Sabato 9
novembre si è tenuto a Pisa un convegno sui libri di testo e le risorse
digitali: è intervenuto il ministro MC Carrozza [http://www.youtube.com/watch?v=Vl1M3zTY3-A].
Nel suo intervento ha sottolineato che “quella del digitale è
un'occasione per ripensare un sistema dell'istruzione che ha profondo
bisogno di rinnovamento: la sfida del digitale deve essere per noi
anche e soprattutto una sfida legata alla qualità della formazione”.
Le argomentazioni sviluppate han fatto apparire nitidamente la sua
strategia verso la qualità: il ritorno alla scuola napoleonica. Una
dissertazione che costituisce un sintomo inequivocabile del male che da
lustri infetta i piani più alti dell’edificio scolastico: la
presunzione d’aver la verità in tasca e la noncuranza per la volontà
del legislatore.
Il leitmotiv della riflessione del ministro è stato: “Dobbiamo
trasmettere il sapere” non dimenticando che “il contenuto di
quello che trasmettiamo sia tale da rendere i nostri studenti
competenti”.
Un principio dottrinalmente sbagliato e contrario allo spirito e alla
lettera della legge: le competenze non sono una variabile dipendente
dalla conoscenza.
Le competenze sono entità non primitive.
In ambienti dinamici e aperti le sue componenti sono capacità e
conoscenze.
In ambienti statici e chiusi le sue componenti sono abilità e
conoscenze.
Nell’istituzione scuola vige una relazione gerarchica che pone le
capacità al vertice, a finalità del sistema educativo; le conoscenze
sono a esse subordinate, incasellate come “strumento e occasione”
d’apprendimento.
Non sarebbe potuto essere diversamente: i caratteri della società in
cui i giovani entreranno al termine dei loro studi non sono
prefigurabili. L’esplosione delle conoscenze, l’invasività della
cultura informatica, la complessità dei problemi, il lavoro
d’équipe, il “ mondo ormai villaggio” impediscono ogni
ragionevole congettura.
Ne consegue che il promuovere la capacità di decidere in
situazioni d’incertezza e in ambienti ignoti è la sostanza del
mandato affidato alle scuole [un tema sviluppato in
“La professionalità dei docenti, un campo inesplorato”, visibile in
rete].
Una piattaforma inconciliabile con l’orientamento
ministeriale di “recuperare il dialogo tra scuola e università
interrotto da riforme scellerate, da un’idea che si potesse separare
l’istruzione secondaria da quella superiore .. scuola e università non
sono due mondi diversi”.
Quale superficialità traspare dalla corrispondente giustificazione:
“gli studenti sono sempre gli stessi” che ha a riferimento la fisicità
dell’individuo non i suoi bisogni.
Una contrapposizione originata sia dalla disattenzione per le
disposizioni che regolamentano la vita delle scuole, sia dalla
noncuranza per i dettami delle scienze dell’organizzazione.
Da un lato il sistema scolastico è orientato all’educazione, unitario,
coordinato, sinergico, dotato di feed-back; dall’altro lato
l’università è costituita da un insieme d’insegnamenti autonomi,
con una propria, specifica finalità [una tematica
sviluppata in “Coraggio! Organizziamo le scuole” e “Quale
formazione per il dirigente scolastico” visibili in rete].
Non meno fragile è l’incipit: siamo in “una comunità che crede nel
futuro del libro .. il passaggio dal libro cartaceo ad un libro che non
sappiamo ancora come sarà .. i nostri libri potranno essere su
piattaforme diverse .. ipad, samsung, piattaforme nuove ..”.
Nella scuola contemporanea, la cui mission è “rendere i nostri studenti
competenti”, discutere della forma del libro di testo è
irrilevante: da analizzare è la sua sostanza che risiede nei
regolamenti di riordino del 2010. Essi hanno aperto la via
elencando le competenze generali verso cui il sistema educativo deve
muovere. Hanno dato indicazioni sulle modalità di progettazione
dei percorsi d’apprendimento: la conoscenza viene intesa ed è da
intendersi come la fase conclusiva di un percorso di ricerca che ha
inizio con la percezione e la definizione di problemi, affrontati e
risolti con le tipiche metodiche disciplinari.
Un’indicazione che fa tesoro del monito di Albert Einstein “La
conoscenza è cosa morta, la scuola, però serve alle persone” 1.
Lo spirito vitale risiede nei problemi e nei metodi disciplinari che
sono motivanti e coinvolgenti, che sono il cardine
della didattica laboratoriale e costituiscono la chiave di volta per la
promozione di comportamenti produttivi.
L’attività di classe risulta bipartita: in un primo momento agli
studenti è sottoposta una situazione problematica aperta, rilevante per
la storia disciplinare, su cui sono chiamati a elaborare
soluzioni. Solo in un secondo momento il docente interverrà
per portare a unità la produzione degli studenti e, quando l’attività
di promozione delle competenze sarà conclusa, sistematizzerà la materia.
In questa fase appare la rilevanza dei libri di testo sui quali lo
studente rintraccia la struttura delle conoscenze affiorate nelle
analisi compiute e contestualizzate dall’insegnante: è
pronto a cogliere le astrazioni concettuali del corpus disciplinare.
E’ da superare l’attuale configurazione dei testi che
sequenzializzano argomenti, proponendo itinerari di
conoscenze [legati al sapere] e non di problemi
[legati al saper agire in un contesto dato -> competenze], che
forniscono ai docenti percorsi cui delegare le
responsabilità progettuali.
In prima battuta i testi dovrebbero descrivere le situazioni
problematiche che fungono da occasione di cattura dei principali
problemi della disciplina, mostrare le modalità della loro
definizione, illustrare le ipotesi formulate, precisare le
strategie e le tecniche risolutive, presentare lo stato dell’arte.
Solo quando la progettazione sarà finalmente diventata il modus
operandi della scuola e la socializzazione delle esperienze sarà
universalmente accettata, la documentazione del lavoro dei docenti
esaurirà tutte le esigenze. [Un esempio è visibile in rete:
“La storia di un triangolo” che documenta un approccio al teorema di
Pitagora].
Il ministro ha sostenuto che le scuole e i docenti non sono in grado di
“vedere l’esito di quello che fanno e avere un feed-back sull’effetto
delle scelte fatte”.
Una concezione che rottama l’autonomia delle istituzioni scolastiche
che “si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di
interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo
della persona umana”.
Com’è possibile progettare se non si può rilevare l’esito del lavoro
fatto e capitalizzare le informazioni contenute nello scostamento
risultati attesi-risultati conseguiti? [Una tematica sviluppata
in “Insegnare matematica dopo il riordino”, visibile in
rete].
L’enunciato iniziale era molto ambizioso: “Quella del digitale è
un'occasione per ripensare un sistema dell'istruzione che ha profondo
bisogno di rinnovamento”. La questione è stata traslata e
banalizzata.
Sarebbe stato interessante discutere della proporzione:
Il digitale STA al mattone COME l’informatica STA all’architettura
[una problematica sviluppata in “La scuola regredisce. Dal piano
nazionale informatica al piano nazionale scuola digitale”,
visibile in rete].
Enrico Maranzana
zanarico@yahoo.it
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Albert Einstein, "Ideas and Opinions" Crown Publishers Inc., 1954
"Sometimes one sees in the school simply the instrument for
transferring a certain maximum quantity of knowledge to the growing
generation. But that is not right. Knowledge is dead; the school,
however serves the living. It should develop in the young individual
those qualities and capabilities which are of value for the welfare of
the commonwealth”.