Da oggi fino a mercoledì si voterà nelle 10 mila scuole italiane per eleggere le rappresentanze sindacali unitarie di circa un milione di addetti. L’Unicobas ha presentato più liste che in passato. Però la nostra crescita è frenata dalle regole antidemocratiche imposte in Italia alla «rappresentanza sindacale».
Queste elezioni sono appositamente costruite per cercare d’impedire con tutti i mezzi l’affermazione delle organizzazioni nuove e di base.
Invece di due tipi di consultazioni elettorali, una di singola scuola e un’altra su lista nazionale, il calcolo della «maggiore» rappresentatività nazionale si fa contando i voti che i sindacati raccolgono presentando le liste locali.
Raggiungere tutte le scuole diventa proibitivo per chi come noi, Unicobas Scuola, non ha neanche un’ora di permesso sindacale a fronte dei 2 mila distaccati di Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda pagati dallo stato, che godono di quel fondamentale diritto di tenere ovunque assemblee in orario di servizio che invece a noi viene negato. Quindi, dove nonostante tutto riusciamo a trovare candidati al ruolo di «sindacalista di scuola» (e moltissimi non si sentono in grado di svolgerlo), non possiamo neppure presentare pubblicamente il nostro programma elettorale. Ma che campagna elettorale è?
Si tratta di una vergogna assoluta per uno stato di diritto: un mascheramento «democratico» di un mix fra fascismo e stalinismo, voluto dai sindacati firmatari di contratti recessivi che altrimenti non conserverebbero il monopolio della rappresentanza (e dei diritti e dei favori) sulla pelle della categoria.
Come se non bastasse, i sindacati di stato e di partito, in pieno conflitto d’interessi, hanno scritto nel contratto che i nostri eletti non possono neppure rivolgersi a chi li ha votati, indicendo in proprio assemblee in orario di servizio, tanto che siamo stati costretti a tutelare il loro diritto ottenendo 14 sentenze positive in tutta Italia. Un diritto sancito sia dallo Statuto dei lavoratori sia persino dallo stesso accordo nazionale quadro sulla costituzione delle Rsu, che letteralmente afferma per gli eletti la facoltà di indire assemblee «congiuntamente o disgiuntamente».
Inoltre, i firmatari di contratto restano «rappresentativi» per legge pure a voti zero! Questo perché si sono inventati anche l’infingimento della media del 5 per cento fra percentuale di voti presi e percentuale sul totale dei sindacalizzati. Controllando così una minoranza della categoria (quel terzo che è iscritto ai vari sindacati, che Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda rappresentano tutti almeno nella misura del 10 per cento), per loro il voto è una mera formalità. Va da sé che noi dobbiamo invece giocare una partita truccata, cercando di ottenere almeno l’8% sul 70 per cento di lavoratori che si recano alle urne, ma senza poterci parlare. Infine, anche se raggiungiamo il quorum in un’intera regione o provincia, questo non conta nulla perché non ci convocano neppure alle trattative decentrate. Si tratta di una legge dove prendi tutto o niente: sarebbe come se i partiti che non siedono in Parlamento non potessero andare neanche nei consigli regionali, provinciali, comunali o di municipio e fare campagna elettorale!
Come ovviare a una vergogna del genere? Con una campagna per una nuova legge sulla rappresentanza sindacale e per l’abrogazione di quella vigente: una proposta di lavoro comune che lanciamo alle organizzazioni di base. Una legge che preveda elezioni nazionali e ai vari livelli della contrattazione, di modo che si possa votare qualsiasi lista in ogni scuola. Intanto invitiamo i colleghi a contestare l’antidemocraticità della casta dei padroni delle deleghe in ogni loro assemblea sindacale, imponendo che si confrontino apertamente con le organizzazioni sindacali di base e astenendosi dal voto dove non ci sono liste alternative. Al tempo stesso revocando l’iscrizione a tutti i sindacati monopolisti, togliendo loro il vantaggio accumulato nei decenni di monopolio.
Una parte della categoria, ridotta da trent’anni sotto il livello retributivo imposto oggi agli insegnanti greci (notare le tabelle rese note in questi giorni), ha perso voglia, impegno e dignità. Ma se hanno imposto e ottenuto da governi compiacenti l’attuale legge sulla «rappresentanza sindacale», è perché Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda ci temono e temono il sindacalismo alternativo. Ecco il motivo della nostra soddisfazione: non sono mai riusciti a cancellarci e ricordano bene che abbiamo fatto cose esemplari, come le varie affermazioni al tempo delle elezioni dei Consigli scolastici provinciali (cancellate per questo dopo la batosta sul «concorsone» quando Berlinguer si dovette dimettere per la protesta di 50 mila insegnanti in piazza contro i quiz che avrebbero dovuto «valutarli»), o come batterli tutti alle elezioni per l’Ente nazionale di assistenza magistrale di Roma, perché si poteva votare la lista provinciale in ogni scuola. Hanno una grande paura dei tanti, docenti e non docenti, che nelle scuole apprezzano il nostro programma facendo crescere costantemente la presenza dell’Unicobas, ed è a costoro che va tutta la nostra riconoscenza.
Stefano d’Errico
Segretario nazionale Unicobas Scuola