Padre Roberto Busa, gesuita, (cfr.
Wikipedia, Facebook, su Google:100mila risutati) ci ha lasciati martedì
9 agosto u. s.
Interessante il suo ultimo libro: Dal computer
agli angeli, Itacalibri e BVE, 2000. L’Autore sostiene che “Esistono
tre scalini per salire dal computer agli angeli: pensare in termini di
forze più che di cose; comprendere che organizzare è sapienza; non
dimenticare mai che intelligenza e sapienza sono di persone e hanno
origine in una Persona”.
Lavorò con i computer, iniziando con le
macchine a schede perforate, a Gallarate e Milano sino al 1967, poi per
due anni a Pisa col prof. A.Zampolli prima suo collaboratore, poi altri
due anni a Boulder nel Colorado, quindi nove anni a Venezia e dal 1980
di nuovo a Gallarate e Milano. Un calcolo sommario dice che così ha
messo in input/output almeno 500 milioni di record contenenti o una
riga o una parola.
Pioniere
dell'informatica linguistica, inventore dell«Index Tomisticus»,
anticipatore dell'ipertesto attivo di Internet 15 anni prima delle
ricerche di scienziati americani. Scienziato, intellettuale, studioso
di fama mondiale. La sua opera comincia negli anni '40, lungo 70 anni
di ricerca nella scienza che ha promosso e inventato, l'informatica
linguistica. Fu vero anticipatore dell'ipertesto attivo e di Internet,
già quindici anni prima delle ricerche degli scienziati americani più
noti come Nelson e Enghelbart.
La sua grande opera che ha richiesto almeno 40
anni di lavoro e ricerca è l'«Index Tomisticus», un'impresa in 56
volumi sorta con la collaborazione tecnica di Ibm, azienda che finanziò
e sostenne la sua ricerca direttamente per indicazione del suo
fondatore Tom Watson. E' stato tra i pionieri dell'uso dell'informatica
per l'analisi del testo, la lessicografia e la ricerca bibliografica.
Grazie all'opera da lui iniziata, la lessicografia e l'ermeneutica
testuale ricevono un contributo decisivo dall'informatica linguistica.
«Se navighi
in Internet, lo devi a lui. Se usi il pc per scrivere mail e documenti
di testo, lo devi a lui. Se puoi leggere questo articolo, lo devi, lo
dobbiamo a lui». Così, parafrasando un titolo ispirato
all’inventore della penicillina Fleming, Osservatore Romano del 10-8-11
ha reso omaggio a padre Busa. Nel 1949 «il gesuita s’era messo in testa
di analizzare l’opera omnia di san Tommaso: un milione e mezzo di
righe, nove milioni di parole (contro le appena centomila della Divina
Commedia). Aveva già compilato a mano diecimila schede solo per
inventariare la preposizione ’in’, che egli giudicava portante dal
punto di vista filosofico. Cercava, senza trovarlo, un modo per mettere
in connessione i singoli frammenti del pensiero dell’Aquinate e per
confrontarli con altre fonti. In viaggio negli Stati Uniti, padre Busa
chiese udienza a Thomas Watson, fondatore dell’Ibm. Il magnate lo
ricevette nel suo ufficio di New York. Nell’ascoltare la richiesta del
sacerdote italiano, scosse la testa: ’Non è possibile far eseguire alle
macchine quello che mi sta chiedendo. Lei pretende d’essere più
americano di noì. Padre Busa allora estrasse dalla tasca un cartellino
trovato su una scrivania, recante il motto della multinazionale coniato
dal boss - Think, pensa - e la frase ’Il difficile lo facciamo subito,
l’impossibile richiede un po' più di tempo. Lo restituì a Watson con un
moto di delusione. Il presidente dell’Ibm, punto sul vivo,
ribattè: “E va bene, padre. Ci proveremo. Ma a una condizione: mi
prometta che lei non cambierà Ibm, acronimo di International business
machines, in International Busa machines”. «È da questa sfida fra due
geni che nacque l’ipertesto, quell’insieme strutturato di informazioni
unite fra loro da collegamenti dinamici consultabili sul computer con
un colpo di mouse», che l’americano Ted Nelson definì soltanto nel 1965.
Scrive Francesco Ognibene su Avvenire.it : “E’ morto
l’informatico con la tonaca":
«Sono nullatenente», scherzava: e non c’era da stupirsene, considerato
lo stile di vita essenziale dell’infaticabile giramondo. L’uomo che ha
cambiato la storia dell’informatica “convertendo” il computer da
ferraglia buona giusto per far calcoli velocemente a protesi della vita
quotidiana con la quale dialogare viveva già immerso nello splendore
abbagliante del Logos che l’aveva affascinato sin dall’ingresso in
seminario nel 1928, trascinandolo in un’impareggiabile avventura
cristiana e scientifica. Di lui le biografie ufficiali ricorderanno –
giustamente – anzitutto i grandi meriti intellettuali e l’opera
anticipatrice nel campo delle nuove tecnologie applicate al linguaggio
e alle scienze umane, che ha fatto di lui il vero pioniere degli
ipertesti. Senza la sua ardita intuizione (parliamo del 1946) la storia
del computer avrebbe preso un’altra piega.
Ecco perché pochi storici dell’informatica ne
conoscono davvero i meriti, che invece tra i nomi che hanno fatto la
storia dell’industria tecnologica sono ben noti. Bill Gates e Steve
Jobs, Google e Facebook hanno schiuso altre soglie decisive, ma
arrampicandosi senza saperlo sulle spalle di questo gesuita imponente e
pacato che nulla lasciava all’improvvisazione crescendo generazioni di
studiosi con la sua inconfondibile pedagogia della pazienza e
un’intelligenza umanistica rimasta viva e contagiosa ben oltre i 90
anni. (…) Se esiste una santità tecnologica essa ha il volto di padre
Busa. Perciò inginocchiati anche tu, lettore, davanti alle spoglie
mortali di questo vecchio prete, linguista, filosofo e informatico. Se
navighi in Internet, lo devi a lui. Se saltabecchi da un sito all’altro
cliccando sui link sottolineati di colore blu, lo devi a lui. Se usi il
pc per scrivere mail e documenti di testo, lo devi lui. Se puoi leggere
questo articolo, lo devi, lo dobbiamo, a lui. Era nato solo per far di
conto, il computer, dall’inglese to compute, calcolare, computare. Ma
padre Busa gli insufflò nelle narici il dono della parola. (…)
La sua mente sembrava obbedire al linguaggio
binario, perché articolava ogni risposta per punti, dicendo «primo»,
poi «secondo», mai «terzo», e intanto contava sulle dita partendo dal
mignolo per arrivare al pollice, come fanno gli americani.
Padre Busa aveva le idee ben chiare sulle
origini della scienza informatica: «Una
mente che sappia scrivere programmi è certamente intelligente. Ma una
mente che sappia scrivere programmi i quali ne scrivano altri si situa
a un livello superiore di intelligenza. Il cosmo non è che un
gigantesco computer. Il Programmatore ne è anche l’autore e il
produttore. Noi Dio lo chiamiamo Mistero perché nei circuiti
dell’affaccendarsi quotidiano non riusciamo a incontrarlo. Ma i Vangeli
ci assicurano che duemila anni fa scese dal cielo”.
Giovanni Sicali
giovannisicali@gmail.com