Confermata dalla
Cassazione la condanna per diffamazione a carico di un prof che aveva
definito così la collega in uno scritto appeso a scuola - Dare
dell'ignorante al collega è reato. Lo ha confermato la Cassazione
(quinta sezione penale, sentenza n. 50831/2016, qui sotto allegata),
confermando la condanna per diffamazione a carico di un professore che
aveva affisso nei locali della scuola in cui insegnava uno scritto con
in calce la parola ignorante riferita ad una collega insegnante.
A nulla valgono le doglianze dell'uomo che denunciava inosservanza o
erronea applicazione dell'art. 595 c.p. con riferimento alla
sussistenza dell'elemento psicologico del reato e che sosteneva che
l'ignoranza evidenziata era relativa alla mancata conoscenza da parte
della collega fumatrice delle norme antifumo.
Per gli Ermellini, infatti, la sentenza della Corte d'Appello di Napoli
che aveva dichiarato colpevole l'uomo per il reato ex art. 595, primo e
terzo comma cp, condannandolo alla pena di 900 euro di multa oltre al
risarcimento dei danni per aver offeso la reputazione della donna, è
corretta e il ricorso è inammissibile. All'inammissibilità consegue
anche la condanna al pagamento di 2mila euro a favore della cassa delle
Ammende.
Si ricorda che, secondo l'indirizzo tradizionale della giurisprudenza,
"oggetto di tutela nel delitto di diffamazione è l'onore in senso
oggettivo o esterno e cioè la reputazione del soggetto passivo del
reato, da intendersi come il senso della dignità personale in
conformità all'opinione del gruppo sociale, secondo il particolare
contesto storico (cfr. tra le altre, Cass. n. 3247/1995). La tipicità
della condotta consiste nell'offesa della reputazione. E' dunque
necessario "nel caso della comunicazione scritta od orale, che i
termini dispiegati od il concetto veicolato attraverso di essi siano
oggettivamente idonei a ledere la reputazione del soggetto passivo"
(cfr., da ultimo Cass. n. 50659/2016).
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