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News: TELEFONATE A SCUOLA: CHI PAGA?

Comunicati
RIEMERGE LA QUESTIONE DELLE SPESE TELEFONICHE DELLE SCUOLE: CHI PAGA? 6 maggio 2005 da www.scuolaoggi.org Da anni è in atto una vivace discussione sulle spese telefoniche delle scuole. L’onere delle spese telefoniche, già attribuito ai comuni per la scuola materna ed elementare rispettivamente dagli artt.107 e 159 del D.Lgs. 16/4/1994 n.297, è stato esteso anche alla scuola media inferiore dall’art.3 della legge n.23 dell’11/1/1996 (“i comuni e le province provvedono alle spese varie d’ufficio e per l’arredamento e a quelle per le utenze elettriche e telefoniche” …). Il Consiglio di Stato, con parere n.1784 del 25/9/1996, diramato in allegato alla circolare n.195 del 22/3/1997, ha inoltre affermato che l’espressione “spese varie d’ufficio” contenuta nell’art.3 della legge n.23/1996 comprende tutto ciò che serve a far funzionare una scuola. Qual è allora il problema? e di quali spese telefoniche si parla? In realtà sul territorio nazionale si verificano le situazioni più disparate. A Milano, ad esempio, il Comune – per quanto riguarda le scuole di base – si fa carico di una (sola) linea telefonica abilitata alla teleselezione per istituto sede di direzione (nei plessi dipendenti i telefoni non sono abilitati alle chiamate interurbane). In altri Comuni dell’hinterland le spese di tutti i telefoni delle scuole (di tutti i plessi scolastici quindi) sono a carico dell’ente locale, come in altre provincie. In alcuni di questi Comuni ora, riferendosi ad una presa di posizione dell’Anci (Associazione Comuni d’Italia) del 2003, si sostiene che i telegrammi dettati per telefono sono da intendersi non spese telefoniche ma postali e perciò a carico degli istituti statali. La nota dell’Anci fa cioè una netta distinzione fra spese telefoniche (a carico del comune) e spese telegrafiche, quindi postali (a carico della scuola). Com’è noto - e come sottolinea la stessa nota Anci - dopo il passaggio dalle ristrette graduatorie di circolo alle attuali graduatorie di fascia, più ampie, le scuole non possono prescindere per il conferimento di alcune supplenze dall’uso del telegramma dettato per telefono. Questo determinerebbe un forte incremento della spesa che, non essendo più telefonica ma telegrafica, non sarebbe di competenza dei comuni. A supporto di questa tesi si cita il DPR n.156 del 29/3/1972 T.U. delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni, secondo il quale i servizi di dettatura telefonica offerti dai vari gestori di telefonia, rimangono spesa postale e comportano la normale tassa telegrafica che, assolta dal gestore telefonico nei confronti del concessionario del servizio postale, viene poi addebitata sulla bolletta del telefono. E il fatto che successivamente il Ministero dell’istruzione con circolare 24/3/1997 n.196 ha precisato che alla normativa che poneva a carico delle Amministrazioni dello Stato le spese postali si dovevano conformare anche le istituzioni scolastiche e statali. “Risulta pertanto in modo inconfutabile – dice la nota dell’Anci – che le spese postali, ivi comprese quelle per i telegrammi, sono a carico del Miur e per esso degli istituti autonomi e non dei Comuni”. E continua: “ciascun Comune può pertanto legittimamente richiedere che le spese per telegrammi dettati per telefono siano defalcati dalle spese telefoniche valutando le azioni per il passato. Per la connessione con quanto sopra, si ritiene utile ricordare anche che sono a carico dei comuni le spese telefoniche ma non quelle per la trasmissione dati e fax”. Investito del problema da una lettera della Cgil scuola il Capo di Gabinetto del Miur ha dato a suo tempo riscontro indirizzando una Nota alla Direzione generale per l’Organizzazione dei Servizi nel territorio dello stesso Miur, invitandola a mettere in atto “ogni utile iniziativa eventualmente anche di concerto con il Ministero degli Interni volta a risolvere la questione”. “Ad ogni buon conto – aggiunge però il Capo di Gabinetto nella nota del 18 aprile 2003 – si ricorda che la questione degli oneri a carico degli Enti locali per il funzionamento delle scuole statali è stata autorevolmente risolta dal Consiglio di Stato il quale nella motivazione del parere n. 1784/96 del 25.9.1996, ha chiarito che “l’articolo 3 della legge 23 del 1996, adoperando l’espressione più ampia “spese varie d’ufficio” non ha fatto altro che ricomprendere tutto ciò che serve a far funzionare normalmente la scuola”, e si prega codesta Direzione generale di volere interessare il Ministero degli Interni al fine di sensibilizzare l’Anci sul problema segnalato” . E torniamo così all’autorevole parere del Consiglio di Stato del 1996. Punto e a capo. Nelle more delle soluzione di questo problema che ha non poche analogie con la vicenda kafkiana della tassa rifiuti si pongono allora due ordini di considerazioni. La prima riguarda il fatto che tutte le spese telefoniche delle scuole devono essere sostenute dai Comuni. La normativa infatti non fa distinzioni tra telefonate urbane o interurbane o in teleselezione. E’ corretta quindi la richiesta avanzata dal Coordinamento dei dirigenti scolastici di Milano che tutte le utenze telefoniche – necessarie per il funzionamento del servizio - siano a carico del Comune per intero, senza limitazioni di linea. Occorre tener presente infatti che buona parte delle telefonate per il conferimento delle supplenze riguarda oggi numeri extraurbani o cellulari (recapiti telefonici dei supplenti). Non solo: in molti plessi scolastici di Milano i telefoni non sono abilitati alle telefonate extraurbane. Quando è necessario reperire con urgenza un genitore (in caso di malessere o di incidente ad un alunno) spesso ciò non è possibile, non essendo abilitata la linea, con inevitabili difficoltà nell’avviso, ritardi, disagi, ecc. Resta aperto poi il problema delle spese per la trasmissione dati e fax: non sono da annoverare fra le “spese varie d’ufficio” ovvero fra le normali spese di funzionamento delle scuole? E, sul versante del funzionamento didattico, le spese per i collegamenti Internet nei vari laboratori di informatica? Non sono parte integrante e coessenziale della didattica? Chi se ne deve fare carico? L’Informatica non era uno dei capisaldi dello slogan-programma di questo governo? La seconda considerazione riguarda la questione specifica, sollevata dall’Anci, delle spese telegrafiche. Se i Comuni si rifiutano di sostenere queste spese distinguendole dalla normale telefonia, chi le paga? La scuola? Occorre allora in questo caso che da parte del Miur - com’é (o meglio: come dovrebbe essere) per la tassa rifiuti - arrivino appositi finanziamenti alle istituzioni scolastiche, altrimenti va a finire che queste spese rimangono a carico loro, senza fondi ad esse specificamente destinati. Insomma, ancora una volta, nel gioco del cerino tra amministrazione centrale (Ministeri) e amministrazioni locali (Comuni) le scuole rischiano di soccombere. Forse è il caso di chiarire definitivamente, come nel caso della Tarsu (peraltro ancora non del tutto risolto), questa questione per evitare inutili contenziosi fra le scuole e i Comuni. E soprattutto per evitare che siano le scuole pubbliche a rimanere con il cerino (e relativi oneri) in mano. Ma – verrebbe da osservare - le scuole statali non appartengono alla collettività/comunità locale? E i cittadini non pagano già le tasse per avere questo servizio pubblico? Gianni Gandola"








Postato il Sabato, 07 maggio 2005 ore 06:05:00 CEST di Silvana La Porta
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