Professore
di giorno, studente di sera nella stessa scuola. Ha appena sostenuto
gli orali agli esami di Stato, interrogato dai propri colleghi.
Robertino Capponcelli, classe 1964, una prima maturità con il massimo
dei voti all'Istituto Magistrale "Carducci" di Ferrara, nel 1982, e di
ruolo dal 1986 dopo aver conseguito il diploma di Corno presso il
Conservatorio, ha insegnato discipline musicali alle medie modenesi
fino al 2007.
Diventato insegnante di sostegno nel 1994 affiancando gli alunni meno
fortunati delle superiori, ha sempre avuto l'amore per la terra nel
sangue, così ha portato a termine gli studi agrari presso il corso
serale dell'Istituto "Spallanzani" di Castelfranco.
Professor Capponcelli, com'è nata
l'idea di tornare studente?
«Da tempo, per una mia più completa formazione professionale,
desideravo colmare una lacuna culturale nell'ambito
tecnico-scientifico. Un collega dello Spallanzani, conoscendo il mio
interesse, cinque anni fa mi propose di iscrivermi al corso serale.
Detto, fatto: a settembre del 2010 cominciava l'esperienza . All'epoca
ero per questa scuola solo uno studente del serale, frequentante il
primo biennio. L'anno seguente, però, nella stessa scuola ero diventato
docente di sostegno in una classe dei corsi diurni».
Perché proprio allo Spallanzani?
«È stata una mia scelta. Ho richiesto e ottenuto il trasferimento
dall'istituto magistrale Sigonio di Modena allo Spallanzani. Mi
lusingava l'idea di associare l'insegnamento in un istituto agrario con
l'apprendimento di tutte le discipline di indirizzo professionale,
ricavandone un doppio risultato: lo sviluppo delle mie competenze quale
insegnante di sostegno, il conseguimento da studente del diploma di
perito agrario. La mia famiglia, del resto, ha origini contadine e con
la terra condivido legami affettivi molto forti».
Lei è pure referente nazionale del
sindacato Gilda degli insegnanti. Molti suoi colleghi l'avranno
riconosciuta. Si è mai sentito in disagio?
«Indubbiamente sì, ma senza imbarazzo. Nella stessa scuola, la
singolare situazione di essere per molti docenti il rappresentante
sindacale di fiducia, il collega di classe e persino lo studente,
poteva oggettivamente generare qualche difficoltà nel registro delle
relazioni. Non c'è stato invece alcun imbarazzo, perchè ognuno è stato
fedele al proprio ruolo: di giorno, per me e per i colleghi, ero un
docente, la sera diventavo, esattamente come lo erano i miei compagni
di classe, uno studente lavoratore. E così giustamente venivo
considerato e valutato dai miei professori. Certo, non è facile a 50
anni preparare, magari di notte e sempre la domenica, compiti in classe
che ti mettono alla prova ed essere valutato da colleghi che ritrovi
l'indomani in sala insegnanti. Abbiamo tutti però saputo bene e
correttamente distinguere ruoli e funzioni».
In veste di sindacalista è abituato a
difendere i colleghi. Ma un prof come vede gli insegnanti con gli occhi
di un alunno?
«Osservando i miei professori con l'occhio dell'alunno ho potuto
apprezzare ancora meglio la professione docente, certamente
sottostimata in questo ingeneroso Paese. Ho capito anche, da studente
esperto di docenza, che il bravo insegnante deve sempre vedersi e
ascoltarsi con gli occhi di un alunno».
Tra qualche giorno saprà se è di nuovo
"maturo" o no. Ma cosa vuole fare da grande? Lascerà la scuola?
«Quando lascerò l'insegnamento mi dedicherò senz'altro alla
coltivazione della terra a tempo pieno. Per ora scuola, sindacato e
terra sono per me una triade non scindibile».
Vincenzo Brancatisano -
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