L’
Italia è stata assolta dalla colpa di ledere i diritti umani per la
presenza di
un crocifisso su una parete, colpevole – per alcuni – di indottrinare
con la
sua presenza. Era necessaria l’assoluzione della Corte europea. Amen.
Se
togliamo il crocifisso dovremmo anche eliminare dal nostro calendario,
se non
le vacanze di Natale, almeno quelle di Pasqua, andare al lavoro anche
la
domenica, per non subire la violenza della risurrezione di quel
crocifisso che
ci obbliga a dormire fino a mezzogiorno, stare con la nostra famiglia e
mangiare un dolce, senza avere ragioni particolari per festeggiare...
I
crocifissi non ci sono sempre stati. Non già alle pareti delle scuole,
ma delle
chiese. Solo nel V secolo compaiono i primi. Non si può rappresentare
Dio in
croce: è scandaloso, sia per gli ebrei sia per i pagani, e quindi anche
per i
cristiani, che provenivano culturalmente da quelle file. Pochi sono i
crocifissi, qualcuno in più in età carolingia, finché Francesco ne fa
il
baluardo della sua preghiera, a partire da San Damiano. Così fiorisce
l’immagine del crocifisso nell’arte e nella devozione privata, e
conquista
anche le pareti degli edifici pubblici. Sono necessari?
Ogni
luogo ha i suoi arredi. In chiesa voglio trovare un crocifisso, in
classe una
lavagna. Non si tratta di mettere crocifissi dove non è necessario che
stiano,
né toglierli da dove sono sempre stati. Lo scriveva già la Ginzburg,
ebrea,
negli anni ’80: «Il crocifisso non genera discriminazione. Tace. È
l’immagine
della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l’idea
dell’uguaglianza
fra gli uomini fino ad allora assente. La rivoluzione cristiana ha
cambiato il
mondo. Dicono che da un crocifisso appeso al muro, in classe, possono
sentirsi
offesi gli scolari ebrei. Perché mai? Cristo non era forse un ebreo e
un
perseguitato, non è forse morto nel martirio, come è accaduto a milioni
di
ebrei nei lager? Il crocifisso è il segno del dolore umano. Non conosco
altri
segni che diano con tanta forza il senso del nostro destino. Prima di
Cristo
nessuno aveva mai detto che gli uomini sono uguali e fratelli tutti,
ricchi e
poveri, credenti e non credenti, ebrei e non ebrei e neri e bianchi, e
che nel
centro della nostra esistenza dobbiamo situare la solidarietà fra gli
uomini...
A me sembra un bene che i ragazzi, i bambini, lo sappiano fin dai
banchi della
scuola».
Va
oltre Potok ne
Il mio nome è Asher Lev,primo di
due romanzi meravigliosi, in
cui il protagonista è un ragazzo che ha talento per la pittura. La sua
vocazione di artista è minacciata dall’appartenenza a una famiglia di
ebrei
osservanti. Nel chassidismo infatti le immagini sono un inaccettabile
tentativo
di scimmiottare la creazione divina, così il padre del ragazzo ostacola
la
vocazione artistica del figlio come fosse un peccato. Asher persegue
ugualmente
il suo talento e intanto scopre il nascosto dramma della madre. Così
rappresenta nel suo dipinto più famoso la madre crocifissa e, ai suoi
piedi,
lui e suo padre. Viene allontanato dalla comunità, nonostante il suo
tentativo
di giustificarsi: «Per tutto il dolore che hai sofferto, mamma. Per il
Padrone
dell’Universo il cui mondo di sofferenza io non capisco. Io, un ebreo
osservante che lavora su una crocifissione perché nella tradizione
religiosa
non esiste alcun modello estetico al quale far risalire un quadro di
angoscia e
tormento estremi».
Diceva
Eliot che nessuna cultura può comparire e svilupparsi senza una
religione e la
cultura di un popolo è l’incarnazione della sua religione. Non sono i
crocifissi appesi alle pareti, ma viceversa. In quella croce c’è la
verticalità
che collega cielo e terra, la fame di altezza e profondità che
caratterizza
persino la struttura del corpo umano rispetto a quella degli animali, e
c’è
l’orizzontalità che abbraccia tuttoe tutti.Forse il crocifisso è
tornato osceno
come lo è stato nei primi secoli del cristianesimo. Forse lo toglieremo
e ci
colpirà ancor più la sua assenza, come mi ha detto un amico: «Chi
toglie il
crocifisso dai muri non può non fare i conticon il segno dei chiodi». Di Alessandro D’Avenia - Avvenire