Il Breviario di estetica di Benedetto Croce, pubblicato
nel 1913,
ha centosei anni. Ma non si notano. I classici sono sempre
attuali! Si tratta di un volumetto contenente quattro lezioni
attraverso cui il filosofo napoletano riassume i
tratti più importanti della sua concezione della poesia. Quattro
lezioni - come si legge nell'Avvertenza dello stesso autore
- che "potrebbero essere utili ai giovani che si volgono allo
studio della poesia e, in genere, dell'arte; e fors'anche entrare
in loro servigio nelle scuole secondarie, come lettura di aiuto agli
insegnamenti letterari e filosofici".
Oggi, mi limito a riassumere, come posso, le prime due lezioni, nella
speranza di essere da stimolo a qualche volenteroso studente di
scuola secondaria che, appassionato di Estetica, volesse andare diritto
a leggersi l'originale!
"Poca favilla gran fiamma seconda"! Chissà!
Un ripassino. Pro bono, malum!
La prima lezione del Breviario si apre con la domanda "Che cos'è
l'arte?" La risposta è subito data: "l'arte è visione o
intuizione". Questa risposta - argomenta il Croce - attinge significato
e forza da tutto ciò che essa implicitamente nega e da cui distingue
l'arte. L'arte, infatti, non è "un fatto fisico", né "un atto
utilitario"; essa non è neppure un atto morale, in quanto,
come atto teoretico, è opposta a "qualsiasi pratica". Infine,
l'arte non va confusa con" la conoscenza concettuale". Ciò
che conferisce all'arte " l'aerea leggerezza del simbolo", non è
"l'idea", ma "il sentimento"... L'arte è sempre " intuizione
lirica...". Del sentimento!
La seconda lezione riguarda i Pregiudizi intorno all'Arte.
- Il primo pregiudizio, fallace , - secondo Croce - , è quello
che propone la distinzione tra forma e contenuto.
L'arte è "sintesi a priori estetica"; sbagliano, quindi, sia
coloro che sostengono che l'arte consiste solo nel contenuto, sia i
formalisti che si appellano solo alle "belle forme", ritenendo
irrilevante il valore del contenuto. Forma e contenuto, invece,
costituiscono una unità "concreta e viva" a tal punto da potersi dire
che " il sentimento senza l'immagine è cieco, e l'immagine senza
il sentimento è vuota".
Lasciamo la parola a Croce: " [... ] l'arte non è il vano fantasticare,
e
non è la tumultuante passionalità, ma il superamento di questo atto
mercé un altro atto, o, se piace, la sostituzione di questo tumulto con
un altro tumulto, con l'anelito verso la formazione e la
contemplazione, con le angosce e le gioie della creazione artistica. E'
indifferente perciò, o è cosa di mera opportunità terminologica,
presentare l'arte come contenuto o come forma, purché s'intenda sempre
che il contenuto è formato e la forma è riempita, che il sentimento è
sentimento figurato e la figura è figura sentita".
- Un altro pregiudizio riguarda la distinzione tra intuizione e
espressione.
Anche in questo caso, tale distinzione risulta essere - secondo
Croce - assurda, non fosse altro perché: non c'è possibilità di
creare l'immagine senza per ciò stesso esprimerla! Scrive il Nostro: "[
...], è inconcepibile un'immagine priva di espressione...Se si tolgono
a
una poesia il suo metro, il suo ritmo e le sue parole, non rimane
nulla". Certo, un grande artista è colui il quale sa dare corpo alla
sua fantasia con le forme ( parole, colori, note, ecc. ecc.) più
adatte.
Una terza distinzione da sfatare è quella tra l' "ornato" e la
proprietà espressiva. Una espressione propria, se propria, è anche
bella, non essendo altro la bellezza che " la determinatezza
dell'immagine, e perciò dell'espressione[...]; la fantasia
artistica è sempre corporea, ma non è obesa, sempre vestita
di sé medesima e non mai carica di altro od ornata".
Infine, per chiudere la rassegna dei pregiudizi, bisogna ribadire che
non esistono "parecchie o molte forme particolari di arte".
Per Croce è errata la teoria dei generi letterari e
artistici; erronea , quindi, la distinzione che si opera tra
lirica, dramma, romanzo, poema epico e romanzesco, idillio, commedia,
tragedia; pittura sacra, civile, familiare, di natura morta, di natura
viva, ecc. ecc. E' inutile, pertanto, e impossibile, ridurre la poesia
in un "casellario di generi". Scrive Croce: " Una piccola poesia è
esteticamente pari a un poema; un minuscolo quadretto o uno schizzo, a
un quadro da altare o a un affresco; una lettera può essere cosa d'arte
non meno di un romanzo; perfino una bella traduzione è originale
quanto un'opera originale!"
Certo, fatte le debite proporzioni, non si può negare, poi, che
nella storia "ciascuna opera d'arte prende il posto che le
spetta, quello e non altro..."
Nuccio Palumbo