornate Mondiali” dell’ONU, spesso limitate a spazio di retorica e di superficiale comunicazione giornalistica.
Giuseppe Adernò