Disturbi dell'apprendimento:
insegnanti impreparati
a riconoscere sintomi e differenze.
Circa 1 studente su 5, nel corso della vita scolastica,
ha bisogno dell'aiuto di un esperto. L'Osservatorio nazionale di Firenze
monitora le conoscenze di genitori e docenti
di Carla Chiaramoni, da Superabile del 4 gennaio 2007
FIRENZE - Bocciature, ritiri dalla scuola, fatica a stare al passo con gli altri allievi: circa uno studente su cinque in Italia, nel corso della sua vita scolastica, ha bisogno dell'aiuto di un esperto. Il dato è ritenuto significativo e preoccupante dagli studiosi dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l"adolescenza di Firenze che da questa considerazione sono partiti per avviare un'indagine sui problemi delle difficoltà di apprendimento nelle scuole, pubblicata recentemente nei "Quaderni". Non si tratta di un'indagine quantitativa; l'obiettivo piuttosto era verificare la percezione del fenomeno da parte di chi vive a stretto contatto con i minori fra 6 e 14 anni, durante cioè gli anni della scuola. Questionari mirati sono stati sottoposti a insegnanti e dirigenti scolastici delle scuole primarie e delle scuole secondarie di I grado, operatori dei servizi sociali e genitori.
Un passo indietro. Per "difficoltà di apprendimento, spiega la dottoressa Daniela Lucangeli professore ordinario di Psicologia dello sviluppo, Università di Padova, uno dei curatori dell'indagine, si intendono diverse "tipologie di problematiche scolastiche che possono impedire, ostacolare o semplicemente rallentare il normale processo dell'apprendere". Non sono dunque difficoltà associabili a patologie, ma riguardano sia lo studente (caratteristiche della personalità, stile di vita, motivazione) che il contesto (caratteristiche socioculturali dell'ambiente, aspetti familiari, qualità dell'istituzione scolastica). Altra cosa invece sono i "disturbi specifici dell'apprendimento", come dislessia, discalculia e iperattività, che, nella quasi totalità dei casi, sono di natura congenita e che "rappresentano una sorta di elemento costitutivo che accompagna il bambino fin dalle prime fasi del suo apprendimento". In questo caso - spiega la dottoressa Lucangeli - il bambino "deve acquisire nuove abilità, come lettura, scrittura e calcolo, partendo da un assetto neuropsicologico che non favorisce l'apprendimento naturale di quei costrutti". Gli obiettivi della rieducazione e dell'intervento sono necessariamente differenti. Ma cosa ne sanno gli adulti, soprattutto le figure più importanti nel processo di apprendimento? E quanto sono in grado di distinguere i momenti di difficoltà da disturbi specifici?
Il 77% del totale degli insegnanti intervistati ha risposto in modo inadeguato alla domanda "Che differenza c'è tra difficoltà di apprendimento e disturbi specifici?": il 57% degli docenti della scuola primaria ritiene - in modo errato - che i disturbi specifici precedano le difficoltà di apprendimento; solo il 26% degli insegnanti della scuola primaria risponde esattamente. "Il dato - sottolinea Daniela Lucangeli - è ancora più allarmante se si considera che l'insegnante della scuola primaria è la figura professionale che, forse per prima e più di tutte le altre, si trova coinvolta in problematiche di questo tipo di cui, nella maggioranza dei casi, non comprende adeguatamente l'origine". I dati che riguardano gli insegnanti della scuola secondaria di I grado non sono molto diversi: il 59% ritiene che i disturbi specifici precedano l'instaurarsi delle difficoltà di apprendimento ed è ancora più bassa la percentuale che risponde correttamente alla domanda (19%), meno di 1 insegnante su 5. L'8,5% dell'intero campione non riconosce nessuna differenza tra disturbi specifici e difficoltà di apprendimento, il 2,2% non sa rispondere. Non solo; l'indagine mostra che la maggior parte degli insegnati ritiene che "le difficoltà e i disturbi dell'apprendimento siano un problema molto raro e quasi mai riscontrabile" e che "i disturbi dell'apprendimento dipendano sia da una base neuropsicologica sia da svantaggio socioculturale". Solo 11% degli insegnanti identifica correttamente le cause.
Non va meglio con gli insegnanti di sostegno: l'indagine ne ha coinvolti in totale 279, di cui 143 appartenenti alla scuola primaria e 136 alla scuola secondaria di I grado. "Dalle risposte - sottolineano gli osservatori - si nota come gli insegnanti di sostegno, che forse dovrebbero conoscere più degli altri problematiche e disturbi legati all'apprendimento, non sembrano possedere in realtà maggiori o più chiare conoscenze. Permangono i numerosi pregiudizi riscontrati nella precedente analisi e molti di essi sono addirittura più evidenti". La percentuale delle risposte corrette è molto bassa, anche se dimostra, in generale, qualche conoscenza in più: il 20,4% per gli insegnanti di sostegno contro il 16,5% per gli altri insegnanti. Tuttavia secondo i dirigenti scolastici sono principalmente i docenti a evidenziare la presenza di bambini con disturbi specifici o difficoltà di apprendimento. "Questo dato - si legge nel rapporto - risulta abbastanza sconcertante: sebbene i dirigenti scolastici siano convinti che gli insegnanti possano identificare i bambini con disturbi dell'apprendimento e/o con difficoltà di apprendimento, in realtà gli insegnanti spesso non sono in grado di individuarli in quanto mancano di conoscenze fondamentali in questo campo".
insegnanti impreparati
a riconoscere sintomi e differenze.
Circa 1 studente su 5, nel corso della vita scolastica,
ha bisogno dell'aiuto di un esperto. L'Osservatorio nazionale di Firenze
monitora le conoscenze di genitori e docenti
di Carla Chiaramoni, da Superabile del 4 gennaio 2007
FIRENZE - Bocciature, ritiri dalla scuola, fatica a stare al passo con gli altri allievi: circa uno studente su cinque in Italia, nel corso della sua vita scolastica, ha bisogno dell'aiuto di un esperto. Il dato è ritenuto significativo e preoccupante dagli studiosi dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l"adolescenza di Firenze che da questa considerazione sono partiti per avviare un'indagine sui problemi delle difficoltà di apprendimento nelle scuole, pubblicata recentemente nei "Quaderni". Non si tratta di un'indagine quantitativa; l'obiettivo piuttosto era verificare la percezione del fenomeno da parte di chi vive a stretto contatto con i minori fra 6 e 14 anni, durante cioè gli anni della scuola. Questionari mirati sono stati sottoposti a insegnanti e dirigenti scolastici delle scuole primarie e delle scuole secondarie di I grado, operatori dei servizi sociali e genitori.
Un passo indietro. Per "difficoltà di apprendimento, spiega la dottoressa Daniela Lucangeli professore ordinario di Psicologia dello sviluppo, Università di Padova, uno dei curatori dell'indagine, si intendono diverse "tipologie di problematiche scolastiche che possono impedire, ostacolare o semplicemente rallentare il normale processo dell'apprendere". Non sono dunque difficoltà associabili a patologie, ma riguardano sia lo studente (caratteristiche della personalità, stile di vita, motivazione) che il contesto (caratteristiche socioculturali dell'ambiente, aspetti familiari, qualità dell'istituzione scolastica). Altra cosa invece sono i "disturbi specifici dell'apprendimento", come dislessia, discalculia e iperattività, che, nella quasi totalità dei casi, sono di natura congenita e che "rappresentano una sorta di elemento costitutivo che accompagna il bambino fin dalle prime fasi del suo apprendimento". In questo caso - spiega la dottoressa Lucangeli - il bambino "deve acquisire nuove abilità, come lettura, scrittura e calcolo, partendo da un assetto neuropsicologico che non favorisce l'apprendimento naturale di quei costrutti". Gli obiettivi della rieducazione e dell'intervento sono necessariamente differenti. Ma cosa ne sanno gli adulti, soprattutto le figure più importanti nel processo di apprendimento? E quanto sono in grado di distinguere i momenti di difficoltà da disturbi specifici?
Il 77% del totale degli insegnanti intervistati ha risposto in modo inadeguato alla domanda "Che differenza c'è tra difficoltà di apprendimento e disturbi specifici?": il 57% degli docenti della scuola primaria ritiene - in modo errato - che i disturbi specifici precedano le difficoltà di apprendimento; solo il 26% degli insegnanti della scuola primaria risponde esattamente. "Il dato - sottolinea Daniela Lucangeli - è ancora più allarmante se si considera che l'insegnante della scuola primaria è la figura professionale che, forse per prima e più di tutte le altre, si trova coinvolta in problematiche di questo tipo di cui, nella maggioranza dei casi, non comprende adeguatamente l'origine". I dati che riguardano gli insegnanti della scuola secondaria di I grado non sono molto diversi: il 59% ritiene che i disturbi specifici precedano l'instaurarsi delle difficoltà di apprendimento ed è ancora più bassa la percentuale che risponde correttamente alla domanda (19%), meno di 1 insegnante su 5. L'8,5% dell'intero campione non riconosce nessuna differenza tra disturbi specifici e difficoltà di apprendimento, il 2,2% non sa rispondere. Non solo; l'indagine mostra che la maggior parte degli insegnati ritiene che "le difficoltà e i disturbi dell'apprendimento siano un problema molto raro e quasi mai riscontrabile" e che "i disturbi dell'apprendimento dipendano sia da una base neuropsicologica sia da svantaggio socioculturale". Solo 11% degli insegnanti identifica correttamente le cause.
Non va meglio con gli insegnanti di sostegno: l'indagine ne ha coinvolti in totale 279, di cui 143 appartenenti alla scuola primaria e 136 alla scuola secondaria di I grado. "Dalle risposte - sottolineano gli osservatori - si nota come gli insegnanti di sostegno, che forse dovrebbero conoscere più degli altri problematiche e disturbi legati all'apprendimento, non sembrano possedere in realtà maggiori o più chiare conoscenze. Permangono i numerosi pregiudizi riscontrati nella precedente analisi e molti di essi sono addirittura più evidenti". La percentuale delle risposte corrette è molto bassa, anche se dimostra, in generale, qualche conoscenza in più: il 20,4% per gli insegnanti di sostegno contro il 16,5% per gli altri insegnanti. Tuttavia secondo i dirigenti scolastici sono principalmente i docenti a evidenziare la presenza di bambini con disturbi specifici o difficoltà di apprendimento. "Questo dato - si legge nel rapporto - risulta abbastanza sconcertante: sebbene i dirigenti scolastici siano convinti che gli insegnanti possano identificare i bambini con disturbi dell'apprendimento e/o con difficoltà di apprendimento, in realtà gli insegnanti spesso non sono in grado di individuarli in quanto mancano di conoscenze fondamentali in questo campo".