Sono
stato al liceo Manzoni di Milano per incontrare i ragazzi. Quando
sono entrato c’era il busto dello scrittore, girato di tre quarti che
guardava
non verso l’atrio d’ingresso della scuola, ma verso il cortile dove i
ragazzi
stavano facendo educazione fisica. Sembrava che anche lui, stanco di
quella
fissità di pietra, fosse convinto come me che la scuola serva come
trampolino
per la realtà e non come luogo autoreferenziale. Vai a scuola per avere
ancora
più fame del mondo, diceva quel busto di tre quarti, malinconicamente
proteso
verso l’aria aperta, come ogni adolescente che si rispetti. Poi sono
stato
accolto dalle due professoresse che avevano organizzato l’incontro con
i
ragazzi. Eleganti e sorridenti. Mi hanno portato dal preside: elegante
e
sorridente anche lui. Mio conterraneo, ma della sponda orientale. Ci
siamo
subito trovati in sintonia, abbiamo parlato della nostra terra e ci
siamo
chiesti se i cannoli palermitani siano superiori a quelli catanesi
(qualora ce
ne fosse il dubbio… ma questo non gliel’ho detto…). Poi l’incontro:
ragazzi
svegli, occhi aperti, pieni di domande. Sono rimasti oltre l’orario di
fine
scuola. E poi il colpo di scena: c’è un aperitivo preparato da alcune
mamme dei
ragazzi nelle biblioteca della scuola, per chiunque voglia fermarsi.
Abbiamo
mangiato lì, e intanto genitori, ragazzi, professori chiacchieravano
tra loro e
con me. Era visibile il triangolo amoroso della scuola: la relazione
tra
docenti, studenti, genitori. L’unico triangolo amoroso nel quale se
tutti si
alleano per un bene comune sono felici, senza tradimenti, sotterfugi e
corna. La
scuola è questo. Non le mura (che in questo caso erano anche pulite),
ma le
persone. Persone che si sforzano di dare l’uno all’altro ciò di cui
l’altro ha
bisogno: dalla mamma che cucina il pranzo, ai ragazzi che restano oltre
l’orario scolastico, ai professori che si complicano la vita per
organizzare
tutto. Questa è la scuola che ho visto e che vedo spesso in giro per
l’Italia
dove mi invitano, da Trieste a Marsala: tecnici, professionali,
linguistici,
classici, scientifici… non importa. La scuola funziona se funziona il
triangolo
amoroso: gente che dona tempo e spazio agli altri, complicandosi la
vita. Quando
sono uscito il preside mi ha dato un biglietto, anzi un “pizzino”:
c’era
segnato l’indirizzo delle due pasticcerie milanesi che preparano i
cannoli
migliori. Passando da un’aula la professoressa che mi accompagnava si è
fermata
e mi ha detto di entrare e guardare la lavagna. Qualcuno prima di
uscire aveva
scritto: “Esci e credi nei tuoi sogni!” Ci sono scuole in cui i sogni
si
realizzano: non sono poche, pochi le raccontano. Di
Alessandro D’Avenia