Manca il
personale, fanno discutere le storie di alunni autistici emarginati.
OMA Un sostegno che traballa, quello della scuola, in cui gli studenti
che ne hanno più bisogno fanno fatica ad inserirsi e le famiglie,
sempre più spesso, denunciano casi di discriminazione e isolamento. Non
va meglio per i docenti che, in attesa di una vera riforma, vivono il
sostegno come una missione quasi impossibile. Nelle ultime settimane, a
far discutere, sono state soprattutto storie di ragazzi autistici che,
per motivi organizzativi, non hanno potuto partecipare alla normale
vita scolastica. Fatta anche di viaggi, gite e visite culturali
all’aperto. E allora, ancora una volta, si torna a parlare di riforma
del sostegno. Un aspetto delicato che, non a caso, è tra le deleghe
della Buona Scuola e il ministero all’Istruzione ha avviato un percorso
di discussione.
I PROBLEMI
Tra i banchi di scuola, infatti, mancano sia il personale preparato
alle esigenze di bambini con difficoltà sia risorse e strutture
adeguate. Accade così che a Legnano una ragazza di terza media non sia
riuscita ad andare in gita con la sua classe perché nessuna compagna
voleva dividere la stanza d’albergo con lei. Esplode la polemica, la
gita viene sospesa e rimandata. Molto simile la vicenda di un bimbo di
una scmaterna di Firenze che, per partecipare alla visita culturale a
Villa Strozzi, avrebbe dovuto spostarsi in taxi perché sul pulmino non
c’era posto per la maestra di sostegno. Poi c’è la storia di Giulio, il
quattordicenne di Livorno che è rimasto a casa mentre i compagni vanno
in gita. Per lui parte la campagna su Facebook con tanto di hashtag
dedicato #iosonoGiulio. All’Isola d’Elba, invece, scoppia il caso del
bimbo di 11 anni che, secondo la mamma, sarebbe vittima di bullismo e
troppo spesso in isolamento lungo il corridoio della scuola. E la
battaglia, allora, si combatte troppo spesso tra scuola e famiglia
quando invece le due parti dovrebbero essere alleate. Nel bene del
ragazzo, ovviamente. Da un lato i genitori che chiedono assistenza e,
dall’altro, la scuola che non ce la fa, per difficoltà oggettive.
«Sugli studenti autistici c’è tanta ipocrisia»: non ha dubbi la
professoressa Daniele Boscolo, docente di inglese della provincia di
Rovigo che da 12 anni si dedica al sostegno. Un settore in cui, oggi, è
decisamente autorevole tanto da essere stata selezionata tra i migliori
50 docenti al mondo, per il concorso “The global teacher prize” della
Varkey Foundation. «Ogni ragazzo ha una storia a sé – spiega la Boscolo
– ed ha esigenze tutte sue. Esistono deficit piuttosto evidenti che non
permettono ad un ragazzo autistico di partecipare a un viaggio senza
problemi perché non può stare troppo a lungo con tante persone, e
necessita di routine particolari. Spesso, ad esempio, ha bisogno di
uscire dalla classe e restare solo con l’insegnante di sostegno, in un
ambiente silenzioso. Oppure ha bisogno di correre in corridoio. Si
tratta di terapie in cui vengono coinvolte anche le famiglie. È facile
gridare allo scandalo, altra cosa è saper dare la giusta assistenza».
LE NECESSITÀ
Che cosa manca allora alla scuola italiana? «Alle medie e alle
superiori i ragazzi hanno al massimo 18 ore di sostegno a settimana su
un totale di 32 ore – spiega Daniela Boscolo – nella maggior parte dei
casi non si va sopra le 14 ore. Nella provincia di Rovigo la Asl invia
gli operatori sanitari per 6 ore aggiuntive ai ragazzi sotto i 14 anni,
solo per due ore per i ragazzi con più di 18 anni. Quindi, nelle ore
senza sostegno, un docente da solo come fa a far lezione in classe e ad
assistere al meglio lo studente autistico? Inutile riempirsi la bocca
con il termine inclusione». Negli anni ’70, infatti, sono state abolite
le classi speciali in nome dell’inclusione. «Ma non è stato fatto
niente per migliorare la situazione: servono scuole senza barriere
architettoniche e una vera formazione per tutto il personale docente e
Ata. Un solo insegnante super specializzato, infatti, dovrebbe essere
sempre presente ma sappiamo bene che non è possibile».
Lorena Loiacono
Il Messaggero