a A Scampia c'è
una scuola elementare dove la matematica si impara facendo la spesa o
correndo in palestra per capire la differenza tra perimetro e
superficie di una forma. Dove gli studenti sono chiamati a calarsi nei
panni di insegnanti per introdurre i bimbi della scuola dell'infanzia,
ai concetti di numeri e insiemi, alle operazioni e alla geometria:
senza neanche una tabellina, ma con oggetti, animali e cose da
comprare. E capita che gli insegnanti dell'Istituto comprensivo
Virgilio 4 di Napoli si mettano a fare i programmatori dedicando ore
del loro tempo extrascolastico a costruire un dvd e un sito per
divulgare l'esperienza innovativa e mettere a disposizione delle scuole
di tutta Italia moduli di insegnamento e giochi matematici fatti dai
bambini per i bambini.
Siamo a Scampia, davanti alle Vele, il quartiere diventato simbolo di
degrado e disgregazione sociale alla periferia di Napoli.
L'intuizione è nata dalla voglia di insegnare la matematica in maniera
innovativa, introducendo un approccio scientifico alle situazioni
complesse della vita quotidiana: «L'obiettivo è insegnare a essere
buoni cittadini, a mettersi in gioco, a scegliere, a confrontarsi -
spiega Paolo Battimiello, dirigente del Virgilio 4 -: le tabelline non
rientrano in questa logica, ma lo studio e la comprensione di un
assioma matematico possono aiutare a fare le scelte corrette nella vita
quotidiana. I ragazzi devono essere educati a sapere che ci sono delle
regole, nella scienza così come nella vita, da rispettare ma anche da
sfruttare».
Nella primaria del Virgilio 4 la matematica viene insegnata in un
apposito laboratorio ricco di materiali, di forme e colori di tutti i
generi che introducono i bambini ai concetti di ordine, di insieme, di
numero e poi, via via, alle varie operazioni, sempre sotto forma di
gioco: «Non siamo noi insegnanti a dare loro i concetti dalla cattedra,
ma li facciamo emergere insieme, attorno a un tavolo», spiega Giosuè
Verde, uno dei docenti che hanno gestito l'intero progetto. Lui ha
curato la parte tecnica, riversando 160 giochi matematici e una
trentina di video su supporto digitale in tre versioni diverse (pc,
tablet e Lim) - oltre che online sul sito www.atuttalim.it -, a
disposizione delle scuole primarie che vogliano sperimentare una
didattica inclusiva. La digitalizzazione è stata resa possibile dal
contributo concesso dalla Fondazione Enrica Amiotti.
Con Verde ha lavorato un gruppo di docenti che ha messo a punto la
parte più didattica, quella in cui gli alunni hanno "sbriciolato" la
matematica, rendendola digeribile ai bimbi della materna. Il progetto è
stato ampliato alle classi del secondo ciclo della primaria e ora si
guarda alla media. «Bisogna eliminare i ruoli rigidi - prosegue Verde
-: si tratta di eliminare qualsiasi barriera, a partire da quella tra
cattedra e banco. Si lavora insieme, perché tutti devono imparare che
siamo noi a costruirci il sapere».
In questo processo la tecnologia rappresenta uno strumento, tanto più
rilevante per le enormi opportunità che offre: «Il digitale permette di
attuare una didattica per competenze che rompa le barriere e superi le
pareti delle aule in un'ottica di integrazione e di collaborazione»,
gli fa eco Aurora Mangiarotti, membro del Centro Studi ImparaDigitale e
una delle artefici del progetto Scuola Lombardia Digitale che
quest'anno ha fatto lavorare un migliaio di ragazzi di 41 scuole da
tutta la Lombardia su nove unità di apprendimento legate ai temi di
Expo 2015. Un lavoro per competenze dove la distanza fisica è stata
superata grazie alla condivisione nella cloud, in un ambiente tutto
virtuale «in modalità wiki, co-costruendo in maniera collaborativa e
non con un semplice assemblaggio dei materiali», sottolinea Mangiarotti.
«I bambini sono già abituati a lavorare nella nuvola, in maniera
virtuale: per loro diventa subito una modalità normale interagire con
ragazzi che stanno a centinaia di chilometri di distanza», racconta
Nadia Mainetti, insegnante della scuola primaria di Piazza Brembana,
che insieme alle colleghe Daniela Cortinovis e Viviana Lazzaroni si è
imbarcata in questa avventura che ha portato la loro quinta a scendere
in maniera virtuale dall'Alta Val Brembana bergamasca per lavorare
sull'olio con ragazzi più grandi che non hanno mai visto. Due anni fa
le maestre non sapevano quasi neanche cosa fosse un tablet, poi hanno
fatto la scelta coraggiosa di introdurre il digitale in aula: «È stata
una scelta vincente tenendo conto anche di una classe con due casi
certificati e diversi Bes (ragazzi con bisogni educativi speciali,
ndr): per questi bimbi lo schermo ha rappresentato una modalità più
motivante del classico foglio bianco e il lavoro collettivo ha inciso
di più che non la lezione frontale».
Anche Tiziana Pelamatti, docente del liceo Golgi di Breno, in Val
Camonica non ha dubbi: tutti i ragazzi hanno un tablet e la didattica è
stata rivoluzionata «in una chiave di peer education basata sul
confronto e la collaborazione tra ragazzi e docenti». La partecipazione
al progetto di Lombardia Scuola Digitale «è stata un'occasione per
mettersi alla prova e confrontarsi con altre esperienze: abbiamo potuto
verificare che siamo sulla strada giusta».
Due scuole di piccoli comuni di alta montagna che hanno potuto sentirsi
parte di un progetto comune grazie alla nuvola informatica. «Costruire
un modello di scuola a distanza significa aprire la classe, abbatterne
i muri per trasformare l'isolamento da limite geografico a opportunità
di apprendimento sia per gli studenti che per i docenti». A parlare è
Leonardo Tosi, ricercatore di Indire e uno dei curatori del progetto
Piccole scuole crescono, per garantire che le scuole in comuni isolati,
dalle piccole isole alle zone montuose, «con pochi alunni, ad alto
rischio di chiusura e basso tasso di socializzazione» possano
assicurare il diritto allo studio.
Pierangelo
Soldavini
Ilsole24ore.com