Il
Natale si aspettava dagli inizi di dicembre quando ero bambina: albe
fredde e notti ad indovinare le stelle, contarle anche dietro l'ombra
delle nuvole, facendo la corte alla luna. Con mia madre si andava per
anfratti a raccogliere il muschio a Tresolino, una nostra terra davanti
alla casa del nonno paterno e bisognava fare attenzione a staccarlo
intatto e a posarlo con delicatezza come abito di seta. Il paniere
luccicava di quel verde rugiadoso e mia madre reggeva con le mani
vassoi improvvisati come trofei, doni preziosi.
Già il presepe era nei nostri occhi ed i pastori più antichi ogni anno
venivano riparati. Io amavo di più l'albero che arrivava superbo a casa
portato da Salvatore, il contadino fedele, col viso scavato e bruno,
come certe statue di santi nelle chiese, gli occhi vivaci e le mani
virtuose. Lui portava doni, le arance bellissime, le verdure dai
fogliami folti come capelli di donna, il cappone da lui curato, un
formaggio piccante che trasudava olio. Aiutava mia madre a sistemare
l'albero e rimaneva con noi a volte anche a pranzo.
Poi la scena si svuotava di tutto e spiccava la gonna a ruota di mia
madre, esile su una scala, intenta a vestire l'albero nelle parti più
alte su fino in cima. La gonna ondeggiava verso sera davanti alle
lucine dell'addobbo e i suoi occhi brillavano di promesse. Sceglievo
con mio fratello i pupazzi, l'omino di neve, le monete di cioccolato e
dagli scatoloni spuntava sempre una qualche meraviglia. Quell'albero
non finiva mai, ancora c'erano giorni per aggiungere o togliere. Ce lo
raccontavamo ogni giorno.
Non c'era allora il calendario dell'avvento, ma ogni giorno noi
aprivamo una nuova finestrina nei nostri pensieri e le fiabe, le
foreste incantate, la neve soffice come trina ci accompagnavano. Lo
zampognaro veniva almeno due tre volte con le sue note antiche da
quello strumento di pelle d'animale e canne che pareva arrivassero al
cielo, lì proprio dove la luna si era fermata un istante.
Poi dalla grande cucina esalava l'odore del miele caldo, fitto di bucce
d'arancia ed era il segnale dei dolci particolari che lei, mia madre,
preparava con dovizia e destrezza. Così il Natale...
Sara Gentile