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Didattica: La difficile scommessa dell’istruzione professionale / 4 - Il saper fare di qualità

Redazione
Le questioni irrisolte
L'Istruzione Professionale uscita dalla riforma del 2010 non è molto lontana da quella Tecnica (salvo per 3/4 ore di laboratorio), ragione per cui l'obiettivo di rafforzarne l'identità non è stato raggiunto . Come non bastasse con la struttura dei curricoli 2+2+1 dei suoi indirizzi, simili a quella dei Tecnici e dei Licei, l'Istruzione Professionale veniva a perdere l'uscita intermedia al terzo anno, suo tratto distintivo tradizionale anche dal punto di vista sociale e modo efficace per realizzare la sussidiarietà dell'Istruzione e Formazione Professionale Regionale per la concessione della qualifica di primo livello.

Gli indirizzi previsti dal Regolamento del 2010, con tutte le possibili articolazioni e opzioni, non sono riusciti a rompere una certa uniformità dell'offerta formativa e a rispondere al fabbisogno di competenze professionali del territorio, con particolare riferimento al settore industria e artigianato. Tale uniformità in tanti casi non si è potuto attenuare per la difficoltà nell'utilizzare sia la quota di autonomia del curricolo, sia la quota di flessibilità, per mancanze di risorse e per rigidità contrattuali, ma anche per il timore di creare esuberi del personale. La generale riduzione degli orari delle lezioni settimanali a 32 ore, che erano già state portate a 34 dalle 40 che erano col Progetto 92, ha colpito sia le materie di indirizzo sia le attività di laboratorio.

Se infatti 32 ore antimeridiane non sono poche , per una didattica che si vuole imperniata sulle attività di laboratorio e di lavoro(si pensi all'azienda agricola o al reparto di lavorazione)chiaramente possono non essere sufficienti e sicuramente non è adeguata la loro collocazione in una sola fascia oraria, come d'altronde e da tempo non è adeguata la disponibilità di servizi (mensa, alloggio, trasporti). La riduzione generalizzata dell'orario settimanale delle lezioni si è trascinata quella delle compresenze degli insegnanti tecnico-pratici, necessarie per una didattica laboratoriale efficace e anche per dare seguito alle misure di accompagnamento per gli alunni in difficoltà. L'area professionalizzante del Progetto 92, che dava adito sia al diploma sia alla qualifica di secondo livello regionale, solo in parte è stata sostituita dall'alternanza scuola /lavoro.

A questi problemi bisogna aggiungere quelli che derivano dal quadro istituzionale. Per un settore dell'istruzione e della formazione da tempo in contesa e in transito tra Stato e Regioni certamente non hanno aiutato e non aiutano le incertezze mai sopite nell'interpretazione delle competenze concorrenti di Stato e Regioni, ma anche i ritardi delle Regioni nell'attuazione delle competenze che vengono loro riservate in materia, come anche la complessità delle procedure di raccordo tra Stato e Regioni e tra Regioni e Regioni. Fatti che non potevano in alcuni casi aiutare ad eliminare la sovrapposizione tra l'offerta formativa dell'Istruzione Professionale con quella della Istruzione e Formazione Professionale Regionale, compito che puntualmente si propone di affrontare ogni volta che si intende mettere mano su questa materia.

I nuovi professionali
Motivi per mettere mano all'Istruzione Professionale, come si è potuto mettere in evidenza, non ne sono mancati e che questo avvenga a distanza di pochi anni dal Regolamento del 2010 non dovrebbe scandalizzare, perchè l'Istruzione Professionale puo' essere utile ai propri scopi istituzionali, solo se si mette in sintonia con i problemi che emergono dal mondo del lavoro. E questi non mancano mai e assumono sempre aspetti nuovi e diversi. Il Decreto Legislativo n. 61 del 13 Aprile 2017 cerca di dare una soluzione ai problemi messi in luce nel corso della riflessione sui problemi dell'Istruzione Professionale , sviluppata in questa e nelle note precedenti. A chiarimento delle intenzioni del legislatore viene detto subito nel comma 1 dell'art. 1 che il Decreto Legislativo disciplina la revisione dei percorsi dell'Istruzione professionale per raccordarli con quelli dell'Istruzione e Formazione Regionale, attraverso la ridefinizione degli indirizzi e il potenziamento delle attività didattiche laboratoriali.

Per essere chiari si dispone un intervento sui curricoli e sull'organizzazione della didattica degli Istituti Professionali per assicurare che nel sistema di Istruzione Nazionale ci sia la compresenza dei due settori dell'istruzione professionalizzante, che pur distinti e diversi dovrebbero diventare pariordinati e raccordati. Dice Giulio M. Salerno :"è l'idea forte del decreto legislativo n. 61 /2017".
In Questo quadro programmatico va collocata ogni singola innovazione dell'Istruzione Professionale rispetto al Regolamento del 2010, che ora si dà come finalità quella di " formare la studentessa e lo studente ad arti, mestieri e professioni strategici per l'economia del Paese per un saper fare di qualità comunemente denominato "Made in Italy", nonchè di garantire che le competenze acquisite nei percorsi di istruzione professionale consentano una facile transizione nel mondo del lavoro e delle professioni"(comma 4, art. 1). Della prosecuzione eventuale degli studi nell'Istruzione Tecnica Superiore e nell'Università e nelle istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica si parla nel comma 5 dell'art. 2 del Decreto Legislativo. Le finalità come i mezzi per poterle realizzare nel loro insieme configurano l'identità della nuova Istruzione Professionale e per meglio comprenderla bisogna ricorrere allo specifico Profilo Educativo Culturale e Professionale dello studente, che viene proposto come integrazione di quello precedente e non in sostituzione.

I percorsi dell'IP concorrono, secondo il legislatore, ad affermare la centralità della scuola nella società della conoscenza, perchè gli Istituti Professionali saranno "scuole territoriali dell'innovazione"(come a suo tempo auspicava la Commissione De Toni), in quanto devono svolgere la funzione di cerniera tra i sistemi di istruzione, formazione e lavoro. Scuole aperte, come laboratori permanenti di ricerca, sperimentazione e innovazione didattica, di partecipazione e di educazione alla cittadinanza attiva, che garantiscono il diritto allo studio, le pari opportunità di successo formativo e di istruzione permanente. Il contributo alla centralità della scuola si esprime nel consolidare e nell'innalzare progressivamente il livello di istruzione e di competenze dei propri alunni, nel contrastare le disuguaglianze socio-culturali, nel favorire l'occupazione giovanile anche in relazione ai nuovi lavori, nel prevenire e recuperare l'abbandono e la dispersione. L'identità specifica dell'Istruzione Professionale deve costituirsi nel rapporto stretto della scuola col mondo del lavoro e delle professioni, così come avviene nei modelli duali di formazione, promossi dall'UE per intrecciare istruzione, formazione e lavoro e ha una sua propria configurazione pedagogica nella personalizzazione dei percorsi formativi degli studenti, resa riconoscibile e comunicabile dal Progetto Formativo Individuale.

Per quale professionalità?
Dagli istituti professionali devono essere formate figure professionali intermedie, in grado di assumere adeguate responsabilità in relazione alle attività economiche di riferimento. Competenti e consapevoli delle potenzialità e dei limiti degli strumenti tecnici di trasformazione della realtà, in grado di dialogare con tutte le posizioni in gioco e di sviluppare un contributo cooperativo alla qualità del lavoro, come fattore in grado di determinare il risultato dell'intero processo produttivo e la crescita economica.

La professionalità di questo diplomato dovrebbe consistere nell'assumere responsabilità in riferimento ad uno scopo definito e nella capacità di apprendere dall'esperienza, come di trovare soluzioni creative ai problemi sempre nuovi che si pongono. Quindi un "lavoratore(non un tecnico, non un professionista. . . )consapevole dei propri mezzi, imprenditivo, che ama le sfide con una disposizione alla cooperazione, che è in grado di mobilitare competenze e risorse personali per risolvere i problemi posti entro il contesto lavorativo di riferimento". Una professionalità che scaturisce dal superamento della tradizionale dicotomia tra formazione professionalizzante ed educazione generale e con la quale è possibile "garantire il collegamento tra i sistemi formativi rispetto ai contesti territoriali e alle loro vocazioni culturali ed economiche".

Le competenze che gli studenti degli istituti professionali devono acquisire sono basate sull'integrazione tra i saperi tecnico-professionali e i saperi storico-linguistici e storico-sociali. E' una professionalità che tende a valorizzare la cultura del lavoro, intesa nella sua accezione più ampia, come l'insieme di operazioni, procedure, simboli, linguaggi e valori, ma anche come l'identità e l'appartenenza ad una comunità professionale, che riflettono una visione etica della realtà, un modo di agire per scopi positivi in relazione ad esigenze non solo personali, ma anche collettive. Il nuovo ordinamento degli Istituti Professionali intende favorire "stabili alleanze formative con il sistema produttivo, anche per rispondere alle sollecitazioni che provengono dalla dimensione internazionale", ragione per cui "l'interazione col territorio e il mondo produttivo non è solo un metodo di lavoro; è un fattore imprescindibile per l'elaborazione del Piano Triennale dell'Offerta Formativa".

Rispetto a com'era definita la professionalità nel Regolamento del 2010 certamente con il Decreto Legislativo n. 61 si registra un passo avanti e viene disegnata una figura intermedia di maggiore complessità, ma si resta nelle generalità per quanto riguarda la specificità delle sue responsabilità e della sua autonomia, come invece si era cercato di fare nella Commissione De Toni, mentre vengono accentuate quelle che potremmo definire le sue disposizioni morali(cultura del lavoro, appartenenza alla comunità professionale, capacità di dialogo e di cooperazione, consapevolezza dei limiti degli strumenti tecnici) , molto consone al ruolo sussidiario e subalterno dell'Istruzione Professionale rispetto al mondo economico.

L'offerta formativa
Per definire il nuovo volto dell'Istruzione Professionale bisognerà attendere lo specifico decreto del MIUR, di concerto con il Ministro del lavoro, con il Ministro dell'economia, con il Ministro della sanità, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano, che stabilirà i profili in uscita degli indirizzi di studio, i risultati di apprendimento, i riferimenti degli indirizzi di studio ai codici Ateco, la correlazione tra i titoli della IeFP e quelli dei percorsi quinquennali dell'Istruzione Professionale, la caratterizzazione dei percorsi degli Istituti Professionali rispetto a quelli degli Istituti Tecnici, il passaggio al nuovo ordinamento.

Gli indirizzi passano da 6 a 11 e tutti i curricoli si articolano in un biennio e in un triennio. Il Biennio prevede 1188 ore di lezioni dell'Area Generale comune a tutti gli indirizzi, 924 ore di Area di indirizzo, di cui 396 in compresenza e tutto questo ci dà un orario settimanale di lezioni di 32 ore. Di queste ore del biennio 264 vanno dedicate alla personalizzazione degli apprendimenti. Il conteggio del biennio è unitario nel senso che si vorrebbe introdurre una periodizzazione delle attività didattiche che superi la divisione tradizionale per anni e per trimestri e quadrimestri. . . Nel triennio per ognuno dei suoi anni vengono previste 462 ore di attività e di insegnamenti di istruzione generale e 594 ore di attività e di insegnamenti di indirizzo. Con questa riforma di fatto si hanno più indirizzi, ma meno opzioni e meno articolazioni rispetto al precedente ordinamento.

Per l'ampliamento e la differenziazione dei percorsi e degli interventi in rapporto alle esigenze e specificità territoriali si possono attivare percorsi di Istruzione e Formazione Regionale per il rilascio della qualifica e del diploma professionale, in via sussidiaria e previo accreditamento regionale. Ci vorranno, però, nuovi criteri di raccordo tra Istruzione Professionale e l'Istruzione e Formazione Professionale Regionale, che saranno definiti con un decreto del Ministero della P.I. di concerto con il Ministero del lavoro, il Ministero dell'economia, previa intesa in sede di Conferenza Permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano. Le modalità realizzative dei percorsi saranno definite a livello regionale tramite accordi tra la Regione e l'Ufficio Scolastico Regionale nel rispetto delle competenze esclusive delle Regioni in materia di Istruzione e Formazione Professionale. Viene in pratica ammessa, come si evince dal resto delle norme, solo la sussidiarietà complementare;quella integrativa, che aveva avuto valutazioni positive nel rapporto elaborato da Isfol, continuerà ad essere esercitata solo con le classi del precedente ordinamento fino al suo esaurimento.

Altra materia che sarà definita sempre in sede di Conferenza Permanente è quella dei passaggi da un percorso all'altro dei due settori dell'istruzione professionalizzante e questo per offrire agli studenti un'opportunità significativa di crescita personale in rapporto ai propri interessi e attitudini, anche per potere eventualmente ridefinire le scelte compiute, senza disperdere il proprio bagaglio di acquisizioni. Il passaggio puo' avvenire solo a domanda e nei limiti delle disponibilità dei posti degli Istituti e delle Istituzioni Formative.
Continua ...

Raimondo Giunta








Postato il Mercoledì, 29 novembre 2017 ore 07:30:00 CET di Nuccio Palumbo
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