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Costume e società: Comunità e individualismo

Redazione
La consistenza di una persona non dipende solo dai tratti della sua personalità; dipende anche dai suoi legami comunitari. Ma si è fatto vanto che siano stati in gran parte dissolti, iscrivendo questa vicenda nel segno di una maggiore libertà, di una più estesa autonomia delle persone. E' più aderente alla realtà, invece, pensare che questo fenomeno di spoliazione delle tradizioni culturali e politiche delle comunità sia da addebitare alla globalizzazione. Non sarebbe la prima volta che le classi dominanti in nome della modernità e di un pretestuoso sentimento elitario cerchino di avere "ragione" delle resistenze fondate dei ceti subalterni. Lo sfaldamento delle strutture ideali, etiche, politiche sociali e culturali della comunità alla quale si appartiene non ha nulla di rassicurante e provoca smarrimento, inquietudine e anche paura. I beni culturali di cui ci si sta o ci stanno privando non sono facilmente sostituibili come quelli materiali. Perderli, non è per nulla un guadagno, ma un impoverimento.

L'atomizzazione degli individui, con cui ci si misura quotidianamente, rende le persone ostaggio di chi gestisce le risorse del potere. La fine della società, che qualcuno ha voluto proclamare, non ci rende più liberi. L'individualismo della società dei consumi, non casuale, ma provocato per la congruenza tra comportamenti e assetti economico-sociali, finisce per occultare, per intimidire i bisogni più profondi della soggettività, a partire da quello di potere e volere contare nella società. E' un ripiegamento della soggettività sugli imperativi del mercato.

Per cambiare rotta occorre edificare o riedificare opportunità concrete di incontro e di partecipazione, perché solo con gli altri la singola persona può contare. A partire dai posti di lavoro e dai quartieri di residenza bisogna costituire leghe comunitarie di resistenza e di lotta contro ogni tentativo di legarci alla nostra solitudine e alla nostra impotenza. Il soggetto è libertà; il soggetto è comunità e quindi si deve lavorare per vivere in una società ricca di connessioni e di interazioni per potersi riconoscere ,se si è in grado di farlo, in un progetto che prefiguri un miglioramento delle attuali condizioni economiche e sociali.

L'individualismo, in cui di fatto si è abbandonati, va contrastato, elaborando un'agenda sociale condivisa per diradare l'aria spessa e irrespirabile del risentimento di chi è rimasto indietro e di chi teme di essere ricacciato indietro. Oggi per come è cambiata la composizione della società la comunità di cui si ha bisogno potrà avere fondamenta di umana civiltà, se riuscirà a liberarsi dalle ossessioni identitarie che ne farebbero un luogo chiuso ed escludente; se riuscirà a ritrovare il senso profondo della reciproca appartenenza; se la diversità, nei vari modi in cui può essere declinata, sarà accolta e integrata.

C'è in giro un bisogno inespresso di nuovi, solidi e strutturati attori sociali ,a cui non si pensa seriamente di dare una risposta; ma è un'esigenza che non può essere trascurata. Lo sfaldamento delle grandi formazioni politiche ed anche la burocratizzazione del movimento sindacale hanno contribuito a determinare il sentimento di scoramento di parte consistente della società. Per questo occorre ri-legittimare la politica, togliendole le scorie del chiacchiericcio mediatico e le illusioni dell'invadenza nel sistema delle comunicazioni; per questo c'è la necessità di un'azione politica che torni alla razionalità dei comportamenti e delle scelte e che si fondi sullo studio, sulla discussione, sul dialogo, sulla capacità di ascoltare. Non una politica di individualità, ma di gruppi dirigenti; non una politica per gente in carriera e per interessi ristretti;non una politica qualsiasi, ma una che sappia rappresentare ,mediare e prendersi le proprie responsabilità; una politica che ritrovi la vocazione a interessarsi dei problemi sociali e a battersi per assicurare condizioni dignitose di vita, di assistenza e di lavoro.

Dopo avere sperimentato l'ebbrezza del progressismo individualista, al disorientamento che ne è derivato in larghe fasce della società, alla impossibilità per molti di percepirne i vantaggi occorre rispondere con una politica generale che riscopra la forza e l'importanza della coesione sociale e comunitaria; bisogna rispondere ricostruendo e rafforzando l'apparato di protezione sociale, che è stato ridimensionato o smantellato a partire dai primi anni '90. Una politica questa che va strappata alla destra, che se ne è impadronita per l'altrui negligenza o per l'altrui abbandono.

Raimondo Giunta








Postato il Sabato, 23 febbraio 2019 ore 21:47:47 CET di Nuccio Palumbo
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