L’articolo di Corrado Augias sul Venerdì di Repubblica a pag. 115 del 20 aprile 2012 appare, oltre che interessante dal punto di vista storico-giornalistico, anche riflessivo con spunti didattici. Augias fa un commento sull’ultimo saggio di Attilio Brilli dal titolo Dove finiscono le mappe edito da Il Mulino 2012, collana Intersezioni, p. 244, € 16,00. Dice il giornalista che a prima lettura aveva equivocato sul titolo perché l’aveva letto come se fosse: dove vanno a finire le mappe, mentre il senso autentico “è ovviamente diverso”. Dove finiscono le mappe richiama i viaggi di esplorazione e di conquista, quelli che marinai arditi, cinici, affascinanti, spietati – secondo i casi – hanno compiuto al di là del mondo descritto nelle mappe e per gli scopi più vari. A volte si è trattato, alla maniera del mitico Ulisse, di puro amore per l’ignoto e per l’avventura; in altre e più numerose occasioni lo scopo era invece la conquista e lo sfruttamento di nuove terre. Brilli è uno dei nostri più sperimentati scrittori di viaggio, molti suoi saggi fanno testo in materia, oltre ad essere di gradevolissima lettura. Dice Augias che la scoperta di cui dà conto in questo libro è che, nelle terre in cui approda per mare, assai più che in quelle raggiunte via terra, il viaggiatore europeo maggiormente impone i propri canoni: «dando sfogo alle proprie brame, forgiando i propri miti di fondazione e consacrando i propri eroi». Ma questi avventurosi europei fanno anche un’altra, e pericolosa, scoperta: quella della propria superiorità tecnologica a confronto con culture diverse che ai loro occhi si presentano come immobili e quindi inferiori. Tra i primi è Colombo a descrivere alle maestà spagnole, che lo avevano finanziato, i vantaggi di quei viaggi dai quali si possono ricavare, oltre all’oro, «spezie, cotone, mastice, legno d’aloe, forse rabarbaro e cannella e mille altre merci pregiate». Quei viaggi al di là dell’oceano, oltre i confini dell’ignoto, segnano l’inizio dell’epoca che chiamiamo moderna. Questi esploratori erano dotati di un «senso del mare fuori del comune» essendone prova a contrario proprio l’indifferenza con la quale trattavano la sterminata vastità delle acque. Bei capitoli quelli dedicati ai «cannibali» o l’altro sul «Medio Oriente e la via per l’India» e quello conclusivo intitolato «Nell’orrore delle colonie», terre spesso immaginarie diventate topos narrativo nei romanzi di Sette e Ottocento: «un altrove vago e innominato dal quale si può tornare, talora con sostanziali ricchezze». Attilio Brilli è professore ordinario e ricopre l'insegnamento di Letteratura anglo-americana. E' considerato uno dei massimi esperti di letteratura di viaggio.
Venerdì di RepubblicaCorrado Augias