Fino a 10 ottobre 600
eventi in tutta Italia organizzati dall’Aid (Associazione italiana
dislessia) per aumentare la consapevolezza di famiglie e docenti sui
disturbi specifici dell’apprendimento (dsa). A Roma un convegno di due
giorni - Convegni, incontri e iniziative in 90 città italiane: è la
settimana della dislessia. In tutto 600 eventi pensati e organizzati
dall’Aid (Associazione italiana dislessia) che andranno avanti fino a
lunedì 10 ottobre per aumentare la consapevolezza di famiglie e docenti
sui disturbi specifici dell’apprendimento (GUARDA LO
SPECIALE SUI DSA). Stiamo parlando di dislessia, disgrafia,
discalculia e disortografia: non malattie, ma disturbi neurobiologici
che interessano una buona fetta della popolazione. Basti pensare che le
persone dislessiche in Italia sono 1.900.000, di cui 350mila ragazzi in
età scolare. È importante partire proprio dalla scuola perchè
individuare presto un possibile Dsa significa iniziare subito il
percorso di recupero. Ma per questo è necessario che i docenti e
genitori siano sempre più formati e informati.
Le iniziative
È per questo che 1.500 volontari scenderanno in piazza con l’intento di
scardinare il tabù che trasforma un disturbo in uno stigma sociale. A
Milano sono in programma diverse iniziative: da un incontro sabato per
aiutare i ragazzi nella scelta della scuola superiore, all’open day di
domenica della sede in via Ettore Bugatti, fino al camper itinerante
che girerà nelle piazze e nelle scuole per tutto il week end. A Salerno
un incontro per formare genitori e prof. In programma nella Capitale
due giorni di convegno all’università di Roma Tre «per fare il punto
sulle nuove strategie didattiche che puntano tutto e sull’integrazione
sull’applicazione della legge 170 del 2010 che ha sancito in Italia il
diritto alle pari opportunità nell’istruzione per i ragazzi con
dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia» dice Sabrina
Franciosi, organizzatrice del convegno.
L’integrazione digitale
«Integrazione» e «digitale» sono le parole chiave che Franciosi ripete
più volte per unascuola davvero inclusiva come la prevede la legge di
sei anni fa. «Le ultime ricerche scientifiche puntano sugli strumenti
digitali. E più ne entrano in classe, più favoriremo anche i ragazzi
con dsa – dice – Un alunno disgrafico o dislessico, si sente isolato se
è l’unico che in classe usa il pc. Se invece tutti i compagni utilizza
Lim e tablet, sarà perfettamente integrato». Un esempio? «Ho seguito un
ragazzo fortemente disgrafico, gli mancava proprio l’organizzazione
dello spazio nel foglio. Non solo noi insegnanti, ma nemmeno lui non
riusciva a leggere quello che scriveva e questo generava frustrazione e
rifiuto. Non aveva mai voluto usare il pc in classe perchè si sentiva
diverso – racconta Franciosi – Io l’ho conosciuto in prima media e
abbiamo iniziato un lavoro con la classe chiedendo a tutti di portare
pc e tablet. Siamo arrivati in terza con ottimi risultati: tutti hanno
sostenuto l’esame con una presentazione al computer e mappe concettuali
digitali». Oggi quel ragazzo frequenta il liceo classico con buoni
risultati: si è appassionato alla letteratura, scrive testi elaborati e
traduce brani dal latino e greco con il suo bel dizionario (digitale,
ovviamente). «Il suo successo è quello di tutta la scuola davvero
inclusiva».
Le nuove strategie didattiche
Nel convegno di Roma si parlerà dell’importanza di trovare insegnanti
formati e disposti a ribaltare l’idea di lezione in classe. E di
strategie didattiche innovative: l’educazione “pratica” basata sugli
esempi concreti (Evidence based education diffusa nei paesi
anglosassni); le classi rovesciate ( Flipped classrom) che stravolgono
l’alternanza didattica/compiti a casa; il lavoro di gruppo (Cooperative
learning) che assegna a tutti un ruolo in base alle competenze.Insieme
alla diagnosi precoce del problema, «questi metodi sono fondamentale
per i ragazzi con dsa – assicura Franciosi – perchè aiutano i ragazzi a
tirar fuori le loro strategie personali, a tirare fuori risorse
inaspettate. Succede così che ragazzi all’apparenza pigri e svogliati,
oppure ansiosi e iperattivi, rispondano in maniera sorprendente».
Infine, si chiederà a voce forte l’applicazione della legge del 2010.
«Aspettiamo ancora che la Regione Lazio approvi un protocollo d’intesa
con le Asl, il mondo della scuola e le associazioni come la nostra per
realizzare concretamente le pari opportunità prescritte nella norma»
Carlotta De Leo
Corriere della sera