«Agata significa
“buona” e perciò questa giovane santa
catanese, già nel suo nome ma soprattutto con la sua esemplare
testimonianza,
ci spinge ad alzare lo sguardo verso la fonte di ogni bontà: Dio, bontà
infinita. Agata ha creduto alla bontà di Dio; l’ha mostrata alle
persone del
suo tempo non solo con il nome che portava, ma soprattutto con la vita
buona
che conduceva». Sono le parole di Mons. Salvatore Gristina, Arcivescovo
di
Catania, pronunciate ieri pomeriggio nell’annuale discorso alla città
durante i
festeggiamenti per Sant’Agata. Parole dirette ai devoti, ai turisti,
agli
amministratori, alla Chiesa etnea, che la Patrona ha testimoniato con
il dono
della sua vita.
La folla silenziosa e
attenta è poi richiamata e invitata a
leggere con particolare impegno gli orientamenti CEI “Educare
alla vita buona del Vangelo” per
essere “buoni” come, di nome e di fatto, è stata Sant’Agata: «Infatti,
vogliamo
onorare veramente la Santa Patrona cercando di imitarla, impegnandoci,
come
Lei, nella vita buona del Vangelo». Nella seconda parte il discorso si
allarga
ancor più ad una dimensione ecclesiale, con riferimento agli ambiti di
riflessione del Convegno di Verona del 2006 che «indica “cinque
percorsi di
vita buona” che possiamo intraprendere nella nostra vita quotidiana».
Il primo
tema, l’affettività, è particolarmente rivolto dal Pastore catanese ai
giovani
e contro i cattivi modelli della nostra società: «Guardando a Lei che
ha saputo
vincere le subdole e peccaminose insidie del potente Quinziano, i
giovani delle
nostre famiglie trovano un bell’esempio per vincere la cultura
moralmente
inquinata che li circonda per impegnarsi a vivere quei valori ed ideali
di cui
è invece ricca la loro giovinezza». Per vincere le forze del male che
tentavano
di circuirla, Agata seppe fare della fragilità, altro tema di Verona,
una
risorsa, abbandonandosi all’Amore di Dio, così continua Gristina: «La
coscienza
della fragilità umana che è in tutti noi ci induca a fare di Dio il
nostro
sostegno e la causa della nostra vittoria sui mali che ci circondano e
che
spesso sono anche dentro di noi».
L’ambito del “lavoro” coniugato con la “festa” è particolarmente
delicato e diventa preghiera comunitaria, preparata da un gruppo di
movimenti e
associazioni catanesi, per «ritrovare il senso della vita fatta di
impegno e di
fatica ma anche di partecipazione, di solidarietà e di collaborazione
in favore
di chi è in cerca di lavoro, di salute, di serenità e di pace». Il
percorso
sulla “tradizione” tocca l’essenzialità della festa della Patrona,
perché
sempre più si celebri la fede in Cristo con speranza, intraprendenza,
cultura, coraggio, ricercando
la bellezza spirituale, artistica, sociale e pastorale. «Se i nostri
padri
lungo i secoli ci hanno lasciato in eredità il saluto “cittadini, viva
Sant’Agata”,
- conclude l’Arcivescovo - certamente è perché nella martire catanese
hanno
saputo vedere una santa non solo ricca di spiritualità, ma anche
ricolma di
virtù umane, e pertanto modello di ogni cristiano che vuole battersi
per i
valori e gli ideali legati alla verità, alla giustizia, alla pace, al
dovere,
alla condivisione, all’amore fraterno. Per questo dobbiamo sempre più
avvertire
la necessità di educarci e di educare alla cittadinanza responsabile».
Oggi,
memoria liturgica della martire, alle ore 10.15 in cattedrale il
Card. Paolo
Romeo, Arcivescovo di Palermo, e i
Vescovi di Sicilia celebreranno la messa pontificale, poi la festa continuerà per le
vie di
Catania.
Marco Pappalardo