Il Tar del Lazio si è opposto alle classi-pollaio. Entro 120 giorni il ministero dell’Istruzione dovrà emettere il Piano generale di riqualificazione dell’edilizia scolastica, hanno sentenziato i giudici amministrativi accogliendo una class action che il Codacons definisce «la prima azione collettiva contro la pubblica amministrazione accolta in Italia». Poche ore dopo, la risposta del ministero: il ricorso è destituito di qualsiasi fondamento perché «le classi con un numero di alunni pari o superiore a 30 sono appena lo 0,4% del totale».Ha inizio un anno fa la storia del primo grande ricorso collettivo contro l’amministrazione pubblica mai accolto, quando l’associazione dei consumatori diffida i ministeri competenti (Istruzione, Interno, Economia, Innovazione) e gli Uffici scolastici regionali, ad adottare entro 90 giorni quanto previsto dalla legge in materia di formazione delle classi scolastiche.Numerose, infatti, erano state le segnalazioni di insegnanti, studenti e genitori per lamentare una diffusa inosservanza degli indici minimi di edilizia scolastica e dell’indice di massimo affollamento. I ministeri competenti avevano risposto accusando il Codacons di genericità e spiegando che il caso non era di loro competenza. Il Codacons aveva quindi chiesto l’intervento dei giudici amministrativi.La risposta è arrivata ieri. «Il maggiore affollamento delle aule e la relativa inidoneità delle stesse a contenere gli alunni in condizioni di sicurezza, salubrità e vivibilità - si legge nella sentenza - costituisce implicazione di carattere strutturale non risolubile attraverso misure di carattere meramente organizzativo, ma unicamente affrontabile attraverso una mirata riqualificazione edilizia degli edifici e delle aule». E poi, l’analisi impietosa: «A dispetto dell’imperativo legislativo, l’anagrafe non ha avuto, per lungo tempo, compiuta ed efficace attuazione». Tra un po’ infatti saranno venti anni che si è dato il via al progetto dell’Anagrafe.Per il Tar, il fatto che i ministeri competenti abbiano creato un elenco delle scuole in situazione potenzialmente critica, è «cosa diversa dal Piano generale di riqualificazione dell’edilizia scolastica e può qualificarsi ed al contempo giustificarsi solo quale misura urgente e provvisoria». In sostanza, nessuna misura definitiva è stata emanata; i ministeri dell’Istruzione e dell’Economia, dovranno emanare di concerto il Piano generale «entro 120 giorni dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza, all’uopo utilizzando le risorse strumentali, finanziarie ed umane già assegnate in via ordinaria e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica».
Il Codacons canta vittoria: «Ora il ministro Gelmini dovrà emettere un piano per rendere sicure le aule scolastiche ed evitare il formarsi di classi da 35 o 40 alunni ciascuna - dice il presidente Carlo Rienzi -. Se non lo farà saremo costretti a chiedere la nomina di un commissario ad acta che si sostituisca al ministro e ottemperi a quanto disposto dal Tar. Grazie a questa sentenza, docenti e famiglie i cui figli sono stati costretti a studiare in aule pollaio, potranno chiedere un risarcimento fino a 2.500 euro in relazione al danno esistenziale subito».Anche la Uil Scuola sta con il Tar. «Non avendo l’Anagrafe, il ministero nei suoi calcoli non tiene in conto parametri come la superficie delle aule ma si basa sulla semplice media che non è una fotografia reale della situazione». «La ministra - spiega Domenico Pantaleo, segretario generale della Flc Cgil - non si rende conto del rischio, perché in queste condizioni manca qualsiasi requisito di sicurezza».