Immaginate
una collana di perle: ogni singolo elemento
che la compone nasconde in sé una bellezza unica, un’importanza
introvabile in
natura, una individualità meritevole di rispetto in sé e per sé; eppure
il
risultato d’insieme è dei migliori: grazie al lavoro di un bravo orafo
l’accostamento è perfetto, merito di una continuità elegante e sobria
che la
rende un gioiello senza tempo.
Immaginate adesso la nostra Costituzione: legge fondamentale e
fondativa dello
Stato Italiano, elaborata e poi approvata dall’Assemblea Costituente il
22
Dicembre 1947, entrata in vigore l’1 Gennaio 1948, rappresenta la
conquista più
importante per un Paese come il nostro, uscito a pezzi dal secondo
conflitto
mondiale e dal totalitarismo fascista che l’aveva resa schiava nei
fatti e nel
pensiero. Ma la nostra Costituzione manifesta anche una svolta nel
panorama
delle Carte Fondamentali europee: diversa da una tipologia meramente
atomista,
individualista, di stampo occidentale e rousseauiano, ma altrettanto
lontana da
un modello statalista-hegeliano, la nostra Fonte delle Fonti compie un
passo in
avanti. Sceglie infatti di tutelare la persona umana cogliendo non
soltanto uno
degli aspetti in cui essa può esternare il suo agire, ma tutti;
attraverso il
riconoscimento infatti dei diritti individuali, sociali, ma soprattutto
dei
diritti di tutte le comunità intermedie, che vanno dalla
famiglia, alle
persone giuridiche, alla comunità internazionale, il miracolo è
compiuto. Non
un tassello della nostra vita di relazione resta scoperto da una tutela
e una
disciplina. Altro che gioiello allora,
stiamo parlando di un capolavoro.
La grandezza dell’operato dei padri costituenti si evince in maniera
palese da
due elementi portanti: la semplicità e completezza della struttura da
un lato,
la chiarezza del linguaggio dall’altro. Partendo dalla struttura
possiamo
dividere la nostra Carta in tre settori: il primo dedicato ai “principi
fondamentali” (artt. 1-12), il secondo incentrato sui “diritti e doveri
dei
cittadini” ( artt. 13-54), il terzo che definisce “l’Ordinamento della
Repubblica” , formato da Parlamento, Governo, Presidente della
Repubblica,
Corte Costituzionale e organi ad essi annessi ( artt. 55-139). Quanto
di più
immediato per chi cerca una risposta, insomma, per chi vuole capire
“come
funziona”.
Ma la struttura, per quanto essenziale e ben fatta, non avrebbe mai
potuto
aprire le porte alla conoscenza attraverso gli anni, se non grazie alla
massima
chiarezza del linguaggio.
Perché un testo sia leggibile e assimilabile, deve essere scritto in
maniera
piana, diretta e lineare; formato il più possibile su un vocabolario di
base, e
articolato in frasi che badino sicuramente più all’effetto che devono
sortire
che non alla lunghezza. Sembrano regole banali e ripetitive, ma in
realtà, soprattutto
nella lingua del Diritto, il messaggio da comunicare attraverso
leggi,
decreti, regolamenti e circolari sembra proprio essere diventato
“l’inaccessibilità”. Come se l’utilizzo di termini aulici, arcaici e
assolutamente oscuri e complessi conferisca ai testi e a chi li scrive
una
sacralità autocelebrativa che li distingue dalla massa; come se la
difficoltà
della ricerca di termini lontani dal reale sottolinei il potere in mano
a chi
detiene la conoscenza delle regole del gioco; col solo unico problema
che “il
popolo italiano”, primo vero e unico destinatario naturale del precetto
giuridico, risulta essere il primo
escluso. La bruttezza stilistica delle norme è collegata alla
ristrettezza culturale e alla chiusura ideologica, nonché al tentativo
di mascherare
l’una e l’altra. Del resto non c’è niente di più facile da capire che,
se ho le
idee chiare, le trasmetto in maniera diretta per far sì che chi ascolta
le
capisca e le faccia proprie. Avendo idee confuse o non avendone per
nulla, ma
convinto comunque dell’ importanza di far sentire una voce, tenterò
vuoti giri
di boa, contorti labirinti verbali confondendo me stesso e chi mi sta
davanti.
Fa sorridere constatare come questo incomprensibile andazzo giuridico
si sia
sviluppato in un momento di tranquillità politica e nazionale,
sicuramente
lontano dagli orrori delle due guerre, quando al contrario si aveva la
possibilità di guardare ai problemi del paese e alla loro risoluzione
in
maniera calma e ordinata. Anche per
questo la nostra Costituzione è un gioiello, un capolavoro; “perché è
nata da
un travaglio storico e ideale, da una fusione di visioni politiche e
culturali,
dall’incontro di forze molto diverse tra loro ma consapevoli del
rischio
connesso all’assenza di valori fondanti”come dice Carofiglio. Con tutta
la
facilità di accesso propria di chi ha in mente un modello volto a
coinvolgere
anziché isolare.
L’unico modo per tenere in piedi questo colossale tempio di giustizia,
sottraendolo alle smanie di modifica della politica celate sotto
esigenze di
naturale cambiamento, era assicurare alla Carta il carattere della
rigidità.
Solo imponendo una procedura “aggravata” davanti alle richieste di
cambiamento
delle norme costituzionali, -procedura che richiede una maggioranza
qualificata
(percentualmente maggiore di una maggioranza semplice, quindi più
difficile da
ottenere) nei voti espressi a favore della modifica da ciascuna camera
, con
due diverse delibere, a distanza di tre mesi l’una dall’altra- , siamo
riusciti
a salvare le fondamenta. È bene allora conoscere questo patrimonio di
libertà e
garanzie, e custodirlo come un vademecum vitae, come il Rosario per il
credente, come la mappa per il viaggiatore.
Eleonora
Savoca