In tanti anni a scuola ho dato grande e quasi esclusiva importanza alla normativa didattica. In questo, che “potrebbe essere” l’anno scolastico prima del mio pensionamento per vecchiaia, ho deciso di dare la precedenza alla comprensione della normativa amministrativa. Potrei addirittura rischiare di tediare i lettori (lavoratori della conoscenza) con interventi rubricali sul tema delle pensioni. Spero ne valga la pena. (Giovanni Sicali)
1.
Cosa è già stabilito dalla manovra sulle pensioni.
Sulle pensioni, la fonte primaria e gli ultimi punti fermi sono stati introdotti dal D.L 138/2011 del 13 agosto, convertito dalla legge 148/2011 il 14 settembre (G.U. n. 216 del 16-9-2011) si trovano all’art. 1°, cc. 16, 17, 21,22,23.
Il comma 16 proroga per il 2012-2014 la facoltà per le P.A. di risolvere unilateralmente (dopo 40 anni di servizio) il rapporto di lavoro con preavviso di 6 mesi.
Il comma 17 stabilisce che il dipendente può essere trattenuto oltre i limiti di età per decisione unilaterale dall’amministrazione.
Il comma 20 modifica dal 2016 l’allineamento graduale dell’età pensionabile del privato ai livelli già previsti per le lavoratrici del settore pubblico (65 anni).
Il comma 21. “Con effetto dal 1° gennaio 2012 e con riferimento ai soggetti che maturano i requisiti per il pensionamento a decorrere dalla predetta data all'articolo 59, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, dopo le parole "anno scolastico e accademico" sono inserite le seguenti: "dell'anno successivo". Resta ferma l'applicazione della disciplina vigente prima dell'entrata in vigore del presente comma per i soggetti che maturano i requisiti per il pensionamento entro il 31 dicembre 2011.”
Il comma 22 apporta le seguenti modifiche all'articolo 3 del D.L 798/1997 e alla legge 140/1997 (TFS e termini di liquidazione della pensione)
a) devono decorrere “ventiquattro mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro e, nei casi di cessazione dal servizio per raggiungimento dei limiti di eta' o di servizio previsti dagli ordinamenti di appartenenza (per collocamento a riposo d'ufficio a causa del raggiungimento dell'anzianita' massima di servizio prevista dalle norme di legge o di regolamento applicabili nell'amministrazione) decorsi sei mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro."
b) Restano immutate le precedenti norme per l’inabilita' derivante o meno da causa di servizio, nonche' per decesso del dipendente. Nei predetti casi l’ente previdenziale dovra' corrispondere il TFS nei tre mesi successivi alla ricezione della documentazione, decorsi i quali sono dovuti gli interessi.
Il comma 23 salva alcuni diritti acquisiti. “Resta ferma l'applicazione della disciplina vigente prima dell'entrata in vigore del comma 22 per i soggetti che hanno maturato i requisiti per il pensionamento prima della data di entrata in vigore del presente decreto (13 agosto?) e, (…) per i soggetti che hanno maturato i requisiti per il pensionamento entro il 31 dicembre 2011”.
2.
Schematicamente quindi le cose stanno così:
REQUISITI PENSIONISTICI:
- se maturati entro il 31/12/201, non si incorre nelle nuove penalizzazioni; se maturati successivamente si subisce il differimento di un anno scolastico della pensione e il ritardo nella corresponsione del TFR (passa a 6 mesi se pensionamento per vecchiaia e a 24 mesi se pensionamento per anzianità)
- fino al 31/12/2011 i requisiti per la pensione di vecchiaia sono: 40 anni contributivi o limiti di età (65 uomini e per le donne 61 con almeno 20 di contributi); dopo il 31/12/2011 e fino al 31/12/2012 i requisiti per la pensione di vecchiaia sono: 40 anni contributivi o limiti di età (65 anni uomini e donne);
- fino al 31/12/2011 il requisito per la pensione di anzianità è quota 96 (con non meno di 35 di contributi e 60 di età ); dopo il 31/12/2011 e fino al 31/12/2012 per la pensione di anzianità quota 96 (con non meno di 61 anni di età e 35 di contribuzione).
3.
Cosa cambierà? Il Parlamento ha affidato le modifiche a due ODG con
delega al governo.
*L’ Ordine del giorno, di cui si parla qui, corrisponde ad un atto di indirizzo, cioè un documento che ha carattere accessorio rispetto ad un altro testo (un disegno di legge) su cui deliberare. In questo caso l’Odg tende a precisare il significato della deliberazione principale, impegnando politicamente il governo sul modo in cui essa vada interpretata o si debba procedere alla sua applicazione*.
Se da una parte il ministro per l'Attuazione del programma, Gianfranco Rotondi, smentisce nuove misure sulla previdenza («il nostro sistema è uno dei più solidi al mondo») è vero che il 14 settembre u.s., il sottosegretario all'Economia, Alberto Giorgetti, ha accolto due ordini del giorno in materia. Il primo, presentato dal leghista Gianluca Pini impegna il Governo a scontare di un anno per ogni figlio naturale l'aumento del requisito per la pensione di vecchiaia delle dipendenti private. Più articolato il secondo odg accolto e che ha come primo firmatario Giuliano Cazzola (ex dirigente Cgil ora Pdl). Si propone quindi di inserire nella delega per la riforma fiscale e assistenziale - che il Parlamento dovrebbe approvare entro l'autunno - anche un capitolo previdenziale. Si partirà dall'armonizzazione finale dei requisiti di pensionamento con il superamento delle anzianità (sia per «quota» sia per chi ha 40 anni di contributi) e si proseguirà con il riordino delle contribuzioni figurative, dei criteri di acceso alla totalizzazione e alla ricongiunzione e di quelli per le pensioni ai superstiti.
Si va dal blocco delle “quote” all’aumento a 67 anni dell’età di vecchiaia. Il disegno di legge delega d’autunno accompagnerà la nuova legge di stabilità (l’ex Finanziaria). Con buona probabilità saranno introdotte le ulteriori correzioni alla normativa previdenziale. L’ipotesi numero uno resta l’intervento sull’anzianità, se si vuole essere consequenziali alle dichiarazioni del presidente del Consiglio fatte a Strasburgo (giorno 13 settembre u.s.), con la sollecitazione all’Ue affinché si faccia carico di chiedere a tutti i governi di innalzare l’età pensionabile. La via maestra resterebbe quella del blocco di almeno un terzo delle pensioni di anzianità (quelle che maturano con il meccanismo delle quote) introducendo quota 100 nel 2015 dopo aver anticipato “quota 97” il prossimo gennaio. Si salverebbero in questo caso dal blocco solo i pensionandi con 40 anni di contributi versati, anche se l’ordine del giorno propone di intervenire anche su questa forma di ritiro anticipato. L’altra ipotesi invece riguarda la pensione di vecchiaia, perché dopo il 2026 (quando andrà a regime l’obbligo dei 656 anni per le lavoratrici del settore privato) si potrebbe elevare per tutti l’età di “vecchiaia” a 67 anni. Si tratterebbe di riforme strutturali capaci di garantire forti riduzione di spesa.
Come scrive il Sole24Ore del 25 settembre, il governo si prepara ad approvare “un decreto light per la sviluppo da varare non prima del 6 ottobre o, più probabilmente, il 13. E’ un nuovo tentativo per aprire una breccia in cui inserire nuovi interventi sulle pensioni, a cominciare dalla rapida abolizione degli assegni di anzianità, provando ad agganciare un vagone previdenziale alla delega sulla assistenza già al vaglio del Parlamento”. Ma il governo deve fare i conti anche con i sindacati. Venerdì Cisl e Uil hanno risposto senza chiudere all'invito del ministro Sacconi alle parti sociali di raggiungere un avviso comune sulle pensioni. Il sindacato guidato da Raffaele Bonanni, in ha indicato nella concertazione (e non nell'avviso comune) la strada da percorrere per affrontare il capitolo previdenza. Un'indicazione che potrebbe favorire un percorso già ipotizzato da diversi ambienti della maggioranza: aggancio della previdenza alla delega assistenziale concertando con la parti sociali (e la Lega) le misure da adottare, in primis sull'anzianità e l'età delle donne, entro la fine dell'anno. (Fine della prima parte di una possibile rubrica)
Giovanni Sicali
giovannisicali@gmail.com