La lettura
dei saggi del sociologo polacco Zygmunt Bauman è sempre piacevole, per la capacità di comunicare in modo schietto e chiaro, utilizzando metafore
illuminanti, nonché originali. In questo saggio d'occasione, sulla
scorta di venti brevi conversazioni-riflessioni con Riccardo Mazzeo, un
amico intellettuale italiano, Bauman si occupa del ruolo
dell'educazione e degli educatori dell'attuale generazione di giovani.
Anche in campo educativo, il ruolo dell'Europa futura ha a che fare con
i migranti e l'Autore fa subito notare che la loro presenza, in questo
mondo multicentrico e multiculturale, presuppone l'inevitabilità di
sviluppare in modo permanente e quotidiano l'arte di vivere con essi,
tanto più che le nostre scelte, “i
nostri doveri di cittadini … vanno di pari passo con i loro diritti”
(pag. 14). Dal punto di vista pedagogico, Bauman apprezza Gregory
Bateson, soprattutto per la sua identificazione dei tre livelli di
apprendimento umano e in proposito le considerazioni qui svolte
sembrano persino banali nella loro evidente verità: “per essere preparati (i giovani) hanno
bisogno di saperi utili, pratici, concreti, spendibili” (pag.
31). Questo presuppone che la scuola, per essere qualificata, debba
essere aperta, diffonda apertura e non chiusura mentale. Con
quest'opinione l'Autore intende evitare l'ipersemplificazione della
considerazione sull'apprendimento citatagli da Mazzeo e appartenente
alla scrittrice Paola Mastrocola. Costei nei tentativi di far
apprendere nozioni di letteratura italiana agli allievi, sembra
intender l'apprendimento come acquisizione “di tutto ciò che
l'insegnante spiega”, tanto da proporre la “libertà di non studiare”.
Bauman insiste invece, in educazione, sul concetto di scelta, giacché “non esiste situazione che non presenti più
di una opzione” (pag. 34): è quindi indispensabile essere
consapevoli della gamma di possibilità che ci circonda, la quale
contiene opportunità, oltre che pericoli. L'Autore è quindi sì
preoccupato, ma non disperato dell'attuale situazione dell'educazione
(e lo dichiara). La critica del sociologo all'attuale società globale
fa quindi da battistrada per una “rivoluzione culturale” che Bauman
auspica in modo provocatorio: “la depravazione è la miglior strategia
della deprivazione”, recita il titolo di un capitoletto del saggio, nel
senso che la cultura attuale (liquido-moderna secondo la metaforica e
famosa definizione) non è più quella dell'apprendimento e
dell'accumulazione, come nelle culture studiate da storici ed
etnografi. “L'arte del surf ha preso il sopravvento sull'arte dello
scandaglio”, dice con una bella metafora (pag. 46), con il risultato
che l'apprendimento auspicato oggi dalla società è solo quello
frettoloso. Infatti “… la fulmineità
è il lato più attraente della distruzione … nel nostro mondo
ossessionato dalla velocità” (pag.50). Se un tempo la laurea
offriva lavori remunerativi, oggi si pensa ai giovani come a un mercato
da sfruttare, afferma l'Autore e lo spiega ampiamente come problema
politico globale, analizzando in proposito la vicenda recente, del
settembre 2011, delle sommosse avvenute a Londra. In queste
manifestazioni dai risvolti violenti e tragici, il modo di essere
consumatori è stato protagonista: è stato un ammutinamento, non una
rivolta, agito da chi si era sentito umiliato dall'esibizione della
ricchezza da parte di chi comunque ne negava l'accesso ai cosiddetti
consumatori squalificati, cioè poveri e proprio perché poveri, esclusi.
L'analisi trasborda a questo punto nella considerazione dello shopping
compensativo come una sorta di atto morale del nostro tempo criticato
in modo aspro, chiaro e dialettico. Insomma, sono venti capitoletti
fruibilissimi, che culminano nell'ennesima diatriba su locale e
globale, categorie che Bauman considera in egual modo notevoli, non
fosse altro perché costrette a coabitare.
Conversazioni sull'educazione
di Zygmunt Bauman
in collaborazione con Riccardo Mazzeo, Erikson 2012
da Strumenti CRES Manitese