Riportiamo un interessante articolo del nuovo ministro della pubblica
istruzione, Francesco Profumo, sul ruolo e l'importanza
dell'insegnamento scientifico e tecnologico.
"SCIENZA E TECNOLOGIA
La pianificazione dei processi e delle metodologie per la promozione
dell'apprendimento della scienza e della tecnologia ha come premessa
una precisa definizione degli obiettivi specifici dell'apprendimento in
tali domini.
In primo luogo occorre precisare i ruoli dello scienziato e del
tecnologo che sono spesso confusi nella comune accezione dei termini.
Pertanto, al fine di chiarire la semantica dei concetti rilevanti, è
certamente utile richiama-re le definizioni consolidate in letteratura.
La scienza rappresenta la conoscenza elaborata attraverso
l'osservazione della natura. Il termine ha origine dal latino
«scientia», che esprime semplicemente la «conoscenza» e dal tedesco
Wissenschaft, che esprime la conoscenza sistematica e organizzata.
Quest'ultima definizione ne offre una rappresentazione estesa ma
unitaria, non frammentata, completa nel lessico e nella semantica,
intesa come articolazione logica e organizzata di concetti. La scienza
ha come fine primario la produzione della conoscenza del mondo naturale
elaborata attraverso l'osservazione e costituita da concetti collegati
a teorie che possono essere validate o cambiate in funzione del
successo o del fallimento di ulteriori osservazioni. In sintesi la
scienza può essere descritta dallo stesso «metodo scientifico»: cioè il
processo usato per raccogliere i dati osservati nei fenomeni naturali,
indurre conclusioni generali, e infine verificare tali conclusioni a
fronte di ulteriori osservazioni. Essa generalmente evolve con modalità
non predicibili, lentamente e con discontinuità, producendo risultati
che si compongono di concetti, termini, equazioni. Essa non condiziona
direttamente la vita dell'individuo e il contesto sociale che lo
caratterizza.
Si noti che la rilevanza della scienza per il genere umano e per la
società viene percepito dagli individui attraverso la tecnologia, che
però non è scienza , così come la scienza non è tecnologia. Questo
termine trae origine dalle parole greche techne e logos: il primo
termine indica abilità, arte o mestiere, mentre il secondo indica il
discorso o le parole organizzate. L'analisi lessicale mette in evidenza
che la tecnologia corrisponde ad una pratica che si esplica nel dominio
del «fare», distinguendosi dalla scienza che è precisa, basata su
considerazioni teoriche consolidate, collocata nel dominio del
«sapere». Peraltro, pur non considerando la tecnologia come pura
organizzazione logica delle parole, non corrisponde alla realtà dei
fatti considerare la tecnologia come mera applicazione della scienza,
essa oggi si esprime piuttosto come la totalità di mezzi e delle
risorse impiegate dagli individui per realizzare altre risorse
materiali per la sussistenza e il benessere del genere umano. Questa
considerazione offre una prospettiva molto più ampia e significativa
delle articolate relazioni e interazioni che oggi esistono tra scienza
e tecnologia. Essa può essere pragmaticamente definita come il
tentativo pienamente consapevole di applicare la comprensione del mondo
naturale per il conseguimento di un fine materiale, quale ad esempio la
cura di una malattia, lo sviluppo di nuove armi, la messa a punto di
nuovi strumenti per raggiungere ed elaborare le informazioni, ecc. La
tecnologia, come la stessa evoluzione delle civiltà dimostra, può
incidere profondamente e velocemente sulla vita degli individui e sullo
sviluppo dell'economia e della società. Diversamente dalla scienza essa
è generalmente prevedibile in quanto il tecnologo muove la propria
azione a partire dalla chiara definizione di uno scopo e opera
utilizzando specifiche metodologie e risorse anche promuovendo il
consenso sui risultati conseguiti. Questa considerazione evidenzia che,
mentre la scienza può aspirare a un'essenza neutrale, altrettanto non
può accadere per la tecnologia, il cui fine è strettamente connesso al
«bisogno» e alla «necessità» dell'essere umano. Tecnologia è anche
potere: chi controlla la tecnologia infatti controlla direttamente il
vantaggio competitivo che da essa deriva.
Le interpretazioni della tecnologia come estensione dell'organismo
umano (Ernst Kapp, Grundiinien einer Philosophie der Technik, 1877),
come realizzazione e concretizzazione delle idee, come ente promotore
della riproduzione dei rapporti sociali capitalistici (Marx), sono
spesso ricomprese nella accezione classica della «tecnica».
Quest'ultima esprime generalmente un insieme di abilità pratiche che
permettono ad un soggetto di eseguire facilmente ed efficacemente una
determinata attività. Un ulteriore significato generalmente acquisito,
ma più esteso, è quello rappresentato da «tecnica», espresso in termini
di collettivo, che indica dunque uno spettro molto ampio di procedure
semplici corrispondenti alla precedente definizione.
Naturalmente, oggi, alla luce delle effettive proprietà manifestate
dagli attuali scenari socio-economici, tali accezioni risultano
manifestamente riduttive e non rappresentative dei fenomeni
multilivello che caratterizzano lo sviluppo delle moderne tecnologie.
La crescita della complessità dei sistemi interagenti nelle moderne
strutture economiche e sociali rende inevitabile una rilettura
delle caratteristiche della tecnologia classica secondo alcune linee
guida riconducibili agli orientamenti e ai paradigmi funzionali,
metodologici, strutturali, ontologici e formali sviluppati
primariamente nel contesto delle cosiddette «nuove tecnologie».
L'analisi del contesto tecnologico degli ultimi cento anni secondo
prospettive connesse alla rilevanza della formazione» e della logica di
«sistema» evidenzia, oltre alla naturale particolarizzazione delle
competenze un accelerazione enorme in termini di crescita del peso dei
fattori interdisciplinari che stanno rivoluzionando gli stessi processi
di sviluppo tecnologico.
Le competenze dei singoli tendono sempre più a verticalizzarsi in
termini di specializzazione tecnologica (si pensi ad esempio alle
esigenze di un impresa di biotecnologie all'atto della definizione dei
processi di produzione di un nuovo prodotto), ma, nel contempo, per
favorire l’inserimento di ciascun soggetto in una squadra operativa e
nell'organizzazione stessa dell'impresa, devono crescere anche le
competenze relazionali, economiche e di contesto.
Un'interessante rappresentazione di quanto esposto può essere offerta
proprio dall'ingegneria che, nella riconosciuta funzione di strumento
atto a soddisfare le esigenze tecnologiche del sistema produttivo, nel
corso dell’ultimo secolo ha adeguato i propri paradigmi adattando i ali
evoluzione della stessa tecnologia e assumendo inoltre il ruolo di
artefice e promotrice degli ulteriori sviluppi scientifico-tecnologici.
L'ingegneria tradizionale aveva come oggetto lo studio e lo sviluppo di
manufatti meccanici, chimici, civili oltre ai processi ad essi connessi.
L'ingegneria attuale estende i propri obiettivi a contesti quali
l’informatica e la biologia, la gestione delle imprese e dei sistemi
complessi. In questi ambiti tecnologici l'uso del termine manufatto
diventa critico. Infatti mentre un calcolatore o un dispositivo di
controllo può essere ricondotto al concetto di manufatto, più difficile
è usare tale termine per indicare la clonazione applicata ad essere
viventi, la produzione di enzimi, un software di gestione.
Nella realtà scienza e tecnologia possono essere considerate come facce
di una stessa medaglia che interagiscono costantemente: una - la
scienza - esprime la potenza della comprensione dei fenomeni naturali
proprio attraverso la loro descrizione formale, la seconda - la
tecnologia - rappresenta a potenza dell'uso di quelle descrizioni per
elaborare applicazioni e strumenti.
Questi ultimi possono essere a loro volta promotori di accelerazioni
improvvise della scienza, essendo parte integrante e determinante del
«metodo scientifico»: osservazione, ipotesi, esperienza e validazione.
L'evoluzione della tecnologia, dunque, si basa in modo significativo
sia sulla tecnologia sia sulle conoscenze scientifiche esistenti. La
scienza e la tecnologia si sostengono vicendevolmente attraverso
complesse e articolate interazioni. La tecnologia dipende dalla scienza
per quanto concerne la conoscenza della proprietà dei materiali,
dell'energia e la descrizione del comportamento delle forze naturali,
mentre la scienza dipende dalla tecnologia per gli strumenti, per le
attrezzature, per la preparazione dei materiali, per l'elaborazione e
la diffusione dell'informazione e anche per la capacità di suggerire il
punto di partenza di nuove ricerche.
Nonostante la stretta correlazione tra scienza e tecnologia, le
organizzazioni che competono negli scenari socio-economici hanno la
necessità di elaborare con chiarezza le strategie di ricerca e
sviluppo. I termini ricerca e sviluppo possono in prima approssimazione
corrispondere ai termini scienza e tecnologia, pertanto la definizione
della strategia dipende dalla posizione che l'organizzazione intende
assumere sull'asse che raccorda la scienza alla tecnologia. Se la
posizione è prossima all'estremo scienza, maggiore enfasi verrà
attribuita alla ricerca di base, mentre se la posizione è in prossimità
dell'estremo tecnologia, preponderante sarà l'attenzione alle
applicazioni della scienza. Le dinamiche di sviluppo dei sistemi
sociali mostra che i centri di ricerca, i laboratori, tutte le
organizzazioni che in qualche modo sviluppano alta tecnologia come
prodotto, hanno l'esigenza costante di essere alimentati da programmi
di ricerca scientifica al fine di adeguare continuamente le strategie
per lo sviluppo di nuova tecnologia. Per contro le organizzazioni che
producono beni e servizi devono pianificare invece strategie di
applicazione delle nuove tecnologie nell'ambito della catena del valore
del prodotto.
APPRENDIMENTO DELLA SCIENZA E DELLA TECNOLOGIA
La complessità degli scenari tecnologici ha reso impraticabile lo
sviluppo di un unico impianto formativo rendendo indispensabile
nell'ingegneria la definizione di figure professionali ad elevato tasso
di specializzazione, ciò per consentire il raggiungimento degli
obiettivi professionali sostenibili in un periodo formativo adeguato.
Tale esigenza si è manifestata in modo equivalente in tutti i Paesi ad
elevato tasso di industrializzazione ed è la diretta conseguenza del
fatto che ogni contesto tecnologico-professionale ha sviluppato
necessariamente propri paradigmi metodologici, funzionali, strutturali,
ontologici e formali. Un esempio significativo nel settore
dell'informazione è dato dall'elettronica e dall'informatica: ciascuna
delle due aree tecnologiche può differenziarsi ulteriormente in
funzione del profilo professionale. Nel caso dell'elettronica infatti i
profili si differenziano in modo significativo se la specializzazione è
in elettronica circuitale piuttosto che in campi elettromagnetici e
antenne, altrettanto accade nell'informatica a seconda che il profilo
sia definito per il software di base piuttosto che per il software
applicativo.
Inoltre il sistema delle formazione deve rispondere ai diversi livelli
di qualificazione delle risorse umane utili da un lato a promuovere
nuovi paradigmi scientifici, dall'altro a sviluppare nuove tecnologie e
predisporre l'applicazione di queste ai prodotti e ai processi di
produzione.
Considerando l'asse di raccordo tra i vertici che rappresentano la
scienza e la tecnologia, l'università, nella prospettiva delle scienze
matematiche e fisiche, della chimica, dell'informatica teorica, si
colloca in prossimità del-
l'estremo scienza, mentre Ingegneria può collocarsi al centro in quanto
espressione di un contesto in grado di promuovere nuovi paradigmi nella
scienza dell'ingegneria e nella tecnologia.
Nel dominio della formazione superiore si colloca anche distruzione e
formazione superiore» che sull'asse può essere posizionato in
corrispondenza dell'estremo «tecnologia». La figura seguente illustra
la posizione relativa delle diverse tipologie di percorso
universitario, di istruzione superiore e di scuola secondaria superiore.
Si noti che l'università, in considerazione della presenza di un
impianto metodologico e teorico tende a posizionarsi verso la scienza.
Per contro, il percorso di istruzione e formazione superiore, per sue
caratteristiche, viene posizionato in prossimità dell'estremità
«tecnologia». Analogamente si è proceduto alla classificazione dei
percorsi di scuola secondaria superiore, posizionando gli istituti
tecnici in corrispondenza della tecnologia, mentre i licei scientifici
e più ancora i licei classici tendono a posizionarsi verso l'estremo
«scienza».
PERCHÉ L'APPRENDIMENTO SCIENTIFICO E TECNOLOGICO
I sistemi economici, nel nuovo scenario internazionale, fondano la loro
competitività sulla produzione, la diffusione e l'utilizzazione di
nuove conoscenze.
Occorre perciò realizzare le condizioni affinché l'innovazione sia
alimentata dalla ricerca, dalla disponibilità di capitale umano
qualificato e dalla capacità di utilizzare le nuove conoscenze per lo
sviluppo.
La rapidità con cui queste conoscenze si generano e si diffondono, dà
luogo ad un mondo più competitivo ed interdipendente. Non solo le
tradizionali produzioni manifatturiere, ma anche i servizi, i
trasporti, la distribuzione, I la finanza, le assicurazioni, la salute
e la formazione richiedono nuove conoscenze e l'impiego di personale
con un'elevata qualificazione.
L'Italia, per essere sempre più competitiva con la propria economia sui
mercati internazionali, deve attrezzarsi con autonome capacità
scientifiche e tecnologiche e acquisire i vantaggi offerti dal
progresso scientifico e tecnologico collegato a nuovi campi di ricerca,
ad esempio come quelli delle info tecnologie, biotecnologie,
nanotecnologie.
Sarà quindi necessario sviluppare:
• opportunità di crescita dei settori industriali high teck concorrenti
a diversificare, nel medio-lungo periodo, il sistema produttivo
nazionale;
• maggiore competitività delle aree produttive esistenti,
rivitalizzandole e rilanciandole attraverso una capillare diffusione
delle tecnologie, chiavi abilitanti di innovazione di prodotto, di
processo e organizzative.
I settori nei quali il nostro sistema industriale si è specializzato
hanno una spesa per la ricerca, rispetto al valore aggiunto di settore,
da due a quasi quattro volte inferiore alla media europea. La
dimensione delle imprese incide e rischia di limitare la competitività,
sempre più legata ai contenuti innovativi dei prodotti e dei processi.
LE RETI TERRITORIALI PER L'INNOVAZIONE
Negli ultimi anni si registra un crescente impegno delle imprese
nazionali a investire in ricerca e innovazione anche attraverso il
potenziamento della formazione superiore che trae linfa per la propria
funzione proprio dai risultati della ricerca di base, applicata e dal
trasferimento tecnologico.
Su questa base occorre agire secondo alcuni assi di intervento:
• sostegno alla ricerca focalizzato su settori prioritari connessi a
filiere produttive;
• sviluppo di logiche di valutazione/selezione ex ante;
• rafforzamento dei progetti in programmi multilaterali;
• accordi bilaterali con istituzioni presenti in Paesi strategici;
• potenziamento della presenza nel VII PQ e Quadro Comunitario di
Sostegno;
• potenziamento dei laboratori-pubblico privati;
• industrial liaison-office nelle università e nei centri di ricerca;
• creazione di nuovi laboratori di alta tecnologia;
• aumento del numero dei ricercatori;
• preparazione di un numero adeguato di tecnici superiori in grado di
interpretare il linguaggio dell'innovazione di prodotto, processo e di
sistema;
• sostegno ai programmi strategici delle università integrate nel
territorio di riferimento nella logica dello sviluppo «giocale»;
• sostegno allo sviluppo delle filiere formative fondate sul raccordo
tra università, istruzione superiore, formazione professionale, ricerca
applicata e impresa;
• azioni per la diffusione della cultura scientifica e tecnologica;
• miglioramento qualitativo e quantitativo del dottorato di ricerca;
• sviluppo delle interazioni tra attori pubblici e privati;
• sostegno alla promozione della cultura della proprietà intellettuale;
• finanza innovativa.
INNOVAZIONE NELL'ISTRUZIONE E NELLA FORMAZIONE: L'ESEMPIO DELLA
«CITTADELLA POLITECNICA»
II tratto distintivo dei recenti indirizzi di politica di sostegno alla
crescita e all'innovazione, su scala sia nazionale sia locale, è il
ruolo centrale dell'istituzione accademica nei processi di sviluppo.
Alla lodevole riscoperta del ruolo della ricerca e della formazione
universitaria si è tuttavia spesso accompagnata una eccessiva tendenza
ad attribuire al sistema universitario impropri obiettivi di politica
industriale, con conseguenze poco virtuose, sia dal punto di vista del
raggiungimento degli obiettivi stessi sia dal punto di vista della
capacità dell'istituzione di svolgere i compiti che costituiscono le
priorità della propria missione istituzionale. L'ibridazione della
missione dell'istituzione è quindi avvenuta con modalità spesso
disorganiche e in parziale assenza di una visione sistemica del ruolo
che la ricerca e la formazione svolgono rispetto al tessuto economico e
sociale, perturbando in senso negativo il fragile equilibrio che regola
un sistema virtuoso di relazioni tra università, impresa, società e
sistema politico.
Si sono quindi imposti modelli e politiche di sviluppo di natura
fortemente autoreferenziale, scarsamente coerenti con le
caratteristiche strutturali dei contesti locali ed ispirate ad
un'eccellenza industriale e scientifica spesso presunta. Sia esempio di
ciò l'ossessiva ricorrenza del tema del trasferimento tecnologico come
motore di sviluppo locale, in un'accezione parziale ed anacronistica
che identifica nello scarso contatto tra domanda e offerta di
conoscenza qualificata, di cui si postula l'esistenza, l'unico elemento
di criticità del sistema e - di conseguenza - l'unica possibile
dimensione di intervento. Di qui, da un lato, un proliferare di
iniziative volte alla realizzazione di contiguità coatte tra sistema
della ricerca e sistema industriale, quei parchi, incubatori e
iniziative di alfabetizzazione tecnologica, dall'altro 1'assenza totale
di attenzione alle numerose e diverse dimensioni in cui la contiguità
tra sistema accademico ed industriale si traduce in trasferimento di
conoscenze, tecnologie, valori, modelli di comportamento e di governo:
la formazione universitaria di secondo e terzo livello, la formazione
continua, lo scambio reciproco di formazione tra università e impresa,
i laboratori condivisi, la mobilità università-impresa dei ricercatori
e dei dottorandi, la presenza di grandi laboratori privati di ricerca
nello spazio fisico delle università, le iniziative di visibilità verso
il sistema finanziario, la creazione di terreni comuni di socialità e
lavoro tra la città, le imprese e il sistema formativo, l'innalzamento
della qualità e degli standard di vita degli studenti, commistione di
programmi e strutture di formazione ispirati a paradigmi: diversificati
e trasversali.
Questi ultimi elementi compongono la visione che ispira il nuovo ruolo
che il Politecnico intende interpretare nella costruzione di un modello
condiviso di sviluppo locale, nella consapevolezza che sia ormai
indifferibile la necessità di restituire la ricerca, l'innovazione e la
formazione al tessuto economico e sociale della Regione. Questa volontà
si realizza concretamente nel disegno della Cittadella Politecnica,
motore di un modello di innovazione e sviluppo che ambisce a tornare ad
essere corale e non trainato (sporadiche punte di eccellenza, traendo
valore dal contesto e soprattutto restituendolo attraverso politiche di
inclusione, formazione continua, trasferimento tecnologico,
integrazione urbana, qualità sociale.
L'ottimismo che deve accompagnare la concezione del modello di sviluppo
locale di cui la Cittadella si candida ad essere elemento costitutivo,
affonda le sue radici nella consapevolezza che il sistema piemontese
dispone, ancora oggi, di un insieme di asset distintivi e di un
portafoglio di competenze e risorse intangibili difficilmente
compresenti in altri contesti locali. A ciò si aggiunga la peculiare
caratteristica del sistema universitario piemontese che coniuga la
presenza di tre atenei di grandi dimensioni, in cui nel complesso
studiano e vivono 110.000 studenti, con un basso livello di
conflittualità e rivalità interna tra gli atenei stessi, grazie alle
caratteristiche di complementarità dell'offerta didattica e delle
attività di ricerca. Tale assetto offre spazi di interazione strategica
tra gli atenei difficilmente rintracciabili in altri contesti locali.
E quindi legittimo e non irrealistico, su queste basi, formulare per la
città e per la Regione nel suo complesso un'ipotesi di rinnovata
leadership scientifica, tecnologica e culturale. Proprio da tale
consapevolezza, tuttavia, deve nascere la volontà di fondare le scelte
progettuali su una severa analisi delle debolezze e delle criticità del
sistema, scoraggiando qualunque tentazione di cedere a ricette intrise
di esteriorità politica, indulgendo alle sole formulazioni retoriche di
cui l'economia della conoscenza è così profondamente intrisa. Non vi è
infatti, nell'enorme corpus di letteratura economica sul tema, una sola
evidenza che testimoni che la sola presenza di un ricco ed articolato
sistema di saperi costituisca una condizione sufficiente per sostenere
lo sviluppo locale. Al contrario, la complessità del contesto in cui si
genera la conoscenza costituisce spesso, di per sé, un grande motore di
sviluppo locale: essa, se opportunamente governata, consente di
attivare i processi virtuosi che sono stati, storicamente, alla base
dei differenziali di competitività tra sistemi locali.
Gli atenei, così come il sistema industriale e politico, si cimentano
oggi nel difficile esercizio di dover realizzare congiuntamente e
conciliare politiche di sopravvivenza e politiche di sviluppo,
orizzonti di breve termine e nuove prospettive. Ciò è possibile solo
attraverso un'alleanza salda e sinergica tra sistema della ricerca e
della formazione, industria e società. La Cittadella Politecnica si
candida ad essere lo spazio fisico e virtuale in cui tale alleanza
trova compimento e dispiega la sua forza propulsiva.
IL PROGETTO DELLA «CITTADELLA POLITECNICA»
II progetto della Cittadella Politecnica nasce dalla volontà di
affiancare agli sforzi di natura immobiliare sostenuti dall'ateneo
negli anni scorsi, ulteriori elementi qualificanti che connotino l'area
del Politecnico non solo come luogo di apprendimento e di ricerca
accademica, ma anche come attrattore di importanti investimenti in
ricerca di grandi multinazionali, di trasferimento tecnologico verso il
sistema delle piccole e medie imprese, di servizi al territorio, di
aggregazione sociale e studentesca, di riqualificazione urbana.
La visione strategica che si intende profilare trova una solida base di
appoggio nella elevata centralità dell'area non solo rispetto alla
città di Torino, ma anche rispetto alla città metropolitana e
all'intera Regione, come uno dei nodi di maggiore accessibilità e
rappresentatività nella rete dei nodi metropolitani: adiacente alla
nuova stazione internazionale di Porta Susa dotata di attrezzature
dell'intermodalità e alla stazione della prima linea di metropolitana,
compresa tra grandi assi di viabilità serviti da linee del trasporto
pubblico, inserita in uno degli ambiti di generale ristrutturazione
fisica e funzionale in corso di completamento, quest'area gioca un
ruolo di primo piano nel processo di cambiamento strutturale e di
immagine di Torino.
Con le finalità richiamate, nella grande area ex OGR, posta lungo la
Spina Centrale che struttura la città di domani, la Cittadella
Politecnica si apre all'esterno, negli spazi per agganciare le funzioni
urbane progettate per l'intorno, nelle funzioni per far entrare città e
cittadini nella vita dell'università, nei soggetti per integrarsi con
le forze economiche, culturali e sociali nel progetto di rigenerazione
urbana e nello sforzo di promozione di nuovo sviluppo. In questa
visione, nell'area si prevedono spazi per attività produttive,
direzionali e di servizio alle imprese, all'università e ai cittadini,
collegate alla ricerca e alla didattica, in stretta sinergia con le
istituzioni locali, i soggetti economici orientati all'innovazione, le
forze culturali e sociali vive della città e della regione, per dare
vita ad una azione collettiva di sostegno allo sviluppo.
Il progetto della Cittadella Politecnica, pur avendo nel campus di
Torino la sua sede principale, è fortemente orientato a disegnare un
nuovo ruolo e una nuova strategia del Politecnico di Torino sul
territorio regionale nel suo complesso, estendendo e radicando la
propria presenza attraverso un modello di ateneo a rete. Il modello a
rete si fonda sulla creazione di Poli decentrati, fortemente
caratterizzati nella missione, nella specializzazione e|
nell'integrazione con il tessuto sociale, economico ed industriale in
cui essi operano. Attraverso il modello dei Poli decentrati, il
Politecnico si propone di offrire al territorio la massima visibilità
sulle proprie attività, assicurandosi nel contempo una prospettiva
privilegiata sulle diverse realtà sociali, economiche e industriali che
compongono il territorio piemontese.
Gli obiettivi strategici della Cittadella Politecnica sono
identificabili nei punti seguenti:
• connotarsi, nella sede torinese e nei Poli decentrati, come centro
multifunzionale, con una missione articolata in quattro dimensioni
fondamentali: informazione, la ricerca, il trasferimento tecnologico e
i servizi al territorio;
• aprirsi verso la realtà locale, offrendo occasioni di creazione e
condivisione di cultura non solo tecnologica, attraverso seminari,
conferenze ed eventi culturali, sulla base della consapevolezza che la
creazione di modelli imprenditoriali di successo si fonda sulla
compresenza di solide basi tecnico-scientifiche e importanti componenti
di cultura e formazione umanistica;
• integrarsi con il tessuto urbano della città, attraverso l'offerta di
servizi: una grande biblioteca, un nuovo teatro, servizi urbani e
regionali, residenze universitarie, luoghi di intrattenimento e
socialità;
• ospitare e animare iniziative volte a favorire la consapevolezza
sociale della scienza, della tecnologia e dell'innovazione, orientale
in particolare a sostenere l'emergere di una vocazione locale agli
studi tecnico-scientifici e a connotare il territorio come luogo di
tecnologia e innovazione, sostenendo in tal modo l'attrattività del
sistema locale verso studenti non piemontesi;
• essere il motore del posizionamento di Torino come città
internazionale nel periodo postolimpico, mettendo a sistema le risorse
acquisite e dando continuità all'investimento ed allo sfruttamento
delle stesse. In questa fase, il contributo del Politecnico si declina
in diverse dimensioni: il contributo ad identificare e sostenere un
nuovo modello di sviluppo del territorio, il rafforzamento della
dimensione internazionale della città attraverso l'attrazione di
talenti e risorse umane qualificate e la promozione del sistema locale
attraverso i cosiddetti «ambasciatori del territorio», gli studenti non
piemontesi che hanno trascorso una parte non trascurabile del loro
periodo di studi nella Cittadella;
• favorire l'insediamento di campus aziendali di medie e grandi aziende
attraverso la combinazione di diversi fattori di attrazione: una massa
critica di risorse umane di alta qualificazione e specializzazione, la
creazione di condizioni fiscali e agevolazioni all'investimento, la
messa a disposizione di canali di interlocuzione privilegiata con le
istituzioni locali, la fornitura di servizi reali, la creazione di una
business communio, l'offerta di servizi complementari indirizzati ai
dipendenti quali quelli sanitari ed educativi;
• creare infrastrutture tangibili e intangibili per il sostegno a nuove
imprese technology-based. In particolare, le tradizionali politiche
basate sull'intervento immobiliare vengono integrate dall'offerta di
servizi reali e di sostegno, quali la consulenza scientifica,
l'assistenza nella tutela della proprietà intellettuale, il technology
scoutmg, la ricerca dei finanziamenti, l'interazione con i mercati
finanziari, l'analisi dei mercati e il business planning;
• sostenere la creazione e l'aggiornamento delle competenze
nell'industria locale, attraverso una sistematica e strutturata offerta
di formazione permanente, nella forma di corsi di qualificazione
professionale e master specifici per imprese del territorio;
• creare una classe dirigente ed imprenditoriale locale, sia attraverso
il completamento in senso gestionale e manageriale della preparazione
dei laureati di discipline tecnico-scientifìche, sia attraverso il
sostegno diretto di esperienze di soggiorno prolungato fuori sede,
finalizzate alla sprovincializzazione dei modelli culturali di
riferimento, alla diversificazione del comportamento sociale ed alla
creazione di una rete estesa di relazioni umane e professionali
privilegiate;
• dare spazio e privilegiare iniziative di formazione multidisciplinari
e trasversali, in collaborazione con gli atenei piemontesi, nella
consapevolezza che la difficoltà con cui, nelle università scientifiche
torinesi, si sono intrecciati saperi umanistici e saperi
tecnico-scientifici è alla base della crisi di vocazione innovativa ed
imprenditoriale di cui il territorio soffre così aspramente;
• definire un quadro di alleanze articolato e coerente con istituzioni
europee e mondiali nel campo della formazione universitaria di base,
dell'alta formazione e della ricerca. Dal lato dell'offerta di
formazione il quadro di alleanze si compone di accordi strategici con
istituzioni geograficamente prossime; dal lato della domanda, al
contrario, il quadro di alleanze è indirizzato in particolare alle
istituzioni di Paesi emergenti;
• creare una Business School torinese, compartecipata dagli atenei
piemontesi, dalle associazioni imprenditoriali, dalle fondazioni
bancarie e dalla Regione. La Business School si caratterizza e
qualifica in due direzioni: da un lato l'orientamento alla gestione
della tecnologia, dell'innovazione e alla nuova imprenditorialità high
teck, dall'altro programmi di alta formazione nel campo della gestione
dei grandi eventi sportivi;
• rafforzare il sistema di formazione di terzo livello, con particolare
attenzione alla creazione di sinergie con il sistema industriale e alla
definizione di figure di alti professionisti della ricerca, la cui
destinazione possa indifferentemente essere la carriera accademica o
l'impresa. In questa direzione, particolare enfasi è rivolta alla
necessità di innovare,attraverso programmi di dottorato congiunti tra
gli atenei torinesi, il portafoglio di iniziative di alta formazione,
svincolandosi dai modelli monoculturali consolidati e rivolgendosi a
programmi formativi adeguati alla complessità e alla
multidisciplinarità dei paradigmi scientifici e tecnologici emergenti;
• sfruttare i Poli decentrati e le loro caratteristiche di integrazione
con i contesti locali per posizionare e diversificare l'offerta
didattica, creare Poli regionali di attrazione di talenti da fuori
territorio. In questa ottica, i Poli decentrati svolgono il ruolo di
selezionare le specializzazioni didattiche e di concentrare le risorse
sulle stesse;
• sostenere con continuità e sistematicità, presso i Poli decentrati,
attività di didattica e ricerca di alto profilo, attraverso il
radicamento presso gli stessi di personale di ricerca strutturato e
investimenti specializzati in infrastrutture di ricerca;
• definire, anche attraverso lo sfruttamento delle caratteristiche di
specializzazione e diversificazione dei Poli decentrati, una strategia
comune di ateneo per l'utilizzo efficiente delle risorse messe a
disposizione dalla legge regionale per la ricerca e per l'accesso alle
risorse europei destinate al sostegno della ricerca e della formazione.
L'esempio piemontese trae fondamento dal comune orientamento dei
decisori politici che identificano nell'innovazione lo strumento per
sostenere la competitività del territorio. Essi ritengono che la
premessa necessaria di qualsiasi innovazione sia la disponibilità di un
solido terreno di cultura per la ricerca di base e applicata. In questo
scenario l'università in generale e il Politecnico in particolare,
nella sua qualità di «Technical University», si distingue come
istituzione di riferimento in quanto sede della coniugazione armonica
della ricerca e dell'alta formazione. Quest'ultima è da intendersi come
strumento principale per trasferire ai giovani e alle imprese i
risultati della ricerca e le metodologie che la caratterizzano.
La cittadella diventa dunque sede di affinità elettive anche
geografiche: impresa, accademia, incubatore, laboratori di ricerca di
base, applicata e trasferimento tecnologico a pubblici e privati,
scuola, agenzie di formazione professionale. La contiguità, non solo
virtuale, tende a favorire scambio di esperienze e comunanza di intenti
che si esprime anche attraverso relazioni empatiche tra ricercatori
tecnici e docenti rese possibili dalla struttura compatta e
complementare della stessa cittadella.