Da mesi si aspetta che la Provincia trovi una soluzione alla mancanca di spazi per svolgere "normale" attività didattica.
Storie di quel mondo della scuola che dirigenti, docenti, personale Ata provano a far funzionare a dispetto del progressivo abbandono in cui è stata lasciato il sistema. Ma anche lottando controcorrente quando le istituzioni che dovrebbero affrontare e risolvere semplicemente i problemi logistici, quelli dell'edilizia scolastica, quelli delle classi che servono per far funzionare meglio una scuola, non riescono ad uscire dal pantano.
E' questa la storia dell'Istituto Alberghiero di Catania Wojtyla, quattro plessi, quasi 2000 studenti, un trend di iscrizioni in crescita perché l'istituto è un piccolo polo di eccellenza e prepara i ragazzi in un settore dell'economia che offre, se hai studiato seriamente e sei competitivo sul serio, più sbocchi di altre scuole.
Troppa grazia, troppe prospettive. Troppi iscritti, mettiamola così. E il dirigente scolastico, il preside Giovanni Previtera, per evitare i doppi turni lancia un appello alle istituzioni. A settembre. Risposte? Tutte negative. E, beninteso, l'allarme per l'anno scolastico cominciato da un mese, il preside lo ha lanciato sì a settembre, ma del 2012, mica ieri.
«E' così - conferma il dirigente - perché già l'anno scorso era chiaro il trend, l'aumento di iscrizioni, l'interesse per la nostra scuola. Accresciuta, quest'anno, anche dal fatto che molti ragazzi hanno abbandonato la strada della Formazione Regionale per i tanti problemi del settore. Risultato? Siamo passati da 1700 studenti circa ai 2000 di oggi, con un tetto che abbiamo dovuto fissare a 600 per le prime classi. Abbondantemente raggiunto. Ma, nonostante l'appello alla Provincia di Catania prima e al Comune dopo, sia stato fatto, appunto, molti mesi fa, l'unica risposta ci è arrivata il 20 agosto dal Commissario della Provincia: nessuna soluzione praticabile. Tradotto per noi: obbligo di doppi turni. Una sciagura».
E qui va detto che per quanto sia comprensibile che ci siano problemi di edilizia scolastica, inaccettabile è che in una città grande come Catania, con tanti palazzi pubblici, enormi strutture, e scuole che hanno visto crollare il numero di iscritti ma conservano i loro plessi, nessuno sia stato in dare all'Alberghiero una soluzione. Quindici classi di esubero, per una scuola che non può permettersi un turno pomeridiano che finisca alle 21 o 21.30, perché molti ragazzi vengono dai paesi dell'hinterland, molte famiglie non se la sentono, hanno detto al preside e ai docenti, di far tornare a quell'ora di sera le figlie e i figli a casa. E hanno perfettamente ragione, a parte il fatto che, come detto, il preside aveva presentato con abbondante anticipo la richiesta anche perché un istituto come l'Alberghiero per funzionare come i docenti lo hanno saputo far funzionare sino ad oggi, ha bisogno di strutture adeguate. Insomma non si possono improvvisare aule in un sottoscala, per esser chiari.
«Soluzioni - spiega il preside - ne avevamo prospettate parecchie, dalle classi della Giovanni XXIII, alla Meucci, alla Corridoni. Per un motivo o per un altro, però, non abbiamo avuto risposta positiva per nessun plesso, anche se eravamo, e siamo, pronti anche a fare sacrifici, ad affrontare, naturalmente, ulteriori disagi. Quel che ci preme è potere garantire ai nostri studenti, e a quelli che verranno in futuro se la tendenza resterà questa, la possibilità di studiare nelle migliori condizioni logistiche e sotto il profilo psicologico. Per il momento stiamo facendo due turni di 4 ore, quindi meno scuola rispetto a quella che dovremmo e vorremmo fare».
Una risposta, subito. La vuole il preside, la vogliono i docenti, ma la vogliono anche e soprattutto, forse, gli studenti. Che hanno voglia di studiare, di sentirsi rispettati dal sistema scolastico, di essere messi in condizione di produrre uno sforzo che serva alla loro formazione, ma che sia utile anche alla società. Aspettano anche i ragazzi, che, più irrequieti dei grandi, nelle aule e nei corridoi cominciano a pensare a come far sentire la loro voce. Perché a ottobre sono già stanchi di dover fare scuola nella precarietà.
da La Sicilia dell'8.10.2013
di Andrea Lodato