Dal
quotidiano La Stampa, una lettera al Direttore
Caro Direttore,
che ne dice una notizia cosi può trovare spazio su La Stampa? Di queste cose è bello che se ne parli... da un po’ di speranza sui giovani e sulla scuola...
A Roma c’è stato un concorso di poesia che vedeva protagonisti dei giovanissimi dai 5 ai 13 anni, studenti della Iunior International Institute. Ognuno doveva scrivere un testo in un’ora di italiano. Il migliore d’ogni classe veniva premiato. Più di 200 persone, da 5 a 80 anni, tutti gli alunni e gli insegnanti insieme, vari altri collaboratori scolastici, un buon gruppo di genitori, e a guidare la premiazione c’erano un poeta, Daniele Mencarelli (che nelle settimane precedenti si era letto tutte le 200 poesie), e il giovane attore Andrés Gil.
A rompere il ghiaccio è stato un giovanissimo di I primaria, che si è lanciato ad alzare la mano e a intervenire al microfono: «Per alimentare la poesia ti devi allenare sempre, perché il maestro ci fa leggere perché così alimentiamo la nostra poesia e ci fa imparare di più». Dopo l’applauso che ha espresso la sorpresa di questo intervento «ardito», Mencarelli ha commentato: «La nostra epoca travisa un po’ il significato del talento, che da solo non basta mai: serve l’allenamento, serve la costanza, serve anche un po’ il sacrificio! Nel caso della poesia servono le letture, l’esercizio continuo, altrimenti il talento si secca come una pianta. Va sempre alimentato».
Leggere a voce alta le poesie scritte dai ragazzi!
In un mondo che mette in piazza, gridandole, emozioni false, condividere emozioni e mondi interiori quotidiani sembra difficilissimo. Soprattutto quando si tratta di ragazzi cosi giovani.
A me personalmente ha colpito particolarmente l’iniziativa perché oggi i professori la poesia l’hanno resa, lontana, inarrivabile… e diciamocelo: un po’ noiosa. Ma con ciò che è successo in questa scuola ho capito che la poesia non è un qualcosa di speciale, la poesia è la cosa più quotidiana che io conosca.
La poesia non è un abito da cerimonia, ma è più simile ad una polo griffata.
Oggi in Italia, sentiamo quotidianamente tante brutte notizie sulla scuola: l’istruzione è in crisi, ma allo stesso tempo penso che nel nostro Paese c’è anche la scuola che cresce ma nessuno lo vede, perché se ne parla sempre male.
Vedo tanti genitori, professori, alunni che vogliono una scuola fatta di persone al servizio e in collaborazione con altri. Una scuola che non si vede sui social, in tv e sui giornali, la vera scuola: quella di cui nessuno parla mai. Questo ho visto anche alla Iunior assistendo a questa premiazione
Sulle macerie di quella scuola Italiana bistrattata, c’è tanta gente che ci crede e costruisce una scuola in cui si pensa, si propone, si battaglia, si decide, si prende l’iniziativa, e si cerca un senso a ciò che si fa. Ma come sempre: fa più rumore un albero che cade, che una foresta che cresce.
Molti prof oggi si sentono spesso un po’ inutili e zoppi e la società non gli dà un euro. Ma con le loro parole sono capaci di riaccendere speranza nei cuori giovani. Per questo credo molto nell’educazione e nell’insegnamento, perché un docente può aiutare gli alunni a mettersi in cerca della propria identità, della propria storia, di un’esistenza piena e felice. L’insegnamento, come la Coca Cola, ha un ingrediente segreto: credi nei tuoi alunni più di quanto loro credano in se stessi.
Qualcosa di buono succede ancora nella scuola, e questo grazie a professori che con poco più di mille euro al mese forgiano gioielli preziosi da gemme ancora grezze. Così si cresce!
Alessandro Cristofari
La Stampa
Caro Direttore,
che ne dice una notizia cosi può trovare spazio su La Stampa? Di queste cose è bello che se ne parli... da un po’ di speranza sui giovani e sulla scuola...
A Roma c’è stato un concorso di poesia che vedeva protagonisti dei giovanissimi dai 5 ai 13 anni, studenti della Iunior International Institute. Ognuno doveva scrivere un testo in un’ora di italiano. Il migliore d’ogni classe veniva premiato. Più di 200 persone, da 5 a 80 anni, tutti gli alunni e gli insegnanti insieme, vari altri collaboratori scolastici, un buon gruppo di genitori, e a guidare la premiazione c’erano un poeta, Daniele Mencarelli (che nelle settimane precedenti si era letto tutte le 200 poesie), e il giovane attore Andrés Gil.
A rompere il ghiaccio è stato un giovanissimo di I primaria, che si è lanciato ad alzare la mano e a intervenire al microfono: «Per alimentare la poesia ti devi allenare sempre, perché il maestro ci fa leggere perché così alimentiamo la nostra poesia e ci fa imparare di più». Dopo l’applauso che ha espresso la sorpresa di questo intervento «ardito», Mencarelli ha commentato: «La nostra epoca travisa un po’ il significato del talento, che da solo non basta mai: serve l’allenamento, serve la costanza, serve anche un po’ il sacrificio! Nel caso della poesia servono le letture, l’esercizio continuo, altrimenti il talento si secca come una pianta. Va sempre alimentato».
Leggere a voce alta le poesie scritte dai ragazzi!
In un mondo che mette in piazza, gridandole, emozioni false, condividere emozioni e mondi interiori quotidiani sembra difficilissimo. Soprattutto quando si tratta di ragazzi cosi giovani.
A me personalmente ha colpito particolarmente l’iniziativa perché oggi i professori la poesia l’hanno resa, lontana, inarrivabile… e diciamocelo: un po’ noiosa. Ma con ciò che è successo in questa scuola ho capito che la poesia non è un qualcosa di speciale, la poesia è la cosa più quotidiana che io conosca.
La poesia non è un abito da cerimonia, ma è più simile ad una polo griffata.
Oggi in Italia, sentiamo quotidianamente tante brutte notizie sulla scuola: l’istruzione è in crisi, ma allo stesso tempo penso che nel nostro Paese c’è anche la scuola che cresce ma nessuno lo vede, perché se ne parla sempre male.
Vedo tanti genitori, professori, alunni che vogliono una scuola fatta di persone al servizio e in collaborazione con altri. Una scuola che non si vede sui social, in tv e sui giornali, la vera scuola: quella di cui nessuno parla mai. Questo ho visto anche alla Iunior assistendo a questa premiazione
Sulle macerie di quella scuola Italiana bistrattata, c’è tanta gente che ci crede e costruisce una scuola in cui si pensa, si propone, si battaglia, si decide, si prende l’iniziativa, e si cerca un senso a ciò che si fa. Ma come sempre: fa più rumore un albero che cade, che una foresta che cresce.
Molti prof oggi si sentono spesso un po’ inutili e zoppi e la società non gli dà un euro. Ma con le loro parole sono capaci di riaccendere speranza nei cuori giovani. Per questo credo molto nell’educazione e nell’insegnamento, perché un docente può aiutare gli alunni a mettersi in cerca della propria identità, della propria storia, di un’esistenza piena e felice. L’insegnamento, come la Coca Cola, ha un ingrediente segreto: credi nei tuoi alunni più di quanto loro credano in se stessi.
Qualcosa di buono succede ancora nella scuola, e questo grazie a professori che con poco più di mille euro al mese forgiano gioielli preziosi da gemme ancora grezze. Così si cresce!
Alessandro Cristofari
La Stampa