Giorgio Vasari. Firenze celebra l'architetto, il pittore e il teorico
nei 500 anni dalla nascita. Cinquecento anni e non sentirli.
Architetto, pittore, teorico, Giorgio Vasari nacque ad Arezzo il 30
luglio 1511. Se ne celebrano i cinquecento anni dalla nascita, e la
riflessione sulla sua figura non può che trasformarsi in una
riflessione sulla sua attualità. Perché Vasari è fra noi molto più di
quanto si creda. Basti pensare che si deve a lui, primo storico
dell'arte, la gerarchia artistica che ancora ci influenza.
Firenze lo ricorda con un'importante mostra in cui gli Uffizi,
interessati da uno degli interventi più importanti nel nostro paese in
questo decennio, si concentrano sulla propria vicenda, che è quella di
un'impresa architettonica e urbanistica semplicemente geniale. «Vasari,
gli Uffizi e il Duca», fino al 30 ottobre 2011, presenta il Vasari
architetto, in quella che delle tante è forse la più ardimentosa
realizzazione.
Arezzo, da settembre, privilegerà il
Vasari pittore, ma un posto ci sarà pure per il teorico. Non che
Firenze se ne dimentichi, impossibile scindere i talenti. Eppure è lo
stesso Vasari che, come riporta in catalogo la curatrice Claudia
Conforti, massima esperta del Vasari architetto, antepone
un'illuminante frasetta alle sue «Vite» degli artisti: «Comincerommi
dunque dall'architettura, come dalla più universale e più necessaria ed
utile agli uomini, ed al servizio ed ornamento della quale son l'altre
due», che sarebbero le arti sorelle della pittura e della scultura.
L'architettura, infatti, è imprescindibile nella vita di una società
organizzata.
Il progetto urbanistico che ridisegnò
Firenze nel Cinquecento non poteva che nascere da una quasi simbiosi
fra l'architetto e il suo committente, quel Cosimo I che piegò l'anima
libera dei fiorentini ad un potere istituzionalizzato che neppure le
modifiche operate da Lorenzo il Magnifico avevano impresso. Gli Uffizi,
lo dice il nome stesso, sarebbero sorti come nuova sede accentrata di
tutti gli uffici amministrativi dello Stato. Non solo, ma avrebbero
unito, pur con un profondo radicamento nel tessuto medioevale, i centri
del nuovo potere, da Palazzo Vecchio a Palazzo Pitti, con quel
miracoloso camminamento che controlla, cela, sfugge, il Corridoio
Vasariano. Già violentato in occasione della visita di Mussolini e
Hitler, con lo squarcio di finestre panoramiche sul Ponte Vecchio, per
permettere all'illustre ospite di ammirare l'Arno, è ancora incerto nel
futuro dei Nuovi Uffizi, che lo vedrebbe trasformato in corridoione di
passaggio per il flusso turistico dagli Uffizi a Pitti. Altra
incognita: il futuro dell'uscita dei tanti visitatori, lì in piazza del
Grano, dove già un poetico progetto Michelucci aveva ipotizzato una
leggera struttura e un concorso internazionale avrebbe previsto una
loggia firmata dal grande architetto giapponese Arata Izosaki.
Aborrita dall'allora ministro Bondi,
istigato da Vittorio Sgarbi, come rea di turbare il magico equilibrio
delle logge del Vasari. Peccato che il progetto di Isozaki disegni una
loggia ben lontana da quelle del Vasari, proprio sul retro della
fabbrica degli Uffizi, che ora langue in un contesto trascurato. Lì
Vasari non aveva previsto nessuna uscita, gli Uffizi non erano nati per
accogliere una marea di visitatori. La trasformazione in galleria, e
pur sempre privata, si deve al figlio umbratile ed antipragmatico di
Cosimo, il granduca Francesco. Quell'architettura in qualche modo
duttile ha fatto sì che quell'edificio, capolavoro di per sé, si
plasmasse alla trasformazione per divenire scrigno di capolavori.
Ma la mostra non privilegia solo il dato
progettuale, scegliendo la via del racconto. Spesso intrigante, per far
rivivere quella corte dove il provincialotto Giorgio era visto dai
rivali come il parveneu che viene a rompere le uova nel paniere.
Dipinti, sculture, bronzetti, arazzi, disegni, libri, medaglie,
incisioni, tutto concorre a ricreare quel clima fertile e
contradditorio in cui nacque l'impresa. Un confronto impietoso con la
pochezza progettuale dell'oggi, a cui fanno però da controcanto le
suppliche e i lamenti di quanti si videro espropriare la casa o la
bottega per la gloria della Firenze dei granduchi.
Vasari, gli Uffizi
e il Duca
Firenze, Galleria degli Uffizi, fino al 30 ottobre 2011
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