Nelle ore trascorse moltissimi titoli hanno fatto capire alla gente che c’era chiara intenzione negli esponenti di Governo di stabilire misure rigide, a latere della vicenda Berlusconi, per contrastare iniziative in Rete inneggianti la violenza, il proselitismo sfrenato e l’accessibilità di pagine ritenute a rischio.
Dopo alcune ore l’argomento, prima incentrato sulla scelta della via del decreto, si è convertito nella parolina magica DDL (disegno di legge). Un iter completamente diverso, di carattere “ordinario”, non avente alcun connotato di urgenza come quello che contraddistingue il decreto.
Scrive RaiNews24: “Nessun reato speciale, né interventi censori da parte del Governo sul web: quello che il ministro dell’Interno Roberto Maroni intende portare all’esame del Cdm di domani è un provvedimento che «consenta alla magistratura di rimuovere dal web le pagine in cui la magistratura stessa, e non il Governo, ravvisi un reato ad esempio di apologia o di istigazione». È lo stesso titolare del Viminale a spiegare ai giornalisti in Transatlantico la sua proposta, che oggi pomeriggio illustrerà anche al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano”.
Continua RaiNews24, citando le parole del Ministro Maroni: “«Noi vogliamo rasserenare il clima e evitare forzature che non sono opportune in questo momento. Per questo, dopo aver ascoltato vari esponenti dell’opposizione, io non ho obiezioni a che si proceda con un disegno di legge e non con un decreto per consentire al Parlamento di discutere una materia cosi’ delicata», ha detto Maroni, al termine di un incontro con il presidente dei deputati Pd Dario Franceschini. Il Governo potrebbe scegliere la strada di un ddl e non un decreto per i provvedimenti sul web”.
Medesima posizione è stata riportata anche dal quotidiano La Repubblica e da diversi altri giornali. Risulta a questo punto evidente, benché nessun media lo abbia evidenziato, che in qualche modo la voce della Rete è già arrivata nei palazzi del potere.
Continua, purtroppo, a insistere nei titoli un falso problema: “Maroni spiega che «sulla Rete devono applicarsi gli stessi reati che si applicano per giornali e tv». «Il problema – prosegue il ministro – non è evitare che ci siano gli insulti: questa è una regola di buon senso, ma non può essere lo Stato a impedirlo. Noi vogliamo che si evitino i reati. La libertà di espressione e quella di manifestazione del pensiero devono essere garantite – ribadisce Maroni – ma se un utente fonda un gruppo chiamato “uccidiamo Maroni”, ci troviamo davanti al reato di istigazione a delinquere. E se scrivo “quel tizio ha fatto bene a spaccare la testa al premier” può ravvisarsi l’apologia di reato», si legge sul Corriere della Sera.
Si potrebbe dire che non c’è da ravvisare l’apologia di reato: facendola breve e senza girarci intorno, nell’esempio essa c’è, punto. La questione da dirimere è un’altra, come sempre: le regole già ci sono, basta applicarle.
Ben venga, dunque, la strada di un disegno di legge se è l’unica alternativa a un decreto, certamente è un procedimento molto più democratico. Tenendo però presente che, come hanno ricordato l’AD di Telecom Italia Bernabè e il docente della Bocconi Tito Boeri, “Internet è il regno della libertà e non della costrizione – ha detto Bernabè – costringere Internet dentro un vincolo di tipo giuridico è una contraddizione in termini, significa non sapere che cosa è Internet e quale è la sua evoluzione. Penso che sia una notizia – ha concluso – destinata a fare strada per pochissimo tempo”. Sullo stesso tenore Boeri che definisce, nel corso del medesimo convegno, l’ipotesi di una stretta su alcuni siti internet una “operazione gravissima, che darebbe un segnale gravissimo anche dal punto di vista culturale e un messaggio pesante, anche per il clima che si respira nel nostro paese”.
Dunque, se proprio dev’esser DDL, che DDL sia, purché lo si disegni, una buona volta per tutte, non con la forza ma con la consulenza di chi, di Cose della Rete, ne sa abbastanza. Usando l’arma della comunicazione, proprio quella che deve regnare nelle reti sociali e in Internet stessa. Forse, così, ne verrà fuori qualcosa di utile. Altrimenti si rischia che, dopo il clamore delle prime ore, finisca nel dimenticatoio esattamente come è accaduto quando le cronache hanno parlato dell’allarme sui messaggi SMS spia, un fatto che il Presidente del Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica, Francesco Rutelli, aveva individuato come un “fenomeno massiccio, dirompente su cui non ci sono argini di risposta, sia tecnologici che normativi” e su cui bisognava “intervenire rapidamente mettendo nuove regole”. Intervento che, a quanto pare, non sembra ci sia stato, o almeno non certo con l’urgenza e la tempestività (e soprattutto l’efficacia) indicate da Rutelli. Infatti i negozi, virtuali e non, che vendono quei programmi spia, sono sempre là, al loro posto. Basta un clic per arrivarci. Esattamente come prima.
Marco Valerio Principato