Ricordo: si cantava : Vecchio scarpone, quanto tempo è passato! quanti ricordi, quante illusioni fai rivivere, tu! Eh , sì! quanto tempo volato via, cara bianca colomba nillapizziana! E quanto diverso il festival e le serate, e le canzoni di Sanremo, allora che portavo i calzoni corti, e a scuola si andava tutti con il grembiulino nero e il fiocco rosso, e non c’erano ancora, come ora, le televisioni destinate ad essere, per fare audience, infarcite di fregnacce e di male parole e di trovate stravaganti !
Spettacolo e canzoni si lasciavano immaginare e sentire, l’orecchio teso, ascoltando avidamente la piccola e preziosa radio. Sobrie ed educate le presentazioni del conduttore. Pochi e scelti gli artisti, composti ma appassionati nelle interpretazioni. Le canzoni, semplici e struggenti, proponevano in rima “ trite parole” come fiore /amore; ma era la rima - come poi appresi dal poeta - più antica, e la più difficile del mondo. La melodia arrivava direttamente al cuore di ognuno semplicemente, riscaldandone i palpiti e i sogni. Altri tempi, cari amici miei vicini e lontani; tempi rimasti solo nella memoria di chi oggi, tra di noi, può vantare, ahimè!, un’età decisamente sinodale.
Ora, - io dico - : è giusto che le cose cambino. Lo so che siamo nel post-post moderno, che i linguaggi si evolvono, che non si possono scrivere e cantare canzonette sempre allo stesso modo; lo so che bisogna cercare vie nuove, sperimentare ibridare miscidare cose diverse, che bisogna poter essere liberi di pensare e di scrivere sul pentagramma, ognuno ciò che gli pare e piace, e far passare come nuovo, il vecchio rimario, e viceversa, copiando incollando plagiando ecc. ecc. Non rimpiango certo Carla Boni e Gino Latilla, né Claudio Villa, per dire. Aspettavo, alla prima serata inaugurale del sessantaduesimo festival di Sanremo, semplicemente lo spettacole delle nuove canzoni.
Che ci azzeccano, allora, le prediche sconclusionate e qualunquiste di Celentano? Era proprio opportuno e necessario fare rovesciare sul glorioso palcoscenico canoro di Sanremo, tra sfavillio di luci psichedeliche e applausi scroscianti, dentro uno scenario di infuocati lampi e assordanti tuoni, quell’orgia predicatoria di parole in libertà, come solo “un cretino di genio” può concepire e un “ re degli ignoranti” sa blaterare?
Necessaria e opportuna questa predica del verbo della salvezza divina nel bel mezzo di uno show canoro, allegro e scosciante di belle donne e vallette?
Capisco che la distinzione dei generi non si fa più, ma trasfigurare provocatoriamente un glorioso e prestigioso palcoscenico canoro appunto, in pulpito dal quale poter lanciare anatemi alla sanfason contro la Chiesa, la Giustizia, la libertà di stampa e di opinione, contro il Governo , la Politica ecc. ecc. e , per giunta, con la compiacenza di falsi contraddittori in una messa- in -scena da avanspettacolo, mi è parsa ( e mi pare ) proprio una scelta etico-estetica- culturale di cattivissimo gusto! Le prediche e i consigli per conquistarsi l’aldilà, spiace dirlo, caro Adriano, non appartengono al genere dello spettacolo di canzonette!
Nuccio Palumbo
antonino11palumbo@gmail.com