Il modello
formativo dichiarato per gli Istituti Professionali è
il sistema duale, introdotto di fatto in Italia con la riforma del
mercato del lavoro e con la cosiddetta Buona Scuola ;un modello
formativo integrato tra scuola e lavoro , mutuato dalla Germania;un
modello che propone la prevalenza delle esperienze lavorative sulle
discipline scolastiche. Il sistema duale non vuole essere solo un
intervento specifico di ordine metodologico , ma un approccio generale
per una politica di transizione dall'istruzione al lavoro. Che ne
faccia
esperienza innanzi tutto l'Istruzione Professionale non deve
sorprendere, perchè fin dagli inizi della sua storia ha fatto parte
delle politiche sociali in termini di lotta alla disoccupazione, di
promozione e di tutela delle condizioni individuali dei
lavoratori.
La disoccupazione giovanile è un problema di cui
certamente il sistema di istruzione deve farsi carico, ma è non
risolvibile solo dal lato dell'offerta del lavoro e in assenza di
cospicui e costanti investimenti nel sistema produttivo. Senza adeguata
vigilanza con le nuove norme si rischia di rendere l'istruzione
professionale in modo prevalente uno strumento di politica
economica e un fattore di sviluppo produttivo, subordinati, però, agli
interessi e alle strategie del mondo delle aziende. In
questa prospettiva non è certamente il sistema scolastico a dire la
prima parola e a porre le condizioni del rapporto. In linea generale
non è un buon segnale che si restringa lo spazio della cultura e
dell'istruzione generale, come si è fatto, perchè di ciò si ha bisogno
per educare , per avere buoni lavoratori e buoni cittadini. Col solo
addestramento non si va molto lontano.
Il ricorso intensivo alle pratiche laboratoriali e soprattutto
alle attività di alternanza e a quelle di apprendistato, più
complesse di quanto si pensi, senza un alto controllo epistemologico
sui vari momenti del rapporto tra teoria e prassi puo' condurre alla
banalizzazione dei saperi, all'impoverimento degli apprendimenti , ad
una
complessiva preparazione professionale soggetta a facili deperimenti e
potenzialmente non adeguata a seguire e a confrontarsi con
gli sviluppi tecnologici dell'apparato produttivo. Michele Pellerey a
proposito delle esperienze di alternanza e di apprendistato ricorda che
tra esperienza in azienda e interventi formativi nelle scuole e nelle
istituzioni formative va attivata una vera e propria
circolarità:l'apporto conoscitivo offerto nei luoghi di formazione deve
trovare riscontro nelle esperienze lavorative e le esperienze
lavorative devono trovare spazio di riflessione critica e di
consapevolezza progressiva all'interno degli interventi delle scuole e
delle istituzioni formative. Se manca questa tensione si rischia di
disarticolare e di rendere confuso e precario il corso delle attività
didattiche. E questo non sarebbe certamente ciò che si
ripromette la nuova Istruzione Professionale, che si
configura senza dubbio come un campo sperimentale da osservare con
attenzione in queste pratiche e in quelle di accompagnamento e
nella flessibilità organizzativa. E' opportuno, tuttavia, ricordare che
la
buona riuscita delle attività di alternanza e di apprendistato
dipende anche dalla qualità dei tutor e in modo particolare
di quello aziendale, in genere non appositamente formato per questa
mansione.
L'insieme delle innovazioni metodologiche e curricolari, sulle quali ci
si è soffermati nelle note precedenti, ci consegna un indirizzo di
istruzione quasi descolarizzato, come richiesto da alcune parti
sociali. Hanno sicuramente differenziato l'Istruzione Professionale
dall'Istruzione Tecnica , ma l'hanno reso tale e quale la Formazione e
Istruzione Professionale Regionale. La differenza sta tutta nella
durata quinquennale, finchè si avrà la capacità di difenderla dalle
sperimentazioni che propongono i quattro anni per gli istituti del
secondo ciclo. A questo punto e così ridotta l'Istruzione
Professionale, verrebbe voglia di chiedersi per quali motivi si ritiene
necessario tenerla ancora al Ministero della Pubblica
Istruzione e nelle competenze dello Stato. Logica vorrebbe che con armi
e bagagli passi alle cure e alle attenzioni delle Regioni. Si è
deciso invece di istituire nuove modalità di rapporto tra
l'Istruzione Professionale e l'Istruzione e Formazione Professionale
Regionale.
Con decreto del Ministero della pubblica istruzione di concerto con il
Ministero del lavoro e con quello dell'Economia e delle finanze ,
previa
intesa in sede di Conferenza permanente tra Stato e Regioni e Province
Autonome di Trento e Bolzano saranno definiti i nuovi criteri generali
per favorire i raccordi tra i due settori dell'istruzione a carattere
professionale e per la realizzazione dei percorsi che conducono alla
qualifica e al diploma professionale da realizzare negli Istituti
Professionali. Per facilitare il dialogo tra Istruzione Professionale e
Istruzione e Formazione Regionale viene istituita la Rete Nazionale
delle Scuole Professionali.
La Rete è un contenitore di cui faranno parte gli istituti
professionali statali e le istituzioni formative regionali "nel
rispetto della loro diversa identità e pari dignità"(art. 7 decreto
legislativo n. 61/2017)per promuovere l'innovazione, il permanente
raccordo col mondo del lavoro, per rafforzare gli interventi di
supporto
alla transizione dalla scuola al lavoro, per diffondere e sostenere il
modello duale realizzato in alternanza scuola -lavoro e in
apprendistato e per l'aggiornamento periodico degli indirizzi di
studio. Per queste finalità la Rete delle Scuole Professionali si
raccorderà con la Rete Nazionale dei Servizi per le Politiche del
Lavoro, di cui all'art. 1 comma2 del decreto legislativo 14 settembre
2015 n. 150. Si chiude in questo modo il cerchio tra mondo delle scuole
professionali e le istituzioni preposte alle politiche del lavoro e si
dà qualche soddisfazione alle sollecitazioni della Comunità Europea di
sviluppare l'apprendimento basato sul lavoro. Si dice per sviluppare la
cultura del lavoro o forse per accettare il lavoro come è stato
ridotto.
La nuova Istruzione Professionale dovrebbe partire dall'a. s 2018/2019
e
, a prescindere dalle valutazioni espresse in questa e nelle note
precedenti, chiaramente senza un lavoro serio di preparazione di tutto
il personale della scuola, che indichi con chiarezza il significato di
ogni passaggio di questa riforma e il modo più razionale di
realizzarlo, questo importante settore del sistema di istruzione
nazionale puo' sfasciarsi, mandando in aria tutti i suoi buoni
propositi. Ancora una volta fallirebbe l'impresa di rendere attrattiva
l'Istruzione Professionale e svanirebbe l'ambizione di legare le
competenze formate nel sistema di istruzione con i profili
professionali del mondo del lavoro.
Raimondo Giunta