Le sofferenze, i
disagi e le preoccupazioni che la pandemia sta
seminando in ogni angolo della terra rende nelle coscienze più
avvertite necessaria una riflessione sulle condizioni di debolezza
delle istituzioni democratiche, mostrate nell'affrontare una sciagura
che ha sconvolto la vita di moltissime nazioni ed ha allargato il
fossato delle disuguaglianze. Una riflessione che per forza di cose ci
conduce ai problemi della giustizia sociale, dopo qualche
decennio di abbandono sistematico. I partiti e i sindacati, nati nel
suo
segno, dovrebbero essere i primi a farla e dovrebbero aver preso
coscienza che è stato alto il prezzo pagato per avere allentato e
diluito i rapporti con le proprie tradizioni;i primi col
ridimensionamento del peso politico, i secondi con la perdita di
consensi e di iscritti. Pagano, soprattutto i partiti, per essersi
fatti
testimoni e garanti della promessa di buone occasioni per tutti,
proclamata ad alta voce dall'imperante neo-liberismo. Non è
bastato, però, suonare la fanfara per i nuovi diritti civili
conquistati, per occultare la miseria dei risultati ottenuti. E' stato
un grave
errore, perchè i diritti civili non possono e non devono essere messi
in rotta di collisione con quelli sociali.
Il problema della giustizia sociale, per la sua connessione naturale
col
principio dell'uguaglianza, assunto con energia e convinzione è
sempre all'origine delle iniziative politiche di trasformazione, se non
proprio di sovvertimento degli assetti economico-sociali costituiti
. Generalmente queste scelte politiche nascono dalla
consapevolezza che non ci sia giustificazione alcuna alle
disuguaglianze che producono privazioni, disagi e sofferenze a
moltitudini di uomini e condizioni di privilegi ad una ristretta
cerchia di persone, in ogni ambito della società. Proprio per questi
motivi, accettata negli anni passati l'immodificabilità del sistema
economico attuale, non è rimasto altro, a chi riteneva di vivere nel
migliore dei mondi possibili, se non il compito di delegittimare il
principio dell'uguaglianza e quello di demonizzare ogni tentativo di
riportarlo sulla scena pubblica del conflitto politico e sociale. Non a
voce alta. Ipocritamente si è cercato e si cerca di limitarne gli
ambiti o le modalità di applicazione. E così si spiegano i tentativi di
parlare di giusta uguaglianza, per convincere che molte aspettative e
certe conquiste nel nome dell'uguaglianza giuste non siano. Ma per
quanto se ne possa scrivere e parlare, ciò nondimeno, nessuna
formulazione del principio di giustizia ha la forza di quella che
individua in ogni campo l'unione necessaria con l'aspirazione
all'uguaglianza. Affiancare alla giustizia il principio
dell'uguaglianza non è stato per nulla facile e scontato e si potrebbe
leggere il progresso umano come il percorso della sua parziale e lenta
affermazione in ogni campo dove poteva essere affermato. Il sentimento
più naturale di giustizia è quello dell'uguaglianza. Ma se
l'uguaglianza
è impossibile, si ricorre allora a quello di equità, molto più
raccomandato... Dice Aristotile "Ed è questo la natura dell'equo di
essere correttivo della legge là dove essa fa omissione a causa del suo
dire universale" (Etica Nicomachea)
Giustizia ed uguaglianza alludono ad una prassi di natura distributiva
e si riferiscono al modo più corretto di ripartire i beni e i servizi
disponibili in una
comunità(lavoro, redditi, salute, istruzione, casa, pensioni, diritti
individuali). Altro, però, è dire unicuique suum, altro è dire ad
ognuno
tutto quello che è dato all'altro. Altro ancora è dire a ciascuno
secondo i suoi bisogni Ma anche il primo modo di formulare il principio
di giustizia non ha avuto vita facile. Altra sarebbe stata la storia,
se ad ognuno fosse stato dato il suo. "La giustizia consiste
precisamente nell'attribuire a ciascuno la sua parte. Il ciascuno è il
destinatario di una ripartizione giusta" (P. Ricoeur). Privata della
corposa materialità che per forza deve assumere nell'ambito sociale, la
giustizia puo' esprimere solo l'uguaglianza dei cittadini davanti alla
legge sotto la forma di una ripartizione eguale delle sfere di
libertà. Nell'ambito sociale non credo che sia facile fare accettare
una
ripartizione diseguale di beni e di servizi e che questa possa essere
facilmente condivisa se dovesse/potesse tornare a vantaggio di ciascuno
come vorrebbe Rawls. "
Le ineguaglianze sociali ed economiche devono
essere combinate in modo da essere
a) ragionevolmente previste a
vantaggio di ciascuno;
b) collegate a posizioni aperte a tutti". Le
possibili e incerte convenienze degli svantaggiati (come? quando?)
possono davvero funzionare come giustificazione delle ineguaglianze
sociali? E poi quali beni e servizi possono essere sottoposti a questo
trattamento? Beni sociali primari? Redditi, patrimoni, posizioni di
responsabilità e di autorità?
Per praticare la giustizia sociale occorre disporre di una sua idea e
tenere nel dovuto conto le condizioni storiche in cui dovrebbe
incarnarsi e dalle quali scaturisce la sua esigenza;non è ordinaria
amministrazione dell'agire pubblico, perchè il corso della sua
realizzazione è pieno di ostacoli che spesso l'impediscono. Non ci sono
meccanismi neutri ed automatici che la possano assicurare. Ogni idea di
giustizia rinvia ad una fondazione etica che la possa giustificare come
principio normativo, anche se si deve tenere presente che
qualsiasi argomentazione messa in atto non è in grado di farlo
diventare NECESSARIAMENTE una scelta individuale o collettiva. Non sarà
l'argomentazione a rendere doveroso un comportamento, ma il presupposto
di un valore dato a quel che dovrà essere compiuto. L'argomentazione
serve a creare consenso, ma non a vincolare la libera scelta. La
giustizia se ha un fondamento etico, deve avere anche una realtà
visibile nell'organizzazione di una società e deve essere leggibile
nelle norme che la devono rendere concreta e percepibile Il principio
di giustizia ci rinvia alle relazioni comunitarie delle
persone, condizionate da tradizioni culturali e di costume e
determinate
dagli interessi economici e dalle posizioni di potere, ragione per cui
l'aspirazione alla giustizia puo' esserne soffocata. Anche se la sfida
è proibitiva e impossibile, non è detto che sia sbagliato affrontarla.
La
fattibilità non è un criterio per invalidare un principio
etico-politico come quello della giustizia e un progetto politico che
lo faccia proprio.
Della giustizia è difficile parlare facendo a meno di quello che è la
storia umana. Le teorie della giustizia di natura convenzionale
fondate sull'accordo su alcuni principi di reciprocità se vogliono
avere una qualche incidenza, dovrebbero tenere conto delle condizioni
storiche delle società in cui le si dovrebbe mettere in atto. Hanno
limiti profondi e il primo fra tutti è quello della loro astrattezza e
il secondo è quello di non avere alcun appiglio ontologico valoriale:la
dignità assoluta della persona. Con le teorie della giustizia elaborate
mettendo tra parentesi la storia difficilmente si potrà cambiare la
storia. Mi pare impossibile intervenire sui problemi della società
partendo da posizioni "originarie". Queste posizioni non esistono. Non
ci sono posizioni originarie, ma rapporti di forza determinati dagli
scontri sociali. Nei problemi di giustizia "la ragione" fa molta
fatica a farsi sentire tra interessi personali e di gruppo. La
rinuncia all'organizzazione e alla gestione dei conflitti sociali
e alla sua rappresentanza politica ha di fatto consacrato come
immodificabili le storture degli attuali assetti economico-sociali e
condannato la sinistra all'irrilevanza o a cambiare la propria
collocazione tra le stratificazioni sociali.
Oggi, si è nel punto in cui le conquiste di giustizia sociale (diritto
alla formazione, alla salute, al lavoro, alla casa, alla giusta
pensione)
ottenute al prezzo di lunghe e difficili lotte popolari non solo
rischiano di essere depotenziate, ma addirittura cancellate, proprio
perché le forze che le hanno consentito sono diventate fragili,
disperse e politicamente confuse. Per questo motivo un balzo in avanti
nella giustizia sociale, ma anche lo stesso mantenimento degli attuali
equilibri richiede coraggio, iniziativa e organizzazione. Un nuovo
inizio.
Raimondo Giunta