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Didattica: Riflessioni della maestra Margherita sull'Innovazione didattica a scuola di Giovanni Biondi - Presidente INDIRE

I video della scuola
Penso che l’intervento di Biondi sia più che altro banale e antiquatissimo, oltre che di spessore minimo. Tralascio peraltro il suo uso della lingua, tanto più che, Biondi a parte, vorrei invece provare a commentare questa questione cruciale che mi sta molto a cuore: la didattica delle discipline. Per quanto mi riguarda, si fa sempre lo stesso errore, e cioè quello di contrapporre la tradizione all’innovazione che la dovrebbe sostituire; e altresì, l’innovazione alla tradizione che dovrebbe essere preservata. Non capisco l’antinomia, che peraltro nessun docente serio contempla davvero, nel suo approccio didattico. Fino a quando ragioneremo in questi termini, non arriveremo da nessuna parte. Mi spiego: quando un docente ‘trasmette’ per esempio il suo sapere in una lezione frontale, generalmente trasmette un sistema di informazioni ben (si spera!) strutturate, organizzate in anni e anni di studi. Un sistema a cui si arriva per molti gradi e che l’allievo non può raggiungere da sé, in quanto non ne ha gli strumenti. Il docente cioè, non gli mostra il processo della ricerca, ma gli ‘trasmette’ i risultati già organizzati, gliene offre cioè una preziosissima ‘sintesi’.

La lezione frontale dell’adulto è per uno studente giovane una grande occasione di risparmio di tempo di energie, ma soprattutto di osservazione di cosa significa un sistema strutturato di informazioni. Chiarirei inoltre una questione fondamentale: un docente di scuola minimamente capace evita sempre una lezione esclusivamente frontale, e favorisce semmai la partecipazione degli allievi che è assicurata dalle loro domande o interventi. Questo genere di lezione, questo approccio didattico, non potrà mai (e non dovrà soprattutto), prescindere dalla figura del docente. Il docente, l’adulto che possiede e generosamente mette a disposizione dei giovani un sapere strutturato, è insostituibile, prezioso, dovrebbe essere una ‘specie protetta’ (in questo senso, risulta condivisibile il riferimento all’ ‘empatia’ che fa Biondi nella sua intervista, quando parla della lezione scaricata sul Cloud).

Procediamo: uno studente di oggi rispetto ad uno del passato non si accontenta (e non deve farlo) di un sapere già espresso in forme organizzate. Nel nostro tempo, in cui grande importanza hanno le competenze affiancate alle conoscenze (ed è giusto, a mio modo di vedere), un allievo ha bisogno di una guida per fare personale e diretta esperienza anche di come si raggiunge un ‘sapere strutturato’. Questo obbliga il docente ad affiancare alle lezioni ‘frontali’, delle lezioni ‘laboratoriali’. Esse trasmettono un minor numero di conoscenze: chi ha tenuto almeno una lezione-laboratorio nella vita sa perfettamente quanto tempo in più richiedono le lezioni-laboratorio, rispetto a quelle frontali. Le lezioni-laboratorio inoltre trasmettono le conoscenze in modo meno sistematico, e però sono imprescindibili per ‘trasmettere’ all’allievo anche delle competenze: l’allievo impara nei laboratori come si fa a sistematizzare le conoscenze. Ovviamente la mia è una schematizzazione: si apprendono conoscenze e competenze sia nel caso della lezione frontale, che in quella della lezione laboratoriale. Diciamo che il primo tipo è imperniato più sulle ‘conoscenze’ e il secondo, sulle ‘competenze’, i ‘metodi’ per raggiungerle.
 
Ma veniamo alla didattica ‘tecnologizzata’. Qui c’è davvero pochissimo da dire. Le tecnologie sono necessarie e utilissime come qualunque docente sa perfettamente. Il problema è come sempre quello della ‘sostituzione’ del nuovo rispetto al ‘vecchio’, o della ‘resistenza’ del ‘vecchio’, che deve esser preservato sul nuovo (la scrittura a mano vs la videoscrittura, e viceversa; la ricerca in biblioteca vs quella su google e viceversa, etc.) Nulla di più banale. Per quanto mi riguarda, un docente oggi deve soprattutto imparare la flessibilità didattica. Ci sono autori, lezioni, teoremi, leggi, principi, teorie, opere, fenomeni che vanno sintetizzati con una lezione frontale utile a una sistematizzazione; ce ne sono altri che vanno estrapolati da tutto e cui va dedicato un laboratorio specialistico ed esclusivo, certosino; altri che possono essere trattati con modalità di didattica breve; altri che necessitano di software specializzati; altri che possono essere utilizzati per scopi trasversali e che dunque richiedono altre strategie didattiche.

Nessuna disciplina dovrebbe essere affrontata con un unico approccio didattico. La ‘destrutturazione delle aule’ di cui parla Biondi non mi pare né grave né opportuna. Mi sembra più che altro una cosa di una ovvietà spaventosa. Tutti noi montiamo o smontiamo la classe a seconda delle esigenze didattiche, mi sembra ovvio. Infatti, secondo me io ho detto solo ovvietà. Sono cose che i docenti fanno già. Semmai, sono a favore di una revisione dei programmi, tanto più che il monte ore è vergognosamente risicato rispetto alle loro proporzioni. Ma già lo so che il rischio della didattica fai-da-te in cui un docente possa decidere di saltare a piè pari Petrarca o la termodinamica, è alle porte.

La maestra Margherita








Postato il Mercoledì, 08 febbraio 2017 ore 08:30:00 CET di Michelangelo Nicotra
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