Condanne da sei mesi a un anno di carcere per quattro dirigenti (alcuni ex) di Google accusati di concorso in diffamazione e violazione della privacy. La vicenda è quella della diffusione sul sito "Google Video" del famoso filmato sul bullismo scolastico in cui si vede un ragazzo disabile maltrattato dai compagni di classe.
Si tratta del primo processo a carico di dirigenti del più famoso motore di ricerca al mondo, relativo alla pubblicazione di contenuti sul web. In particolare, i pm hanno chiesto la condanna a un anno di reclusione per David Carl Drummond, ex presidente del Cda di Google Italy e ora senior vice presidente, per George De Los Reyes, ex membro del cda di Google Italy e ora in pensione, e per Peter Fleitcher, responsabile delle strategie per la privacy per l'Europa di Google Inc. Per Arvind Desikan, responsabile del progetto Google Video per l'Europa, invece, l'accusa ha chiesto una condanna a sei mesi di reclusione.
Il video in cui il minore portatore di handicap veniva insultato e deriso dai compagni di una scuola torinese, venne girato a fine maggio 2006 e caricato su Google Video l'8 settembre 2006, dove rimase online fino al 7 novembre. Il filmato era inserito nella categoria 'Video piu' divertentì ed era arrivato al 29/o posto dei video più cliccati, con 5500 contatti. Nelle scorse udienze del processo, che si svolge con il rito abbreviato e a porte chiuse come richiesto dalla difesa degli imputati, i legali del ragazzino disabile avevano ritirato la querela nei confronti degli imputati. Sono invece presenti come parti civili nel processo l'associazione 'Vividown', che veniva insultata nel video, e il Comune di Milano, che può costituirsi in base alla legge istitutiva del difensore civico nei procedimenti in cui sono vittime persone disabili.
"La tutela dei diritti fondamentali non può essere calpestata sulla base soltanto del diritto d'impresa" hanno detto i pm nel corso della loro requisitoria. Non si tratta, hanno spiegato "di un problema di libertà, ma di responsabilità". Secondo i pm, Google avrebbe avuto il dovere di "lanciare un sevizio responsabile, che non può calpestare i diritti fondamentali". Google, secondo i pm, ha infatti tutto il diritto di fare impresa e di guadagnare, ma deve farlo in modo responsabile. (da repubblica.it)