Didattica e Multimedialità (riflessioni sul saggio di A. Maragliano "Tre
ipertesti su multimedialità e formazione")
di Carmelo Musumeci
Liceo Scientifico "E. Majorana" Scordia
Uno dei temi più dibattuti nella scuola italiana che dà motivo a non lievi
disorientamenti e a volte fraintendimenti è rappresentato dall'introduzione e
dalla pratica delle tecnologie multimediali in ambito didattico. A questo
riguardo, sono diffuse alcune idee comuni o peggio ancora persistono pregiudizi
che rendono deforme o generico l'approccio con il multimedia. Una riflessione
forzata, da parte del corpo docente si impone prepotente oggi da più punti: in
primo luogo, la sofisticata diversificazione dei linguaggi e l'epistemologia
scaturita dai mass-media nell'organizzazione della realtà, non può più essere
estranea ad una scuola che rischia molto spesso di impartire saperi che non solo
non sono utili ma negativi ai fini dello sviluppo di capacità critiche
nell'alunno che gli consentano di sapersi orientare all'interno della
complessità che caratterizza la società contemporanea; in secondo luogo tale
invito è stato ormai "sacralizzato" negli anni dai vari documenti od
intendimenti propositivi emanati da vari Ministeri, a cominciare della
"Commissione tecnico-scientifica incaricata dal Ministero della Pubblica
Istruzione, di individuare le conoscenze fondamentali su cui si baserà
l'apprendimento dei giovani nella scuola italiana nei prossimi decenni,
incaricata dall'ex ministro Berlinguer per definire "i saperi irrinunciabili"
che interessano la scuola, soprattutto quella di base, agli intendimenti
espressi dall'attuale governo in merito all'importanza del computer (si noti
come sembra essere passato in secondo piano, almeno nella terminologia adottata,
il concetto di multimedialità di fronte a quello più generale di computer o
informatica)
Di fronte a queste ampie sollecitazioni verso una nuova epistemologia didattica
e verso la multimedialità, si scopre una scuola il più delle volte diffidente e
maldisposta inconsciamente in relazione ai temi sopra esposti, anche se molte
sono state le scuole che hanno goduto delle opportunità di ammodernamento
tecnologico e di formazione offerte dal "Programma di sviluppo delle tecnologie
didattiche" per il periodo 1997/2000 e ultimamente i vari P.O.N e P.O.R. Negli
anni '60, il titolo di un famoso saggio di Umberto Eco (Apocalittici e
Integrati), servì a denominare le posizioni contrapposte degli intellettuali di
fronte ai mass-media ed alla cultura di massa. La realtà odierna sempre più
permeata dalla cultura di massa, le moderne teorie sulla comunicazione e sui
media sembrano di fatto aver ormai superato la contrapposizione classica esposta
da Eco trent'anni addietro, ma nella scuola italiana persistono ancora
resistenze ormai di natura semplicemente psicologica (la presunta paura di un
nuovo che non è in realtà più tanto nuovo) e spesso legate ad una didattica che
affonda le proprie radici in una impostazione idealistica e vetero-positivistica
d'origine ottocentesca, che privilegia la scrittura all'oralità ed una logica
ipotattica ad una paratattica.
In parole semplici, la spinta verso l'utilizzo delle tecnologie multimediali
crea ancora delle resistenze, o per meglio dire delle diffidenze a livello
individuale, in quegli insegnanti apocalittici più per abitudine che per
ragionata convinzione. In questi docenti, tali atteggiamenti sono costituiti per
lo più da una assenza di alfabetizzazione informatica (senza la quale è
impossibile cogliere le logiche di ciò con qui ci si confronta), o dal sentire
loro il compimento di un dovere professionale da compiere rispetto ad una
supposta deontologia dell'insegnante che genera ragionamenti del tipo: "prima o
poi ci si dovrà aggiornare se si vuol rimanere al passo con i tempi". Queste
posizioni di matrice apocalittica, benché dettate da buona fede, appaiono oramai
deboli ed epistemologicamente inadeguate alla scuola che la società esige. Tra
gli integrati, che fortunatamente sono ogni giorno più numerosi, vi sono
egualmente delle posizioni variegate. Molti intravedono nelle tecnologie e nei
linguaggi multimediali un uso giustamente strumentale delle macchine e dei
linguaggi connessi, che vengono concepiti come mezzi che giovano
all'apprendimento, che fanno risparmiare tempo e denaro, che consentono di
eseguire dei compiti complessi attraverso delle semplici operazioni. Sono
soprattutto gli insegnanti di discipline con un forte apparato
tecnico-scientifico ad accoglierne l'uso fin qui esposto. Altri ancora, ma sono
ben pochi, hanno accolto la logica cibernetica come possibile modalità di
riflessione su contenuti apparentemente estranei ad essa.
La forte crescita del mercato del software didattico e multimediale offre sempre
più un'ampia scelta di prodotti che oramai riguardano quasi tutte le discipline,
anche se spesso la qualità del prodotto non risponde all'uso didattico proposto;
dalla Fisica, che può proporre attraverso la multimedialità simulazioni di
esperienze di laboratorio, alla Storia dell'Arte che usufruisce della forte
componete iconica ed orale presente nelle tecnologie, vi è viva sempre più la
consapevolezza delle possibilità di un uso anche "puramente strumentale". Vi è
dunque un modo diverso, più serio ed impegnativo di intendere l'apporto delle
tecnologie e dei linguaggi multimediali alla scuola di oggi, che trascende l'uso
del mezzo come puro mezzo, per concretizzarsi invece in una epistemologia
critica che metta in luce i difetti del sistema formativo e che consente anche
delle nuove strategie al fine di rimodellare il rapporto tra docente e discente
e di quest'ultimo con i contenuti delle discipline di studio. Le posizioni fin
qui esposte ci offrono una panoramica indicativa della varietà di atteggiamenti
e dell'urgenza di chiarificare a livello di base (nel corpo docente), le
possibili implicazioni di una nuova epistemologia desunta dai media e le
ricadute pedagogiche che essa promette. Ultimamente, sembra che il livello
generale di dibattito circa i temi che riguardano al multimedialità decaduto
alquanto. Mi sembra che le implicazioni epistemologiche e didattiche sull'uso
dei media siano spesso messe in secondo piano rispetto all'aspetto prettamente
tecnicistico che riguarda l'uso delle nuove tecnologie. Mi aspetterei ad esempio
che in qualità di insegnante mi fosse impartita una formazione multimediale
riguardante anche gli aspetti cognitivi e psicologici che scaturiscono dall'uso
delle macchine, proprio perché in quanto docente dovrei essere cosciente di tali
dinamiche, ma i corsi di informatica per docenti sembrano essere ancora
organizzati tralasciando quanto detto. Probabilmente nel documento della
“Commissione dei saggi” traspariva questa esigenza di supporto psico-cognitivo
alla formazione multimediale. Aspetti interessanti ed innovativi di quel
documento sembrano non essere stati compresi; essi sono rimasti “lettera morta”.
Richiamerei l'attenzione su alcuni di essi sostenuti anche nel saggio di
Maragliano “Tre ipertesti su multimedialità e formazione” Laterza 1998:
La commissione dei Saggi
"Le tecnologie possono essere viste come veicoli. Oppure come ambienti di
formazione dell'esperienza e della conoscenza. Nel primo caso il loro apporto
alla formazione sarà puramente strumentale.[ ] Nel secondo caso il ruolo che
svolgeranno tenderà ad essere ben più impegnativo, anche e soprattutto sul piano
epistemologico."
Il richiamo ad una epistemologia creata dai mass-media che permette di cogliere
i dati della realtà in maniera fluida, non verticistica reticolare è chiaro. In
realtà, è tutta l'impostazione dei lavori della Commissione che ha evidenziato
fortemente, almeno nelle intenzioni, la necessità di affiancare ad una visione
del sapere di tipo organizzativo, verticistico, fondata sul testo scritto, altre
forme di sapere che la scuola ha posto erroneamente in antagonismo con le prime,
mentre sono invece perfettamente rispondenti ed indispensabili nella società
attuale caratterizzata da una strutturale componente massmediale, da continui
mutamenti che la scuola fatica a prendere tempestivamente in considerazione ma
che creano nell'alunno il bisogno di possedere capacità ed acquisizioni ben
diverse da quelle proposte dall'offerta scolastica tradizionale:
" la didattica che, in ordine all'organizzazione dei contenuti della formazione
scolastica, si apre tra un'impostazione curriculare affidata alla solidità dei
quadri disciplinari di base (gli elementi istituzionali delle materie
d'insegnamento), e una visione di tipo "reticolare", orientata ad individuare
criteri più mobili di aggregazione delle future conoscenze e competenze dei
giovani."
Il multimedia, dunque, oltre che a proporsi come strumento didattico, assume le
caratteristiche di una vera e propria epistemologia, come un "ambiente" dentro
il quale occorre sapersi muovere poiché è il medesimo ambiente generato dalla
società dei media, che non rispecchia lo stesso ordine dei saperi
istituzionalizzati, ma è invece caratterizzato al suo interno da dati, da "nodi"
che si configurano come parzialmente ordinati, come provvisori:
" La scuola è l'unica sede in cui si presentano in forma ordinata e
relativamente completa le "istituzioni" dei vari saperi, diversamente da quanto
accade per le informazioni più o meno occasionali e scoordinate che vengono
fornite da altre sedi. Ma questo stesso "disordine", che è proprio delle società
dell'informazione, agisce come specchio e generatore di una costante revisione
dei quadri istituzionali delle conoscenze. La scuola non può assistere inerte a
questo fenomeno. Le si potrà chiedere di darsi un assetto culturale all'interno
del quale la dimensione disciplinare e quella reticolare (dei saperi trasversali
e dei collegamenti fra le diverse aree) costituiscono i poli di un campo di
tensioni costruttive sostenute da un costante impegno di ricerca e di
proposizioni."
Multimedialità e formazione
Un utile contributo di approfondimento in relazione all'epistemologia
massmediale ed ai suoi rapporti con la formazione, ci viene dato dal
recentissimo saggio di Roberto Maragliano (coordinatore dei lavori all'interno
della Commissione dei saggi), che mette acutamente in luce numerose
problematiche critiche scaturenti dal rapporto società-pedagogia-multimedia. Il
libro è stato scritto in forma di ipertesto e raccoglie tre nodi principali con
numerosi rimandi interni che favoriscono una lettura oltre che lineare e
consequenziale anche reticolare ed aperta. I nodi principali sono i seguenti:
1)La multimedialità tra i rumori del mondo e i silenzi della pedagogia.
2)Una pedagogia esigente della multimedialità.
3)Considerazioni non in linea sulle diffuse preoccupazioni riguardo il rapporto
media-bambini-adulti.
Gli spunti di riflessione e di lavoro sono molteplici, comunque, ci è parso di
isolarne alcuni che possono rappresentare utili indicazioni di possibili
direzioni di ricerca.
La società odierna è il frutto di una trasformazione che la vede mutata nella
sostanza. Siamo di fronte ad una società inorganica, dalla forte componente
virtuale che ha una struttura mobile e fluida non comprensibile pienamente
attraverso gli strumenti esclusivamente organizzativi e fortemente strutturati
che la "scuola del libro e della scrittura" fornisce. Nuovi e più propri modi
interpretativi possono invece essere visti nell'assunzione del multimedia come
ambiente di lavoro:
"Assumere il multimediale come ambiente di lavoro, esattamente come la scrittura
è stata fin qui l'ambiente di lavoro (esclusivo) dell'azione scolastica. Cioè
ripensare-ridefinire i contenuti e le forme dell'insegnamento in un'ottica di
integrazione piena tra l'autorevolezza della macchina del sapere per eccellenza
(il libro) e la forza d'urto delle macchine dello svago e del coinvolgimento (TV
e cinema, ma anche videogioco)."
Si prospetta dunque non una sostituzione del libro di testo e di una scuola con
le logiche ad esso connesse, ma una integrazione costruttiva fra varie
dimensioni del sapere, quella lineare, analitica, consequenziale e logica del
libro e della scrittura e quella caotica, reticolare, sintetica, aperta ad una
molteplicità dei significati e continuamente rescrivibile, proveniente dalla
multimedialità. Se nei secoli passati la modalità di trasmissione culturale
passava inequivocabilmente attraverso lo scritto e la vista, senso ad esso
connesso e per lo più esplicantesi nell'abilità di decodifica e riproduzione dei
caratteri alfabetici che segue logiche sintattiche pressoché stabili, il
Novecento, ha visto il nascere di modalità diverse di trasmissione culturale ( i
media), la diversificazione dei linguaggi, la problematizzazione epistemologica,
la pluralità di senso e di significato del reale propria di un soggetto con
un'identità mobile, malleabile, diversificata.
La scuola non ha ancora preso atto dei cambiamenti epistemologici avvenuti e si
ritrova a trasmettere dei contenuti con un'impostazione tradizionalista ed
ottocentesca del sapere inteso esclusivamente come possesso di solide basi
slegate dal contesto contemporaneo. Una magnifica occasione sembra allora
offerta dal multimedia, non come semplice strumento di apprendimento, ma come
ambiente virtuale d'azione, di una virtualità non intesa grossolanamente come
semplice finzione, ma come ipotesi di lavoro:
"Insomma, il virtuale prodotto dalla rivoluzione digitale (come e forse anche
più di tutte le forme del simbolico, dalle immagini visive ai segni di
scrittura) lavorerebbe a costruire la nostra idea di reale, problematizzandola e
quindi decantandola dalle prerogative di empirismo cieco che ne caratterizzano
l'accezione più ingenua."
L'esempio del Tamagochi, del "pulcino virtuale", ad avviso di Maragliano,
costituirebbe uno degli esempi di come un bambino possa apprendere l'accudimento
attraverso un ambiente virtuale, assumendo un habitus che è al contempo serio e
giocoso. Inoltre il multimedia già di per sé evocherebbe richiami per sua natura
fondati sulla reticolarità, modo connettivo tra elementi della disciplina e tra
saperi diversi, in grado, come già affermato, di problematizzare l'assetto
soltanto ipotattico del sapere scolastico, per riformare in aderenza con i tempi
una scuola come la società ci chiede. Occorre allora letteralmente "rimbambinire
con il multimediale" o liberare la nostra parte analfabeta, cioè aprire la
scuola al mondo dell'immersione audiovisiva e non semplicemente scritturale.
Da questo breve sunto del saggio di Maragliano è facile capire come la nuova
ottica che si propone, o meglio che i tempi e la società hanno già imposto, non
sembra avere nella scuola una risonanza adeguata alla portata epistemologica che
reca in sé, se non nel semplice uso strumentale a cui spesso si è accennato. A
tal proposito, sottolineerei la presenza di un fenomeno abbastanza noto e
conosciuto nelle scuole superiori che attuano progetti sperimentali come per
esempio il "Progetto Brocca".
Nonostante il progetto offra nella sua lungimiranza numerosi spunti di didattica
reticolare e si apra al multimediale e all'interdisciplinarità, diversi docenti
continuano a stilare le loro programmazioni curriculari senza cogliere lo
spirito reticolare ed interdisciplinare (il quale trova un senso ancora più
pertinente nel reticolo) arrovellandosi in didattiche che non sanno rinunciare a
criteri pedagogici non esattamente all'avanguardia.
Molta strada, a mio avviso, resta ancora da percorrere poiché se è vero che il
processo di informatizzazione è ormai, anche se lentamente, avviato, poco è
stato detto di chiaro circa le implicazioni pedagogiche di una didattica
multimediale epistemologicamente consapevole e in grado di portare grossi
cambiamenti nel mondo della scuola.
Carmelo Musumeci