Ecco il risultato dei cosiddetti “tagli
lineari”, che a prescindere dalle esigenze dei territori, lasciano
posti inutili togliendo quelli indispensabili. E se da una parte
vengono lasciati a casa gli insegnanti, dall'altra rimangono vacanti
moltissime cattedre coperte solo in parte dalle immissioni in ruolo dei
precari. Gli stessi che dovranno occuparsi anche del sostegno ai
disabili
Dopo i tagli forsennati di cattedre effettuati nell’ultimo triennio dal
ministro Maria Stella Gelmini nella sola scuola elementare, ci sono
2000 maestri in esubero. Insegnanti senza cattedra, in attesa di un
destino tuttora incerto (spostati in altre province, oppure a
disposizione delle scuole, perlopiù a supplire i colleghi che si
ammalano). Una situazione paradossale a cui fa riscontro nelle scuole
del Nord una miriade di cattedre vuote che solo parzialmente vengono
coperte in questi giorni con le immissioni in ruolo dei precari.
Questo il risultato dei cosiddetti “tagli lineari”, che a prescindere
dalle esigenze dei territori, lasciano posti inutili e tolgono posti
indispensabili. A guidare la classifica degli esuberi delle elementari,
la Campania con 863 posti (di cui 424 solo a Napoli), seguita dalla
Sicilia con 828 posti e dalla Puglia con 454 posti. E a Milano?
Mancavano 879 insegnanti di ruolo (1.500 in tutta la Lombardia): in
base al contingente di posti messi disposizione dal Ministero
dell’Istruzione, università e ricerca (Miur) si stanno coprendo il 70
per cento delle cattedre vuote. Per le restanti ancora una volta sarà
necessario ricorrere ai precari che, sempre solo nel capoluogo
lombardo, dovranno occuparsi anche dei posti rimasti vuoti per il
sostegno agli alunni disabili.
In tutto secondo i sindacati, anche quest’anno si dovranno fare almeno
un migliaio di supplenze annuali. Anche per il sostegno la situazione
in Lombardia è tragica: a fronte di un incremento di 1700 alunni
disanili, saranno disponibili 90 docenti in meno dello scorso anno.
Fulvio Santagostini, presidente della Lega per i diritti delle persone
con disabilità (Ledha) ha valutato la situazione: “La situazione in
alcuni casi potrà peggiorare con il sovraffollamento delle classi”. E
ancora: “Se ci saranno 30 o 35 alunni in aula, potrà capitare che si
arrivi ad avere anche 3 o 4 studenti con disabilità. A fronte di circa
30mila studenti che ne avrebbero bisogno, gli insegnanti di sostegno
sono 11.622. Ma il diritto alla scuola di questi bambini è minato anche
dai tagli generali al welfare. Se riduciamo o azzeriamo il sostegno per
la riabilatazione o per l’acquisto di ausili alcuni a scuola non ci
arrivano nemmeno. Con i tagli saranno le famiglie a doversi far carico
di tutto”.
Vita grama dunque per gli alunni disabili, ma non molto allegra nemmeno
per i cosiddetti alunni normodotati perché in generale sta scomparendo
il tempo pieno, perché la Gelmini si è sinora preoccupata di
salvaguardare un suo particolare modello di insegnamento, quello delle
cosiddette “40 ore” settimanali, un’attività che risulta una sorta di
spezzatino di orari di insegnanti, costretti a girare da una classe
all’altra senza un progetto didattico minimamente razionale. “Di fatto
– commenta Rita Frigerio, responsabile Cisl scuola – in ogni classe
girano anche 7-8 insegnanti. Grazie appunto alla Gelmini, che era
partita col mito di avere un solo insegnante per classe come massimo
della qualità della scuola”. Eppure anche solo per garantire le “40
ore” a Milano mancano ancora alcune centinaio di posti. Da qui
l’intervento della giunta Pisapia che intende mettere a disposizione
del suo personale da utilizzare durante la mensa, liberando in tal modo
gli insegnanti che potrebbero limitarsi alle lezioni. Un progetto
tuttavia che sta facendo discutere. Si chiede il sindacalista Cgil
Pippo Frisone: “Ma si può ancora parlare di tempo pieno? Sono passati
40 anni da quando venne istituito con la legge 820/71 . Dopo i primi
ritocchi, il blocco con la legge 148/90, passando per la riforma
Moratti prima e quella della Gelmini poi, crediamo che sia giunto il
momento di fare il tagliando di questo modello di scuola. Fare il
tagliando sì ma per salvare quale tempo pieno. Quello fondato sul
‘Progetto Educativo’, sulla programmazione collegiale unitaria delle
attività da realizzare, sulle compresenze, sul team docente, sulle
classi aperte, sulle attività laboratoriali. Un modello di scuola del
fare e non soltanto del dire, dei tempi distesi e non dell’affanno! Per
fare bene tutto ciò occorre però garantire due docenti per classe”. E
intanto in Italia ci sono 2000 maestri che non si sa come utilizzare.
Augusto Pozzoli
(Il Fatto Quotidiano 5 settembre 2011)
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