Non è vero che c'è un momento, quando arriva la sera, in cui scrivere diventa un piacere come bere un caffè. Però in una redazione ci sono momenti, come il mattino, in cui scrivere è una vera fatica: intorno è un Vietnam di telefoni e parole, le frasi non ti vengono neanche in mente - figurarsi scritte - e nemmeno un paio di cuffie riesce ad isolarti tra pop di instant messenger che si aprono all'improvviso e gragnuole di email che ti arrivano nell'inbox.
Ed è proprio a questo punto che subentra di solito la sindrome della pagina bianca. Per fortuna oggi basta un ctrlA + delete per cancellare tutto e ripartire da capo, anche se quel vecchio rumore di carta sfilata dal rullo, e il clangore del ferro della macchina da scrivere sofferente allo sfregio creativo davano una soddisfazione ben più nichilista di un moderno "non salvare".
Per aiutare la concentrazione e la produttività mi hanno consigliato di usare DarkCopy un text editor su Web dall'interfaccia ultra minimale. Lo hanno battezzato il tool for distraction free writing, una specie di clone di Write Room pensato per chi ama la semplicità di una macchina da scrivere ma vive in un'epoca digitale. Li provo: non hanno quasi nulla a che vedere con word o similia. Un semplice schermo che ricorda quello di War Games - Giochi di Guerra (io lo uso nero, con le parole in verde) senza comandi per formattare, riquadrare, copiare o inserire oggetti. Roba appunto da assenza di distrazioni. Ma il mondo attorno a me permane, con il suo caos. Mi serve qualcosa che mi isoli oltre, che aiuti la mia concentrazione.
Così mi consigliano Ommwriter,l'editor di testo zen, sinestetico e multisensoriale. Lo hanno inventato e sviluppato in una agenzia di pubblicità di Barcellona, la Herraiz Soto & Co.per aiutare creativi, editor e copywriter a buttare tutte le loro energie sul foglio immacolato. Lo scarico, lo installo e lo provo: uno schermo bianco, lattiginoso, da inverno nella bassa padana, con due alberi scheletrici nell'angolo destro e un paesaggio innevato che si perde in lontananza. In sottofondo rumori di giungla, frusciare difoglie al vento, un ruscello che scorre su pietre di montagna e un gongzen (molto zen) ritmico e ossessivo.
Troppo ossessivo, scelgo un'altra "traccia" di sottofondo, un dripping di pianoforte che arriva da distanze siderali degno di Ryuichi Sakamoto: mi distraggo, soprattutto quando a catturare la mia attenzione arrivano anche gli archi. Provo allora con la traccia #5, un frinire di cicale a fine estate che accompagna il tic tic tic della mia digitazione insieme a scale e arpeggi di chitarra. Sento lo sfregamento delle dita sulle corde, e mi fermo ad ascoltarlo, perdendomi ulteriormente. Meglio allora l'ultima traccia, la #6, uno sciabordio di onde del mare sulla spiaggia, che potrebbe essere di un'isola deserta ai Caraibi come di Pinarella di Cervia in inverno ma poco importa: questo funziona, il mare rilassa, isola, focalizza i pensieri e li porta a destinazione.
Sono arrivato in fondo, il pezzo è finito ma ora, come faccio a salvare il file? (da wired.it)
Claudio Gervasoni